Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2497 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Cassiodoro

15, presso l’avv. Francesco Venturi, rappresentato e difeso dall’avv.

Marzola Patrizia giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 06/26/06 del 23/2/06.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis, nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso del contribuente contro i dinieghi su istanze di rimborso IRAP. Il contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene tre motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza del terzo motivo, rigettati i primi due, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con i primi due motivi, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’Agenzia deduce l’erroneità della sentenza, in sostanza assumendo che gli agenti di commercio, in quanto imprenditori, sarebbero sempre soggetti ad IRAP. I due motivi sono manifestamente infondati in quanto le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (SS.UU. 12108/09).

Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione sul punto controverso rappresentato dalla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, lamentando l’ingiustificata qualificazione dell’apporto lavorativo del figlio come “temporaneo”.

Il terzo motivo è fondato. Premesso, come già ricordato, che grava sul contribuente l’onere di provare l’assenza delle condizioni che giustificano l’imposizione, è agevole rilevare che la motivazione è priva di qualsiasi riferimento agli clementi di prova in base ai quali il giudice ha qualificato come “temporaneo” (senza peraltro specificare il significato dell’espressione, trattandosi di quattro anni di imposta) l’apporto lavorativo del figlio del contribuente, fermo restando che non è la temporaneità, ma l’occasionalità del lavoro altrui che può giustificare l’esonero dall’IRAP”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto, accolto il terzo motivo di ricorso e rigettati i primo due, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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