Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24973 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 06/12/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 06/12/2016), n.24973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19884-2010 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, successore per legge nei rapporti

attivi e passivi dell’IPOST – Istituto Postetelegrafonici ente

soppresso in forza del D.L. n. 78 del 2010, art. 7 elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FULCIERI PAOLUCCI DE CALBOLI 5, presso lo

studio dell’avvocato DARIO BUZZELLI, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.I., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8834/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/09/2009 R.G.N. 7439/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito l’Avvocato MASSIMO IANNI FICORILLI per delega verbale Avvocato

DARIO BUZZELLI;

udito l’Avvocato LUCIANO DRISALDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 8834/2008, depositata il 14.9.2008, la Corte d’Appello di Roma, dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Inps nei confronti di A.I. ed altri lavoratori, avverso la sentenza del tribunale di Roma che aveva accolto la loro domanda volta ad ottenere l’accertamento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e succ. mod. A fondamento della decisione la Corte d’Appello sosteneva che l’eccezione di nullità della procura rilasciata dagli appellati all’avv. Luciano Drisaldi, in calce al ricorso introduttivo del giudizio, fosse infondata alla luce del contenuto dello stesso atto rilasciato con la formula “per il presente giudizio”; era fondata invece l’eccezione di tardività dell’appello sollevata dagli appellati per decorso del termine breve dalla prima notifica della sentenza di primo grado avvenuta in data 8.6.2007, per come si evinceva dalla documentazione versata in atti.

Per la cassazione di questa sentenza, ricorre l’INPS con cinque motivi. Resistono i lavoratori con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. per avere la Corte ritenuto sussistere una valida procura per la fase di appello in favore degli appellati. Invalida costituzione del rapporto processuale e di ogni attività procuratoria svolta dagli appellati (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). A sostegno della censura l’INPS rileva che la procura speciale rilasciata dagli appellati in primo grado con la formula che compare nell’atto (“Deleghiamo l’avv. Drisaldi Luciano a rappresentarci e difenderci nel presente giudizio nei confronti dell’IPOST per il riconoscimento del diritto ad usufruire del beneficio della rivalutazione contributiva previsto dalla legge n.257/1992 e successiva modifiche, conferendogli ogni facoltà di legge e presso il duo studio in Roma, Viale Giulio Cesare 61 eleggiamo domicilio”) non può concretare un conferimento di incarico idoneo alla valida costituzione del rapporto processuale anche in sede di gravame, in quanto ai sensi dell’art. 83 c.p.c. “la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa”.

2. Col secondo motivo l’INPS denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo della controversia. Invalida costituzione del rapporto processuale e di ogni attività procuratoria svolta dagli appellati (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). In quanto contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, lo specifico riferimento normativo del diritto alla cui tutela la domanda giudiziale era rivolta rappresentava un chiaro elemento limitativo della volontà delle parti rappresentate di conferire al difensore un mandato ben circoscritto nella sua ampiezza. Sotto altro qualificante aspetto la stessa conclusione era convalidata dal fatto che le note autorizzate depositate in data 27.11.2008 recavano una nuova procura conferita al difensore (“conferiamo all’avv. Luciano Drisaldi la delega a …)”.

2.1. I due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perchè connessi, sono infondati. La procura conferita in primo grado con la formula “per il presente giudizio” è valida anche per la fase di appello, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’INPS, manca nell’atto qualsiasi espressione tendente a specificare o delimitare l’incarico stesso al primo grado, come correttamente affermato dal giudice di merito. Nè, come pretende l’INPS, può costituire un elemento delimitativo del mandato al difensore al solo primo grado, il fatto che nella stessa procura si menzioni l’oggetto dell’attività (inerente al riconoscimento del beneficio contributivo apprestato dalla legge 257/1992 ai lavoratori esposti all’amianto); trattandosi di una espressione rivolta ad identificare la materia su cui doveva esercitarsi l’attività difensiva nel giudizio, ma non a delimitarla ad un singolo grado. Va quindi applicata la conforme giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 24092 del 13/11/2009 e Sez. U, Sentenza n. 5528 del 17/05/1991) secondo la quale la procura speciale al difensore, rilasciata in primo grado “per il presente giudizio” (o processo, causa, lite, etc.), senza alcuna indicazione delimitativa, esprime la volontà della parte di estendere il mandato all’appello, quale ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso, e, quindi, implica il superamento della presunzione di conferimento solo per detto primo grado, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., u.c., norma che deve considerarsi operante solo quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna indicazione.

Pure infondata è la diversa censura, contenuta nel secondo motivo, con la quale si deduce il conferimento da parte dei ricorrenti di una nuova procura al difensore nelle note depositate in data 27.11.2008. In realtà,come del resto è riportato nello stesso ricorso dell’INPS, quella contenuta nelle note in discorso costituisce “conferma” della procura già rilasciata e non rappresenta una nuova procura, posto che in essa si legge “Confermiamo all’avv. Luciano Drisaldi la delega a…” e non già “conferiamo… ” come invece pure sostiene contradditoriamente l’INPS, in contrasto con lo stesso contenuto del proprio ricorso.

3. Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 436, 437 e 416 c.p.c. avendo la Corte d’Appello consentito l’acquisizione tardiva della copia di notifica della sentenza del Tribunale unitamente alle note autorizzate depositate in data 27.11.2008 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) pur trattandosi di documentazione la cui formazione non era sopravvenuta e che pertanto andava prodotta con la costituzione nel giudizio di appello.

3.1. Il motivo è infondato poichè, come risulta dalla stessa sentenza impugnata, la documentazione prodotta non era altro che l’originale della fotocopia della sentenza con relata di notifica, depositata nei termini (con espressa riserva di produrre l’originale), recante appunto quale data di notificazione quella dell’8.6.2007. Non si tratta quindi di documentazione nuova rispetto alla produzione già effettuata all’atto della costituzione degli appellati (peraltro pure essa idonea a dimostrare l’avvenuta notifica). In ogni caso va ricordato che l’art. 437 c.p.c. consente l’ammissione di nuovi mezzi di prova anche in appello quando, a giudizio del collegio, siano indispensabili ai fini della decisione (su cui, da ultimo, Cass. 8568/2016). Nel caso in esame tale potere discrezionale è stato motivatamente e legittimamente esercitato dal giudice, in relazione all’esigenza di risolvere la problematica afferente l’eccezione di tardività del gravame risultando in atti il tempestivo deposito della fotocopia della sentenza.

4. Con il quarto motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 325 e 326 c.p.c. per aver la Corte ritenuto decorrente il termine breve di impugnazione dalla prima delle due notificazioni della stessa sentenza di primo grado.

5. Con il quinto motivo il ricorso lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riguardo alla fattispecie di duplice notificazione della sentenza di primo grado ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione (art. 360 c.p.c., n. 5).

5.1. Il quarto ed il quinto motivo del ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono parimenti infondati perchè, essendo stata la prima notificazione della copia autentica della sentenza effettuata ritualmente nei confronti dell’IPOST, nel domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bruno Ripardelli (e senza che in proposito esistano neppure contestazioni), essa era già idonea a far decorrere il termine breve per la proposizione del gravame ai sensi dell’art. 326 c.p.c. Nessun effetto poteva essere quindi attribuito al fine in discorso alla seconda notificazione della copia della sentenza, rilasciata in forma esecutiva, come correttamente si osserva nella sentenza gravata.

6. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso e di condannare il ricorrente, rimasto soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5100, di cui 5000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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