Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24974 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. III, 09/11/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11274/2018 proposto da:

C.G., CA.FU., C.D.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio

dell’avvocato CARLO BORROMEO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PASTEUR 5

(TEL. 0654210625), presso lo studio dell’avvocato ALBERTO ALVAZZI

DEL FRATE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6542/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato l’11/4/2018, i sig.ri Ca.Fu., C.D. e C.G. propongono gravame dinanzi a questa Corte, affidandolo a tre motivi, avverso la sentenza n. 6542/2017 della Corte d’Appello di Roma depositata in data 12/10/2017. Con controricorso notificato il 27/4/2018, resiste la sig.ra T.L.. Parte ricorrente e parte resistente depositavano memorie.

2. Per quanto qui d’interesse, la sig.ra T. chiedeva al Tribunale di Roma di dichiarare inefficaci nei suoi confronti ex art. 2901 c.c., tre trasferimenti immobiliari intercorsi tra gli attuali ricorrenti, chiedendo l’iscrizione della causa nel ruolo presso la Sede Centrale del Tribunale di Roma, indicata nell’epigrafe dell’atto introduttivo, sebbene nella vocatio in ius fosse indicata la Sezione Distaccata di Ostia. Presso quest’ultima sede, avviata con il medesimo atto di citazione della sig.ra T., la causa proseguiva in contumacia dell’attrice ad istanza dei convenuti che avevano provveduto alla relativa iscrizione della causa a ruolo sino alla pronuncia della sentenza n. 315/2013, con cui veniva rigettata la domanda attorea per mancata prova dei presupposti dell’azione revocatoria.

3. L’attrice T., invece, che si era costituita presso la Sede Centrale del Tribunale di Roma, su ordine del giudice adito aveva provveduto a rinnovare l’atto di citazione con indicazione del Tribunale di Roma come foro adito. L’atto di citazione in rinnovazione veniva ritualmente notificato in data 12-17-25/9/2012 ai convenuti. In tale giudizio il sig. c.g. si era costituito all’udienza del 23/7/2015 per eccepire la definizione del giudizio tra le parti con la sentenza n. 315/2013 resa in contumacia dell’attrice dal Tribunale di Roma Sezione Distaccata di Ostia.

4. Il Tribunale di Roma dichiarava la nullità della pronuncia della Sezione Distaccata di Roma (Ostia) sull’assunto che l’unica iscrizione a ruolo valida fosse quella operata per prima ad iniziativa di parte attrice, risultando inefficace la seconda operata dai convenuti; nel merito, accoglieva la domanda e, per l’effetto, dichiarava inefficaci gli atti di compravendita indicati nei confronti della sig.ra T..

5. Avverso la sentenza del Tribunale di Roma Sede Centrale proponevano appello i convenuti ricorrenti, mentre l’attrice T. appellava la sentenza n. 315/2013 della Sezione Distaccata di Ostia. La Corte d’Appello di Roma disponeva la riunione degli appelli e, con la sentenza oggi gravata, confermava le ragioni addotte dal giudice di prime cure in punto di invalidità del procedimento svoltosi dinanzi alla sezione distaccata di Roma (Ostia) in contumacia dell’attrice e, di conseguenza, dichiarava la nullità della sentenza emessa in quella sede; quanto al merito, confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Roma in relazione alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 24,25 e 111 Cost., nonchè degli artt. 156,157,159,163,164,165,166,168 c.p.c. e art. 83 disp. att.. I ricorrenti assumono errata la sentenza per aver dichiarato la nullità della pronuncia n. 315/2013 emessa dalla Sezione Distaccata del Tribunale, sul presupposto del vizio dell’iscrizione a ruolo di detto giudizio. Invocano la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21557 del 13/10/2014), in ragione della quale l’art. 163 c.p.c., andrebbe interpretato alla luce dei principi costituzionali, in particolare, del principio del diritto di difesa; dunque, ove la vocatio in ius sia indicata presso la Sezione Distaccata, come nel caso concreto, la causa andava iscritta a ruolo presso la Sede Distaccata. Adducono, inoltre, che l’ufficio giudiziario competente – il giudice naturale precostituito per legge – era unicamente ed esclusivamente il Tribunale di Roma Sezione Distaccata di Ostia. In ragione di ciò, il procedimento svoltosi dinanzi alla Sede Centrale dovrebbe ritenersi invalido e nulla la sentenza, così come invalido dovrebbe ritenersi l’ordine di rinnovazione dell’atto di citazione disposto dal Tribunale di Roma, poichè il giudice avrebbe dovuto trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale ex art. 83-ter disp. att. c.p.c., affinchè fosse rilevata la competenza della Sezione Distaccata di Ostia.

