Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24977 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 07/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 07/10/2019), n.24977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11032/2014 proposto da:

AEM TORINO DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati RUGGERO PONZONE, MARCO GUASCO;

IREN S.P.A., già IRIDE S.P.A., già AZIENDA ENERGETICA METROPOLITANA

TORINO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo

studio dell’Avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ATTILIO BONINI, FABIOLA ZAMBON;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. 05870001004,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A., già EQUITALIA NOMOS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1016/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/10/2013 R.G.N. 311/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MARRI per delega Avvocato GERARDO VESCI;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Si controverte della seguente questione: – Se le società per azioni a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente locale titolare del pubblico servizio – e di cui fanno parte anche soggetti privati, con quote azionarie di minoranza – siano esenti dall’obbligo del versamento dei contributi dovuti all’Inps, afferenti sia all’integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, sia all’indennità di mobilità.

Nella fattispecie il giudice del lavoro del Tribunale di Torino aveva accolto l’opposizione delle società AEM Torino Distribuzione s.p.a. e IREN s.p.a. alla cartella esattoriale con la quale l’Inps aveva loro ingiunto il pagamento della somma di Euro 180.734,71 per omissioni contributive riguardanti la C.I.G. ordinaria e straordinaria, nonchè la mobilità, mentre la Corte d’appello di Torino (sentenza del 29.10.2013) ha accolto parzialmente l’impugnazione dell’Inps dopo aver ritenuto che tale contribuzione non fosse dovuta solo per i dirigenti Inpdap, in quanto non ricompresi nella previsione della L. n. 223 del 1991, che riguardava gli operai, gli impiegati ed i quadri. Invece, per tutto il resto l’esonero in esame non poteva trovare applicazione in quanto la L. n. 142 del 1990, art. 23, non ricomprendeva le società a capitale misto (come le appellate) tra gli organismi aventi natura strumentale dell’ente locale per il perseguimento delle finalità pubbliche e non risultando che le predette società fossero disciplinate da norme diverse e derogatorie rispetto alla disciplina comune delle società per azioni.

Per la cassazione della sentenza ricorrono AEM Torino Distribuzione s.p.a e IREN s.p.a. con tre motivi.

Resiste l’Inps con controricorso, anche per la S.C.C.I., mentre rimane solo intimata la società Equitalia Nord s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, comma 1, L. n. 1115 del 1968, art. 2, L. n. 464 del 1972, art. 1, L. n. 164 del 1975, art. 1, L. n. 270 del 1988, art. 4, L. n. 142 del 1990, art. 22, T.U. D.Lgs n. 267 del 2000, art. 113, L. n. 448 del 2001, art. 35, D.Lgs. n. 158 del 1995, art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 28, D.Lgs. n. 333 del 2003, art. 2, L. n. 133 del 2008, art. 20, comma 2 e dell’art. 2359 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la motivazione contraddittoria, illogica ed insufficiente su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Assumono al riguardo le ricorrenti che la Corte d’appello di Torino è incorsa nelle predette violazioni nel momento in cui, nel non riconoscere ad AEM Torino Distribuzione s.p.a. la natura di “impresa industriale degli enti pubblici, anche se municipalizzata, e dello Stato”, ha finito per negare il diritto all’esenzione dalla contribuzione CIGO – CIGS.

2. Col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 16, commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, si deduce, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, l’insussistenza dell’imposizione contributiva anche per la mobilità.

3. Col terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, comma 1, L. n. 223 del 1991, art. 16, commi 1 e 2, R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 40, n. 2, L. n. 133 del 2008, art. 20, commi 2, 4, 5 e 6 e dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, contestandosi la negata decontribuzione per CIGO-CIGS-Mobilità, ad onta della presa d’atto, da parte della stessa Corte d’appello, della circostanza dell’esonero consentito dall’Inps attraverso specifici codici di esonero contributivo.

4. In pratica, attraverso i predetti motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, le ricorrenti (derivanti ex art. 2112 c.c., da AEM, Azienda energetica municipalizzata del Comune di Torino che si occupava delle attività di produzione, trasporto, distribuzione e vendita di energia elettrica e di calore, della gestione degli impianti semaforici e di illuminazione pubblica, della gestione degli impianti termici degli edifici comunali) lamentano che la Corte territoriale ha erroneamente riconosciuto il loro obbligo di versare la contribuzione per cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, oltre che per mobilità (periodo complessivo di riferimento luglio-novembre 2009), nonostante la loro natura di enti pubblici che avrebbero, invece, avuto diritto a beneficiare dell’esenzione per tale tipo di contribuzione previdenziale.

