Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24970 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/11/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29758-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

18, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO GENOVESE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di MESSINA, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ARTURO MERLO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 20840/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 02/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Messina, con sentenza 344/09, ha respinto la domanda di C.G. di risarcimento del danno derivato dalla limitazione dell’incarico di dirigente biologo, conferitogli dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina (già AUSL n. 5), alla durata di dodici mesi, anzichè tre anni;

2. la Corte d’appello di Messina ha respinto il ricorso del Cosenza sul rilievo che l’incarico al medesimo conferito non rientrasse nella previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, (relativa agli incarichi di funzione dirigenziale nelle “amministrazioni dello Stato”) e neppure in quella di cui all’art. 28 CCNL 8.6.2000 (concernente l’affidamento e la revoca degli incarichi dirigenziali dei “dirigenti del ruolo sanitario”) ma fosse stato conferito ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, in attesa del perfezionamento della procedura finalizzata all’immissione in servizio dei vincitori di concorso;

3. la Corte di Cassazione, sez. lavoro, con ordinanza n. 20840/19, ha respinto il ricorso proposto da C.G. avverso la decisione di appello ed ha condannato il predetto alla rifusione delle spese di lite;

4. contro l’ordinanza di questa Corte n. 20840/19 C.G. ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., in relazione all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4;

5. l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina ha resistito con controricorso;

6. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

7. C.G. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. a sostegno della revocazione C.G. ha addebitato a questa Suprema Corte i seguenti errori di percezione essenziali e decisivi: di avere omesso di leggere oppure di avere erroneamente inteso il significato letterale degli atti acquisiti al processo (contratto individuale di lavoro del 15.3.2006, avviso pubblico e delibera di conferimento incarico) quanto ai riferimenti normativi in essi contenuti e che, ove valutati, avrebbero impedito alla Corte di formulare “ipotesi interpretative di applicazione di norme giuridiche diverse da quelle richiamate specificamente nei documenti”; in tal modo la sentenza revocanda avrebbe errato nell’escludere l’esistenza di “conferimenti d’incarico dirigenziale di cui al citato art. 19, comma 6, …a soggetti esterni ed estranei all’amministrazione pubblica”, ponendosi peraltro in contrasto con precedenti di legittimità (sentenza n. 478/14) e della Corte Cost. (sentenze n. 324/10; n. 310/11); inoltre, di avere supposto l’inesistenza di un fatto, cioè l’applicabilità del D.Lgs. n. 502 del 1992, invece positivamente stabilita dalla stessa AUSL n. 5 con la nota di riscontro del 12.2.07 prot. 1162; in via subordinata, è stato rilevato come la sentenza revocanda, inquadrando la fattispecie nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, avesse “perso d’attenzione” la censura di parte ricorrente sulla applicazione, ad opera dei giudici di appello, della citata disposizione nel testo introdotto dalla L. n. 133 del 2008, art. 49, successivo al conferimento dell’incarico in questione; infine parte ricorrente in revocazione ha denunciato l’errore percettivo commesso dalla Corte di legittimità per avere “invertito le fasi della costituzione del rapporto di lavoro dirigenziale avendo ritenuto, in pratica, che il conferimento dell’incarico dirigenziale deriva… a seguito di un contratto stipulato a termine e non invece, come è evidente, che il contratto a termine si stipula a seguito e in conseguenza obbligata (perchè accede) dell’avvenuto conferimento di incarico dirigenziale di cui alla Delib. del Direttore Generale 9 marzo 2006, n. 706;

9. il ricorso è inammissibile;

10. costituisce orientamento pacifico quello per cui l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391 bis c.p.c., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al giudizio, che si concreta in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali (cfr. Cass. n. 8828 del 2017; n. 22080 del 2013; n. 17443 del 2008);

11. la giurisprudenza di legittimità ha esattamente perimetrato l’errore di fatto, tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali; l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme, contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti e integri gli estremi dell’error iuris, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione. Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (cfr. Cass., S.U., n. 8984 del 2018; S.U. n. 30994 del 2017);

12. si è aggiunto che le interpretazioni letterale e sistematica, ma pure quelle costituzionalmente e convenzionalmente orientate, degli artt. 391 bis e 395 c.p.c, n. 4), portano a non ammettere la revocazione delle decisioni di legittimità della Corte di cassazione per pretesi errori giuridici (sostanziali o processuali), oppure circostanziali, diversi dalla mera svista su fatti non resi oggetto di precedente controversia, rispondendo la “non ulteriore impugnabilità in generale” all’esigenza, tutelata come primaria dalle stesse norme della Carta fondamentale e della CEDU, di conseguire l’immutabilità e definitività della pronuncia all’esito di un sistema variamente strutturato (Cass. n. 8472 del 2016). Il carattere d’impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l’inammissibilità di ogni censura ivi non compresa (Cass., S.U. n. 8984 del 2018; S.U. n. 30994 del 2017 cit.; Cass. n. 9865 del 2014);

13. nel caso di specie, le censure mosse dal ricorrente in revocazione, se pure formalmente veicolate attraverso la deduzione di errori percettivi, investono l’interpretazione data dai giudici di legittimità alle disposizioni sopra richiamate e specificamente la sussunzione del rapporto di lavoro del Cosenza con l’Azienda Sanitaria, ricostruito sulla base degli atti e documenti processuali, in una o nell’altra fattispecie giuridica, vale a dire nel del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, come affermato dalla sentenza revocanda, oppure nel medesimo D.Lgs., art. 19, o in subordine nel D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, come preteso dall’attuale ricorrente;

14. si tratta, all’evidenza, non di questioni di fatto bensì di problemi interpretativi di norme giuridiche, come emerge peraltro dal tentativo di parte ricorrente di dirigere le censure sui documenti (avviso pubblico, conferimento dell’incarico, contratto individuale; oppure nota dell’AUSL del 12.2.07 prot. n. 1162), non in ragione della mancata percezione degli stessi o dei dati di fatto ivi riportati bensì per i riferimenti normativi in essi contenuti e che, si pretende, avrebbero dovuto vincolare l’inquadramento giuridico ad opera dei giudici di legittimità;

15. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

16. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;

17. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo

unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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