Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24975 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 24975 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 29028-2007 proposto da:
PIRICELLI

MICHE

(c.f.

PRCMHL39A26E329D),

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllALE CLODIO
61, presso l’avvocato CRETA ALDO, che lo

Data pubblicazione: 06/11/2013

rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –

2013
contro

1364

DIANA S.R.L.

(C.F. 05237150635), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente

1

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI AMMIRAGLI

119,

presso CARPENTIERI ANTONIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato NATALE GAETANO, giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrente
2600/2007

della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del

24/09/2013

dal Consigliere

Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

2

Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 23.4.2005, Piricelli Domenico, socio
della Diana S.r.l., per 11 5% del capitale sociale, impugnò due

precisamente: a) quella del 23.3.2005, con la quale era stato
approvato il bilancio al 31.12.04 (predisposto, a compimento
del suo mandato, dall’amministratore giudiziario nominato dal
Tribunale di Napoli); b) quella del 15.4.2005 con la quale era
stato nominato (all’esito dell’amministrazione giudiziaria) il
nuovo organo amministrativo della società, con opzione per la
forma dell’amministratore unico con carica a tempo
indeterminato, nella persona del socio rag. Pietro Di Meglio.
Riguardo alla prima delibera dedusse che essa non offriva una
rappresentazione veritiera e chiara della situazione patrimoniale
in relazione all’imputazione tra le poste del patrimonio netto di
soli € 7.199,00 rimasti dall’originario finanziamento dei soci
per £ 1.915.000.000; che a partire dal bilancio al 31.12.2000 era
stato erroneamente appostato all’attivo della situazione
patrimoniale, in modo da coprire illegittimamente le perdite con
somme da restituire ai soci e quindi da imputare al passivo, tra i
debiti verso i soci, tanto che i bilanci approvati da quel
momento in poi, al pari di quelli relativi agli esercizi dal 1995
in poi erano stati già impugnati e le relative impugnazioni
pendevano innanzi al Tribunale di Napoli; il bilancio, inoltre,

deliberazioni adottate dall’assemblea ordinaria della società e

avrebbe dovuto esporre anche le perdite della società
controllata Abbadia Ardenghesca S.a.s., il che avrebbe
completamente eroso il capitale sociale; la deliberazione, infine,
era stata adottata con il voto determinante dei soci Arcangelo e
Milena Pilato, che erano in conflitto d’interessi con la società,

Riguardo alla seconda delibera dedusse che: a) la nomina
dell’amministratore era invalida poiché la società a partire dal
1995 era in stato di scioglimento, a causa della perdita del
capitale sociale occultata con l’imputazione all’attivo del
finanziamento soci sopra ricordato e della mancata
appostazione in bilancio delle perdite della società controllata,
sicché sarebbe stato necessario nominare un liquidatore; b) essa
era, in ogni caso, in contrasto con la pendenza
dell’amministrazione giudiziaria ancora in corso; c) la
deliberazione era stata adottata con una maggioranza inferiore a
quella prescritta dall’art. 2479/bis, c. 3°, c.c. (almeno metà del
capitale sociale), necessaria perché, disponendo il passaggio
dall’amministrazione giudiziaria a quella ordinaria, implicava
una rilevante modificazione dei diritti dci soci; d) infine essa
era annullabile, perché assunta con il voto determinante dei soci
Arcangelo e Milena Pilato, che erano in conflitto d’interessi con
la società, per conto del loro genitore Vittorio Pilato, il quale
era socio accomandatario della Abbadia Ardenghesca S.a.s., di
cui la Diana S.r.l. era socia accomandante con una
partecipazione pari all’intero capitale (essendo il Pilato socio
d’opera), che costituiva il suo unico cespite patrimoniale, con la

per conto del loro genitore Vittorio Pilato.

