Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24975 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. III, 09/11/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28418/2018 proposto da:

GROUP G. SERVICE SAS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI N. 103, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO PALMA, rappresentato e difeso dagli avvocati ERNESTO DE

MARIA, CRISTINA MIELE;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), PROCURA REPUBBLICA PRESSO

TRIBUNALE NAPOLI, MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), AGENZIA

DELLE ENTRATE NAPOLI;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NAPOLI, rif. RG 34137/17

depositata il 16/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 25/9/2018, la “Group G. Service di A.A. & Co. s.a.s.” propone ricorso dinanzi a questa Corte avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli – RG. 34137/2017, notificata il 27/8/2018, affidandolo a tre motivi. I soggetti intimati, Ministero della Giustizia, Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Napoli, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate – sede di (OMISSIS), non hanno presentato difese.

2. La ricorrente impugna l’ordinanza con cui il Tribunale di Napoli ha confermato il decreto di liquidazione dei compensi al custode giudiziario emesso dal PM presso il Tribunale. Per quanto qui d’interesse, la Procura della Repubblica aveva calcolato il compenso spettante alla società per la custodia di 26 fusti di prodotto petrolifero per il periodo dal 19/1/2016 all’1/6/2017, sequestrati dall’autorità giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale, pari a Euro 3.000,00 in via equitativa, non ritenendo corretto il criterio invocato dalla ricorrente, riposto su una perizia giurata con indicazione di una somma irragionevolmente sproporzionata rispetto al valore del bene custodito e all’attività in concreto svolta.

3. La società chiedeva la revisione del compenso al Tribunale di Napoli in quanto erroneamente effettuata alla luce del D.P.R. n. 115 del 2002 che, ex art. 276, consentiva il riferimento alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità, essendo normativa oramai superata. Il Tribunale pur ritenendo superato tale criterio, per effetto del D.M. 2 settembre 2006, riteneva l’opposizione infondata, sull’assunto che l’art. 5 del citato D.M., facesse riferimento agli usi locali, e non alle tariffe prefettizie, tuttavia non prodotti dalla parte interessata. Trattandosi di usi locali, il giudice di merito rilevava non potesse invocarsi il principio “iura novit curia” e, dunque, in mancanza di tale prova, il PM aveva correttamente applicato il criterio equitativo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè dell’art. 24 Cost. e del principio iura novit curia, in quanto l’ordinanza gravata “non decide il merito della domanda, limitandosi a negare l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, ed omette di ricostruire la fattispecie alla luce della normativa di diritto applicabile”.

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 134 c.p.c., nonchè della disciplina del D.P.R. n. 115 del 2002 e del D.M. n. 265 del 2006, poichè l’ordinanza non rende noto l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per la definizione del quantum debeatur, e la motivazione si dimostra apparente, sganciata da ogni parametro normativo.

3. Con il terzo ed ultimo motivo si censura la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, comma 2, art. 3 Cost. e dell’art. 12 preleggi, comma 2, per avere il Tribunale omesso di definire i parametri oggettivi posti alla base della determinazione del compenso, ignorando i parametri indicati dalle norme citate in via diretta o per analogia.

4. Preliminarmente deve rilevarsi che, sebbene la ricorrente non indichi alcuno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, dall’articolazione del ricorso è possibile individuare i vizi denunciati, talchè il gravame deve ritenersi ammissibile, potendo questa Corte autonomamente riqualificare le doglianze nelle fattispecie “canoniche” tassativamente elencate dalla disposizione in parola (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25557 del 27/10/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/2/2014; v. anche Cass., Sez. U., Sentenza n. 17931 del 24/7/2013), nel caso concreto sussumendole sub specie nn. 3 e 5, art. 360 c.p.c., comma 1, rispettivamente, in punto di violazione e falsa applicazione di norme (in particolare, del D.M. n. 265 del 2006, art. 5 e art. 2233 c.c.), e in punto di vizi motivazionali della sentenza nei limiti delle ipotesi censurabili di motivazione apparente e contraddittoria.

5. Nel merito, si osserva che il giudice assume in sostanza che, nel caso in esame, in considerazione della natura del bene oggetto di custodia (fusti di prodotto petrolifero), non contemplati dalla tariffa ministeriale, il compenso avrebbe dovuto essere liquidato sulla base degli usi locali. Senonchè, come si legge nell’ordinanza gravata, il giudice ha ritenuto che la parte deducente non abbia dimostrato, come era suo onere, la presenza di usi locali relativi ai compensi per i beni oggetto della custodia di cui si discute, ritenendo che la quantificazione operata dal PM corrisponda a una valutazione equitativa congrua, in mancanza di altri parametri con cui valutarla.

5.1. Ritiene invece il ricorrente che il giudice non abbia pronunciato sulla base delle allegazioni fatte e di quanto richiesto e che, comunque, – in mancanza di usi locali – avrebbe dovuto effettuare una liquidazione ai sensi dell’art. 2233 c.c., comma 2 e, quindi, valutare il compenso in base all’importanza dell’opera svolta e previa acquisizione del parere dell’associazione professionale del custode, ovvero ricorrere all’analogia applicando le tariffe prefettizie relative a materie analoghe, come si evincerebbe dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, comma 2. In questo modo, la motivazione resa si dimostrerebbe lacunosa rispetto a quanto dedotto, apparente rispetto alla normativa di settore da applicarsi, e in violazione della giurisprudenza di questa Corte, là dove ha ritenuto la possibilità di ricorrere alla disciplina dettata per casi analoghi, qualora il compendio non rientri in nessuna delle categorie menzionate nel D.L. n. 265 del 2006 (Cass., sez. 2, 25651/2015).