1.1. Il motivo è infondato, giusta il principio di diritto applicabile alla fattispecie concreta, correttamente individuato sia dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, che dal giudice di prime cure.

1.2. Nel caso in esame il giudice dell’appello ha ritenuto che l’iscrizione a ruolo da considerare fosse quella effettuata per prima ad iniziativa dell’attrice in data 7/12/2011 dinanzi al Tribunale di Roma, mentre la successiva iscrizione ad opera dei convenuti in data 2/3/2012 dinanzi alla Sede Distaccata di Ostia non dovesse considerarsi a tal fine e, di conseguenza, fossero prive di ogni effetto anche le correlate attività processuali sino alla sentenza emanata.

1.3. La scelta operata dal giudice del merito è conforme al diritto. A tenore dell’art. 168 c.p.c. e art. 72 disp. att., l’iscrizione della causa a ruolo può avvenire su iniziativa del convenuto, all’atto di costituzione, solo ove l’attore non si sia costituito, talchè l’iscrizione non può essere effettuata su richiesta della parte convenuta qualora l’attore si sia già costituito ed abbia presentato la nota di iscrizione a ruolo, determinando la formazione del fascicolo di ufficio, al quale va unito il fascicolo del convenuto che si costituisce successivamente. Ne consegue che, in caso di duplice iscrizione della causa a ruolo, ove le due udienze di prima comparizione ed il giudice istruttore non vengano a coincidere, e i due processi non vengano riuniti, l’unica iscrizione che dà luogo a un processo regolare è quella effettuata per prima, in quanto solo rispetto a questa il meccanismo processuale consente una valida instaurazione del contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa. Pertanto, qualora non venga disposta la riunione dei due procedimenti e il procedimento iscritto per secondo prosegua fino alla sentenza in assenza dell’attore, erroneamente considerato non costituito, sono nulle l’attività processuale compiuta e la sentenza emanata (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15123 del 4/7/2007; Sez. 1, Sentenza n. 12161 del 24/5/2007; Sez. 1, Sentenza n. 21349 del 9/11/2004; Sez. 3, Sentenza n. 19775 del 23/12/2003).

Il principio di diritto sopra rilevato non è intaccato da alcuno dei rilievi svolti dagli attuali ricorrenti che qui si sottopongono al vaglio.

1.4. Anzitutto, è inconferente il richiamo alla pronuncia di questa Corte del 13/10/2014 n. 21557 poichè relativa a fattispecie diametralmente opposta a quella in esame, ove l’attore indicava nell’atto di citazione la Sede Centrale, mentre iscriveva a ruolo la causa presso la Sede Distaccata; per converso, nel caso concreto, l’iscrizione a ruolo è avvenuta nella Sede Centrale, cui si riferiva l’epigrafe dell’atto introduttivo del giudizio, mentre la vocatio in ius indicava la Sede Distaccata. Soprattutto, nel precedente invocato vi era stata una sola iscrizione ad iniziativa di parte attrice presso la Sede Distaccata, diversa da quella indicata nella intestazione; di contro, nel caso in esame si verte in una fattispecie di doppia iscrizione a ruolo nella sede centrale e nella sede distaccata.

1.5. Neppure coglie nel segno il primo rilievo ove i ricorrenti adducono l’invalidità della sentenza poichè l’ufficio giudiziario competente (il giudice naturale precostituito per legge) sarebbe unicamente ed esclusivamente il Tribunale di Roma Sezione Distaccata di Ostia, ove si è celebrato il giudizio iscritto per secondo. La stessa pronuncia di legittimità invocata dai convenuti, n. 21557/2014, muove dal presupposto che la ripartizione delle cause tra sede centrale e sezioni distaccate costituisca una distribuzione degli affari tra articolazioni appartenenti ad un unico ufficio, prevista per ragioni meramente organizzative e di fruibilità del servizio giustizia, con la conseguenza che i rapporti tra sede principale e sezione distaccata non possono mai dare luogo a questioni di competenza territoriale.

1.6. Non si tratta, quindi, di una questione di competenza e, sul punto, non viene in questione il principio del giudice naturale precostituito per legge, ma l’interna distribuzione delle controversie tra giudici appartenenti al medesimo ufficio, come correttamente argomentato dal giudice di merito.