conseguenza che compito essenziale, se non esclusivo, del suo
amministratore era quello di esercitare i poteri di vigilanza e
controllo che spettano al socio accomandante sull’operato
dell’accomandatario; l’assemblea, in tale contesto, con il voto
determinante dei figli di Vittorio Pilato, aveva nominato
amministratore il rag. Di Meglio che era da sempre legato da

rapporti professionali al Pilato e quindi non avrebbe esercitato
con la dovuta correttezza il controllo sulla sua opera di
accomandatario della Abbadia Ardenghesca S.a.s..
La società convenuta si costituì contraddicendo tutte le
avverse argomentazioni e chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Napoli ,con sentenza n. 1163/2006, dispose
la separazione della causa riguardante l’impugnazione della
delibera di approvazione del bilancio al 31.12.04 (da
sospendere in attesa della definizione dei giudizi relativi
all’impugnazione dei precedenti bilanci dal 1995 in poi) e
respinse l’impugnazione della delibera di nomina del nuovo
amministratore.
Riguardo a quest’ultima, osservò, in sintesi, che: a) non vi
era incompatibilità con la pendenza del procedimento di
amministrazione giudiziaria; b) per la nomina del nuovo
amministratore non era ‘richiesta la maggioranza di cui all’art.
2479/bis, c. 30 in riferimento all’art. 2479, n. 5, c.c, c) alla
stregua della disciplina di cui ai novellati artt. 2484 e segg. c.c.,
l’adozione dci provvedimenti occorrenti per la liquidazione di
una società postulava che Io scioglimento fosse stato iscritto nel
registro delle imprese ed in mancanza era necessario che i soci

(

si fossero rivolti al Tribunale per l’accertamento del verificarsi
della causa di scioglimento e solo dopo che il provvedimento
fosse stato iscritto era possibile procedere alla nomina dci
liquidatori, sicché, non essendo stato accertato ed iscritto lo
stato di scioglimento della società, non sussistevano le

deliberazione non era annullabile per conflitto d’interessi
(benché fosse ravvisabile una rilevante comunanza di interessi
tra Arcangelo e Milena Pilato ed il padre, sul cui operato di
socio accomandatario della Abbadia Ardenghesca S.a.s.
l’amministratore doveva vigilare) poiché nel caso in esame non
emergevano indizi sufficienti a far ritenere che la decisione
impugnata perseguisse lo scopo pratico di anteporre l’interesse
individuale del Pilato a quello della società; e) inoltre la
particolare posizione del Pilato @ non poteva determinare una
sorta di sterilizzazione del diritto di voto di tali soci riguardo
alla nomina dell’amministratore; f) difettava infine anche il
pericolo di danno per la società, poiché questa aveva a
disposizione gli strumenti per ovviare ai rischi paventati
dall’attore potendo intervenire direttamente l’assemblea, ai
sensi del novellato art. 2479 c.c., per deliberare l’impugnazione
dei rendiconti del socio accomandatario della S.a.s. partecipata
e per valutare se agire per la sua revoca.
Contro tale sentenza il Piricelli proponeva appello con atto
notificato 1’11.4.2006, con il quale chiedeva la sospensione del
giudizio e, nel merito, l’accoglimento della domanda respinta in
primo grado.

condizioni perché l’assemblea nominasse un liquidatore; d) la

La società appellata si costituiva, chiedendo il rigetto del
gravame.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2600/07
rigettava l’appello.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione il Piricelli

con memoria, la Diana srl

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente si duole che la
Corte d’appello abbia disatteso il primo motivo di appello ,
avente ad oggetto la necessità di sospendere il presente giudizio
in attesa della definizione di quelli relativi all’annullamento dci
bilanci della Diana dal 1995 al 2002, il cui esito avrebbe potuto
determinare una causa di scioglimento della Diana medesima
per totale erosione del capitale sociale. Contesta a tale
proposito, in particolare, la sentenza impugnata laddove ha
ritenuto che l’art. 218 disp. att. c.c. nella formulazione
novellata dal d.lvo 6.2.2004 n. 37, con la eliminazione della
parola “poste” debba interpretarsi nel senso della applicazione
della precedente normativa riguardo agli effetti delle cause di
scioglimento quando comunque determinatesi di fatto prima del
1.1.2004.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che la sospensione
del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le

