Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24976 del 29/11/2011
Cassazione civile sez. I, 25/11/2011, (ud. 28/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24976
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10422/2010 proposto da:
P.P. (c.f. (OMISSIS)), T.M.D. (c.f.
(OMISSIS)), T.B. (c.f. (OMISSIS)),
nella qualità di eredi di T.N., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA BAIAMONTI 4, presso l’avvocato LIPPI ANDREA,
rappresentati e difesi dall’avvocato PETTINAU Andrea, giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositato il
19/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 1.04.2009, P.P., M.D. e T.B., eredi di T.N., adivano la Corte di appello di Cagliari chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.
Con decreto del 6.11.2009 – 19.02.2010, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, rigettava la domanda per inesistenza del dedotto danno morale, condannando le istanti al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.188,00.
La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:
che le ricorrenti avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di emolumenti retributivi, dal loro dante causa introdotto dinanzi al TAR Sardegna, con ricorso depositato il 17.09.1998, da loro riassunto il 19.09.2008 e definito con sentenza del 25.02- 3.03.2009, non ancora passata in giudicato, dichiarativa dell’improcedibilità del ricorso per mancanza d’interesse, dalle stesse evidenziato nella memoria del 20.02.2009;
che il 9.10.2008 le istanti avevano presentato l’istanza di prelievo di cui al R.D. n. 642 del 2007, art. 51, istanza cui il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, conv. in L. n. 133 del 2008 condizionava la procedibilità della domanda di equa riparazione;
che pur essendo quindi la domanda d’indennizzo procedibile, tuttavia il fatto che solo a distanza di dieci anni dall’avvio del processo amministrativo fosse stata adottata un’iniziativa sollecitatoria della relativa definizione, palesava una mancanza di diligenza nella condotta processuale e l’assenza di un reale interesse, come poi dichiarato appena 4 mesi dopo il deposito dell’istanza di prelievo, nella memoria del 20.02.2009, che aveva portato alla pronuncia definitiva d’improcedibilità;
che proprio la mancanza d’interesse ad una pronuncia sulla domanda determinavano in concreto l’insussistenza di un danno non patrimoniale:
che nessuna ansia produttiva di sofferenza morale per l’attesa era in concreto configurabile, anche in ragione della brevità del periodo trascorso dall’istanza di prelievo;
che andava pertanto esclusa la sussistenza di quelle conseguenze normali dell’abnorme durata del processo, di regola riconoscibili sulla base di presunzioni.
Contro questo decreto la P. e le T. hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi e notificato il 10.04.2010 al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha resistito con controricorso notificato il 20.05.2010.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le ricorrenti denunziano:
1. “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., capo 5 per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”;
2. ” Violazione ed errata applicazione di legge in relazione al capo 5 dell’art. 360 c.p.c.”.
Con i due motivi di gravame, che essendo strettamente connessi consentono esame unitario, le ricorrenti si dolgono che i giudici di merito abbiano escluso la sussistenza del loro diritto fifa all’equa riparazione del subito danno non patrimoniale.
Occorre premettere che in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’erede è legittimato ture hereditatis a proporre la domanda di equa riparazione per reclamare pro quota e con riferimento al tempo trascorso sino al decesso del dante causa, quanto, a titolo di danno non patrimoniale, sarebbe spettato al de cuius, parte nel processo presupposto del quale si lamenta la non ragionevole durata (cfr., tra le altre, Cass. n. 23939 del 2006) ed ha diritto, invece, al riconoscimento dell’indennizzo ture proprio per il superamento della predetta durata verificatosi con decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in giudizio, ha assunto a sua volta la qualità di parte (cfr., da ultimo, cass. n. 13803 del 2011).
Alla luce di questi principi il ricorso appare inammissibile per difetto di autosufficienza con riguardo al periodo di durata del processo presupposto intercorso sino alla morte del dante causa, della quale non viene indicata la data, ed infondato, invece, con riguardo al successivo, breve periodo intercorso tra il 19.09.2008 ed il 3.03.2009, data rispettivamente di riassunzione del medesimo processo ad opera degli istanti e di deposito della sentenza definitiva, dichiarativa dell’improcedibilità del ricorso per mancanza d’interesse, pronuncia resa a seguito di istanza di prelievo del 9.10.2008 ed in aderenza al contenuto della memoria del 20.02.2009.
Giusti motivi, essenzialmente desunti dalle peculiarità del caso, giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011