1.7. Allo stesso modo, neppure può assumersi corretta la dedotta invalidità dell’ordine di rinnovazione dell’atto di citazione disposto dal Tribunale di Roma poichè il giudice, per quanto sopra rilevato, non poteva declinare la propria competenza, ma avrebbe solo potuto trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale, ex art. 83-ter disp. att. c.p.c., nel caso avesse avuto cognizione del verificarsi di una violazione della disciplina sul riparto degli affari fra Sezione Distaccata di Ostia e Sezione Centrale di Roma. Sicchè la censura, mossa dai convenuti, di mancata trasmissione degli atti al presidente del Tribunale, si riverbera sul procedimento incardinato dai medesimi presso la sezione distaccata, posto che essi appaiono come gli unici soggetti a piena conoscenza della pendenza della eadem causa dinanzi alla Sede Centrale, avendo ricevuto la notificazione dell’atto di citazione in rinnovazione disposto dal Tribunale di Roma.

1.8. Cosicchè, se i convenuti avessero voluto ottenere una decisione in punto di corretta ripartizione degli affari interni, non avrebbero dovuto far altro che portare il giudice della Sezione Distaccata a conoscenza della contemporanea pendenza della causa dinanzi ad altro giudice dello stesso Ufficio, come osservato dal giudice di merito, in modo da provocare la trasmissione degli atti al presidente del Tribunale.

2. Con il secondo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione o falsa applicazione di norma di diritto in relazione all’art. 112 c.p.c., art. 2909 c.c. e artt. 324,329 c.p.c.. I ricorrenti adducono che la sentenza n. 315/2013 emessa dalla Sezione Distaccata è stata appellata dalla sig. T. solo sotto il profilo della successiva errata iscrizione a ruolo, ma non sotto il profilo della nullità dell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè sulla questione della validità dell’atto di citazione notificato da parte attrice e, di conseguenza, della vocatio in ius innanzi alla Sezione Distaccata, si è maturato il giudicato interno.

2.1. Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo mezzo di gravame. Alla statuizione in punto di nullità degli atti del procedimento R.G.N. 290/2012 sino alla sentenza n. 315/2013 del Tribunale di Roma Sezione Distaccata di Ostia, consegue l’impossibilità di formazione di res inter partes iudicata su qualsiasi questione ivi dedotta o deducibile tantomeno, dunque, sulla validità dell’atto di citazione, in considerazione dell’ulteriore circostanza che – all’esito della sua rinnovazione – il primo atto di citazione deve essere considerato tamquam non esset.

3. Con il terzo ed ultimo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., artt. 2901,2697,2727,2729 c.c. e artt. 115,116 c.p.c.; nonchè – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. I ricorrenti rilevano che il giudice di merito non ha fornito alcuna motivazione in ordine alla sussistenza della partecipatio fraudis del sig. Ca.Fu. e della sig.ra C.D. al momento della stipula degli atti con cui il sig. C.G. trasferiva loro la proprietà degli immobili oggetto di lite e, inoltre, che i fatti posti a fondamento della decisione non rivestono i requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per le presunzioni.

3.1. L’ultimo motivo è inammissibile, sia sub specie n. 3, che sub specie n. 5, art. 360 c.p.c., comma 1.

3.2. In relazione al primo profilo, difatti, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge il ricorso mira ad una rivalutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, attività di esclusiva spettanza del giudice di merito, in quanto tale sottratta al sindacato di questa Corte (Cfr., Cass., Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

3.3. In relazione al secondo profilo, il Giudice di legittimità ha più volte ribadito che “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal cit. D.L. n. 83, art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass., Sez. L -, Sentenza n. 20994 del 6/8/2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/3/2014). Nel caso concreto, tuttavia, tali indicazioni non si rinvengono, sebbene – sul presupposto della conformità degli esiti giudiziali tra primo e secondo grado – per evitare una pronuncia in punto di inammissibilità per doppia conforme, i ricorrenti avrebbero dovuto rilevare nel ricorso le eventuali differenze in punto di fatto delle ragioni del rigetto poste alla base delle due decisioni di merito.

4. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato quanto al primo motivo, con assorbimento del secondo motivo e dichiarazione di inammissibilità del terzo motivo. Le spese, liquidate come di seguito in base alle tariffe vigenti, seguono la soccombenza del ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso quanto al primo motivo, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo; per l’effetto, condanna i ricorrenti alle spese liquidate in Euro6000,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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