sulla base di due motivi cui resiste con controricorso, illustrato

due cause di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche
attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora
pendente, non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragion
d’essere, e traducendosi anzi in un inutile intralcio all’esercizio
della giurisdizione. Ne , consegue che, ove una sentenza venga

sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, incombe al
ricorrente l’onere di dimostrare che quest’altra causa è tuttora
pendente, e che presumibilmente lo sarà anche nel momento in
cui il ricorso verrà accolto, dovendosi ritenere, in difetto, che
manchi la prova dell’interesse concreto ed attuale che deve
sorreggere il ricorso, non potendo né la Corte di cassazione, né
un eventuale giudice di rinvio disporre la sospensione del
giudizio, in attesa della definizione di un’altra causa che non
risulti più effettivamente in corso. ( Cass 18026/12;Cass
16992/07).
Nel caso di specie nessuna prova è stata fornita sulla attuale
pendenza del giudizio tra le parti volto a determinare la
correttezza dei bilanci e l’eventuale perdita del capitale sociale
fin dal 1995 onde il motivo va dichiarato inammissibile.
Si aggiunge ,ancorchè superfluamente che il motivo sarebbe
comunque infondato.
La costante giurisprudenza di questa Corte ha infatti affermato
che l’annullabilità di una delibera di aumento del capitale
sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione
dell’esecuzione ai sensi dell’art. 2378, terzo comma, cod. civ., (
circostanza nella specie non dedotta ) non incide sulla validità

6

censurata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito

delle successive deliberazioni adottate , poiché l’omessa
adozione del provvedimento di sospensione dell’esecuzione
rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione,
resistendo, peraltro, tale legittimità anche al sopravvenire del
suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio

soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con
le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle
società commerciali. ( Cass 4946/13) Da ciò discende che il
giudizio di impugnazione della deliberazione ( nel caso di
specie di approvazione di bilanci) non si trova in un rapporto di
pregiudizialità tale da impedire al giudice di altra causa da essa
dipendente di decidere la,controversia. (Cass 10054/03).
Con il secondo motivo , per come rappresentato nel quesito, il
ricorrente censura la sentenza impugnata, sotto il profilo della
violazione di legge e della omessa o insufficiente motivazione,
per non avere la Corte distrettuale considerato che la posizione
del Pilato si poneva in piena incompatibilità con le funzioni
esercitate poiché, questi quale socio accomandatario della
Ardenghesca sas ,avrebbe amministrato di fatto l’intero
patrimonio della Diana srl socia accomandante della predetta
Ardenghesca. A tale proposito il quesito poneva la seguente
questione:” se la partecipazione totalitaria di una società di
capitali in qualità di , accomandante in una società in
accomandita semplice comporti o meno la violazione delle
regole, relativamente all’amministrazione ed alla redazione dei
bilanci, previste per le società di capitali e per tale motivo
IL

retroattiva, è pur sempre regolata dalla legge ed operante nei

debba considerarsi nulla

per violazione delle norme

imperative preposte al rispetto di tali regole”.
Il motivo è inammissibile.
La Corte è tenuta ad esaminare il motivo per come lo stesso
risulta sintetizzato nel motivo e ,sotto tale aspetto, non può non

totalitaria di una società di capitali in una società in
accomandita semplice sotto il profilo della violazione degli artt.
1343,1344 e 1418 c.c non si rinviene cenno nella sentenza
impugnata.
Quest’ultima si è infatti occupata esclusivamente della
questione proposta con l’atto di appello dell’annullabilità della
delibera impugnata perché adottata con la partecipazione
determinante di soci in conflitto d’interessi con la società e per
questa dannosa
Era pertanto onere del ricorrente riportare nel ricorso i brani
dell’atto di appello ove aveva prospettato le predetta questione
della nullità della partecipazione per consentire a questa Corte
di valutare una eventuale carenza motivazionale. Nulla di tutto
ciò si rinviene nel ricorso onde il motivo in quanto nuovo non
può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento
delle spese processuali liquidate come da dispositivo
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 5000,00

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rilevarsi che della questione della nullità della partecipazione

oltre euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Roma 24.9.13

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