5. Tali motivi sono infondati.

Invero, le questioni sottoposte al vaglio di questa Corte sono state già affrontate e risolte, proprio con riferimento alla posizione delle odierne ricorrenti, seppur con riguardo ad un periodo diverso, con la sentenza n. 19179 del 19.8.2013, tra l’altro richiamata anche dalla Corte d’appello di Torino nell’impugnata sentenza. In sostanza, nel suddetto precedente, al quale si intende dare continuità, si è affermato che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha già preso in considerazione le obiezioni della difesa delle ricorrenti società, rilevando che nella specie non può identificarsi la società partecipata con “le imprese industriali degli enti pubblici” esonerate, trattandosi di società di natura essenzialmente privata nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato; dovendosi altresì escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata (al riguardo vengono richiamati i precedenti Cass. 24.06.09 n. 14847, 10.03.10 n. 5816 e 13.05.13n. 11417).

6. Tale preciso indirizzo giurisprudenziale di legittimità si è nel tempo consolidato, tanto che si è avuto modo di affermare (Cass. Sez. 6-L, ordinanza n. 11209 del 9.5.2018) che “Le società partecipate a capitale misto, in quanto erogatrici di servizi al pubblico in regime di concorrenza, non beneficiano del regime di esenzione dagli obblighi contributivi per cassa integrazione ordinaria, straordinaria e mobilità, già previsto per le imprese industriali degli enti pubblici dal D.L.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3, senza che possa invocarsi in senso contrario il disposto di cui al D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, laddove prescrive che i correlati obblighi contributivi riguardano anche “le imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica”, in quanto detta norma non ha introdotto disposizioni innovative rispetto al passato, ma ha valenza meramente ricognitiva dell’esistente e di sistemazione della materia”.

Nello stesso senso si è statuito (Cass. Sez. L., sentenza n. 8591 del 3.4.2017) che “In tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico” (conf. a Cass. Sez. L., sentenza n. 20818 dell’11.9.2013)

7. Ma ancor prima si è chiarito (Cass. Sez. 6-L., ordinanza n. 26016 del 29.12.2015) che “Le società partecipate a capitale misto non beneficiano dell’esonero dall’obbligo contributivo per la cassa integrazione straordinaria ed ordinaria di cui al D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3, abrogato ma “ratione temporis” vigente, che resta riservato alle imprese industriali degli enti pubblici a partecipazione totalitaria, senza che assuma rilievo la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 148 del 2015, che ha introdotto un sistema di ammortizzatori sociali nuovo, unitario ed autonomo rispetto a quello previgente, avendo il legislatore ridefinito i criteri di concessione ed utilizzo della cassa integrazione, con semplificazione delle procedure burocratiche ed introduzione di un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese che ricorrono all’integrazione salariale, a carico delle quali è previsto un contributo aggiuntivo, sicchè da essa non possono trarsi, neppure in via interpretativa, indicazioni sulla portata della normativa abrogata”.

8. Inoltre, con specifico riguardo alla necessità di tutelare le dinamiche della concorrenza, si è di recente affermato (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 25354 dell’11.10.2018) che “In materia di contributi previdenziali, la gestione di servizi pubblici mediante società partecipate, anche in quota maggioritaria, dagli enti pubblici locali non può beneficiare dell’esonero del versamento dei contributi per cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, disoccupazione e mobilità, in quanto la finalità perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico. Ne consegue che la finalizzazione della società per azioni, partecipata da ente pubblico locale, alla gestione di un servizio pubblico mediante affidamento cd. “in house” (ossia ad un soggetto che, giuridicamente distinto dall’ente pubblico conferente, sia legato allo stesso da una relazione organica) rileva ai fini della tutela del mercato e della concorrenza ma non ha alcun effetto ai fini dell’esonero del versamento dei contributi previdenziali per il finanziamento della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, la disoccupazione e la mobilità”.

9. In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza delle ricorrenti, le quali vanno, altresì, condannate al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese nella misura di Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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