Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24973 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/10/2017, (ud. 27/04/2017, dep.23/10/2017),  n. 24973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24484-2013 proposto da:

T.D., (OMISSIS), G.L. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA,

VIA FONTANELLA BORGHESE 7 presso lo studio dell’avvocato PAOLO

VOLTAGGIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALESSANDRO GALLO;

– ricorrenti –

contro

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA

GRAZIOLI 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO RICCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1909/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato VOLTAGGIO Paolo, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CATALANO Roberto con delega depositata in udienza

dell’Avvocato GARGANI Benedetto difensore del resistente che ha

chiesto l’accoglimento delle difese in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1981 G.L. ha proposto domanda volta ad accertare l’inesistenza di un diritto di passaggio a favore di M., L. e Z.U. e il diritto a recintare il proprio fondo; i convenuti, costituendosi, hanno chiesto al giudice di rigettare la domanda e di dichiarare il diritto di passaggio in quanto acquistato per usucapione o, trattandosi fondi interclusi, a seguito di costituzione di servitù coattiva, nonchè, in via riconvenzionale, tra l’altro di ordinare l’abbattimento di quella parte della casa dell’attore costruita sulla loro proprietà. Con sentenza del 1984 il Pretore ha accolto le domande dell’attore, così dichiarando l’inesistenza della servitù di passaggio e il diritto dell’attore di recintare il proprio fondo, e rigettato le domande riconvenzionali dei convenuti.

2. Gli Z. – M., L. e U. – hanno proposto appello davanti al Tribunale di Treviso, che nel 1993, rilevato il difetto del contraddittorio (trattandosi di fondo in comproprietà con la moglie T.D.), ha rimesso la causa al giudice di primo grado. Il Tribunale di Treviso, come già il Pretore, ha dichiarato l’inesistenza della servitù di passaggio e il diritto dei coniugi G. di recintare il proprio fondo, e ha rigettato la domanda riconvenzionale di parziale abbattimento dell’abitazione dei G..

3. Z.M. ha proposto impugnazione alla Corte d’appello di Venezia. La Corte, con sentenza del 12 settembre 2012, ha respinto i primi due motivi d’appello aventi ad oggetto la dichiarazione di inesistenza della servitù (per mancanza da un lato del requisito dell’apparenza richiesto per l’accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù e dall’altro lato, al fine della costituzione della servitù coattiva, del presupposto dell’interclusione dei fondi degli Z.) e ha però accolto il terzo motivo: se l’eccezione era stata ritualmente proposta, gli attori non hanno provato di aver usucapito il diritto a mantenere la costruzione nella posizione attuale. La Corte d’appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha quindi ordinato l’abbattimento parziale della casa dei coniugi G..

4. I coniugi G. propongono ricorso in cassazione, articolato in tre motivi.

Z.M. resiste con controricorso e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è fatta valere la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2699 c.c., art. 2700 c.c., art. 221 c.p.c., art. 2697 c.c., artt. 112,115 e 116 c.p.c.”, disposizioni violate dal mancato riconoscimento, da parte della Corte d’appello, del valore di atto pubblico, vincolante per il giudice, al certificato del sindaco di Sernaglia della Battaglia datato 21 aprile 1982.

La censura è infondata. L’efficacia di piena prova dell’atto pubblico è infatti limitata alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e alle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.), ma non attiene alla verità dei fatti dichiarati che è quindi soggetta al prudente apprezzamento del giudice. Non ha quindi posto in essere le denunciate violazioni la Corte d’appello che ha negato al documento – che conteneva la risposta del sindaco al questionario formulato dall’ufficio del registro e che in merito all'”epoca della costruzione” aveva dichiarato “anno 1960 circa” – l’efficacia di prova dell’esistenza della costruzione nell’anno 1960 sia perchè manca ogni indicazione in ordine alle modalità e al contenuto dell’accertamento sia perchè, come sottolinea la Corte, “l’anno viene indicato in via approssimativa”.

2. Il secondo motivo denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c.”: la sentenza impugnata violerebbe le citate disposizioni per aver ritenuta non raggiunta la prova del possesso ultraventennale quando non ha assunto le prove richieste dai coniugi G. in primo grado e riproposte nel giudizio di appello e in particolare non ha ammesso la prova testimoniale in relazione al seguente capitolo: “vero che l’immobile di cui ai mappali n. (OMISSIS) di proprietà degli attori è stato edificato nel 1960”.

Nè l’art. 2967, che ripartisce l’onere della prova tra le parti, nè l’art. 115, che attribuisce come regola alle parti il potere di proporre le prove, e neppure l’art. 112, che configura il vizio di omessa pronuncia esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione a istanze istruttorie (cfr. Cass., n. 13716/2016), impongono al giudice di assumere la prova richiesta dalla parte, essendo comunque la richiesta della parte soggetta al vaglio di ammissibilità e rilevanza da parte del giudice.

La doglianza è pertanto infondata.

3. Con il terzo motivo è fatta valere la “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., norme che imporrebbero al giudice l’obbligo di porre a fondamento della propria decisione le prove offerte dalle parti e che sarebbero state violate dalla Corte d’appello che ha utilizzato i risultati della consulenza tecnica d’ufficio circa la dimostrazione dello sconfinamento dell’immobile dei G. sul fondo di proprietà Z..

La censura non può essere accolta. A prescindere dalla erroneità della premessa (cfr. il motivo precedente), essa non considera che la consulenza tecnica è strumento che viene disposto d’ufficio dal giudice e che può sostanziarsi in mero strumento di valutazione di elementi probatori già presenti in giudizio ovvero, consulenza tecnica c.d. percipiente, può consistere nell’acquisizione stessa di elementi che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone (cfr., da ultimo, Cass. n. 18770/2016 e Cass. n. 1190/2015).

5. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.500 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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