6. I motivi sono inammissibili o infondati per le seguenti ragioni.

6.1. Va premesso che il giudice di merito, ha rilevato l’inapplicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 276, disposizione di natura transitoria, cui ha fatto erroneamente riferimento il PM, dovendosi applicare il D.M. n. 265 del 2006, che, tuttavia, contiene una regolamentazione delle tariffe solo per i veicoli a motore e natanti, cosicchè doveva aversi riguardo all’art. 5 del medesimo decreto, per cui “Per la determinazione dell’indennità di custodia e conservazione relativa ad altre categorie di beni si fa riferimento, in via residuale, agli usi locali, come previsto dall’art. 58, comma 2, del testo unico citato” (D.P.R. n. 115 del 2002).

6.2. In particolare, l’ordinanza in discussione, sebbene abbia rilevato la necessità di parametrare la liquidazione del compenso spettante al custode secondo gli “usi locali” D.M. n. 265 del 2006, ex art. 5, ha ritenuto corretta la valutazione equitativa operata dalla Procura in mancanza di ogni altro criterio utile, sull’assunto che sarebbe stato onere della parte dimostrare gli usi locali da applicarsi. In particolare ha ritenuto non sufficiente l’assunto della ricorrente secondo cui le tariffe di cui al decreto prefettizio n. 6425572008, Area III, corrispondessero agli usi locali, non prodotti.

6.2.1. Quanto al primo motivo, di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la ricorrente, di contro, assume di avere puntualmente assolto l’onere probatorio allegando, oltre alla relazione tecnica giurata di parte, il testo integrale del D.M. n. 265 del 2006. Deduce di avere anche chiesto l’ammissione di una CTU.

6.2.2. a censura si rivela inammissibile in quanto non soddisfa il requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, perchè, per permettere a questa Corte di vagliare la correttezza o meno di quanto statuito dal giudice di merito, la ricorrente avrebbe dovuto riportare il contenuto della relazione tecnica giurata da cui potere desumere un riferimento agli usi locali, nonchè indicare il luogo processuale della relativa produzione. Tale lacuna, pertanto, non permette a questa Corte di valutare se la deduzione fosse in grado di mettere in discussione la motivazione resa dal giudice che ha in sostanza respinto la domanda sull’assunto che non fosse stato dimostrato l’uso locale (e dunque la tariffa) applicabile alla fattispecie, nè che fosse nei poteri del giudice acquisirne d’ufficio conoscenza.

6.3. Infondata si dimostra invece la seconda doglianza di apparenza della motivazione in relazione alla dedotta violazione del D.M. n. 265 del 2006, art. 5, ove la società ricorrente rileva che, in assenza di “usi locali”, il Tribunale avrebbe dovuto procedere a liquidare il compenso ex art. 2233 c.c., comma 2 e non ricorrere a un parametro equitativo, escluso dalla nuova normativa.

6.3.1. La censura, invero, non interpreta neanche correttamente la motivazione in questione.

6.3.2. Nel caso di specie non si pone una questione di eventuale applicazione residuale dell’art. 2233 c.c., o di una disciplina dettata per casi analoghi poichè, il giudice ha correttamente ritenuto che, in mancanza di prova circa della sussistenza di usi locali riguardo a quei beni, è venuto meno ogni parametro di riferimento, e quindi poteva ricorrersi alla equità, non potendo riferirsi ai criteri offerti dalla parte ricorrente che ha mancato di assolvere al suo onere probatorio ed è ricorsa a parametri di valutazione non più validi.

6.3.3. Il giudice, difatti, ha respinto l’opposizione del ricorrente, confermando il provvedimento in quanto corrispondente a un criterio equitativo, in mancanza di altri parametri con cui confrontarsi.

6.3.4. La motivazione, dunque, ha un tenore diverso da quello oggetto di censura, centra l’argomento in discussione, e per tale ragione non assume il connotato di una motivazione apparente.

6.4. Quanto al terzo motivo, il motivo è inammissibile per le stesse ragioni di aspecificità di cui al primo motivo.

6.5. Oltretutto la giurisprudenza (v., in particolare, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20583 del 30/8/2017) ha precisato che, a tale proposito, “la non applicabilità dell’analogia, in siffatti casi, deriva dalla natura di legge speciale che le disposizioni rivestono, rispetto a quella di lex generalis della norma codicistica, con la conseguenza che, in difetto di una condizione di applicabilità in concreto della prima (costituita dall’esistenza o delle specifiche tariffe prefettizie o degli usi locali), riprende vigore la seconda”.

6.6. Pertanto il richiamo alle tariffe prefettizie adottate in materie analoghe, in un settore in cui è richiesta l’applicazione di usi locali (questi ultimi eventualmente applicabili per analogia rispetto ad altre categorie di beni, secondo l’indirizzo segnato da Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 1205 del 21/01/2020), non potrebbe essere utile per ovviare alla mancata prova delle tariffe applicabili con riguardo alle merci oggetto di custodia.

7. Per tali ragioni, in definitiva, il ricorso va rigettato quanto al secondo motivo, con dichiarazione di inammissibilità degli ulteriori motivi.

PQM

La Corte rigetta il ricorso quanto al secondo motivo; dichiara inammissibili gli ulteriori motivi.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA