Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24965 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. un., 23/10/2017, (ud. 26/09/2017, dep.23/10/2017),  n. 24965Vedi massime correlate

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrico – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18372-2016 proposto da:

I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VAL

D’OSSOLA 100, presso lo studio dell’avvocato MARIO PETTORINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO PETTORINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUNGOTEVERE DEI MELLINI 17, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE VITOLO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1298/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/03/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2017 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

La Corte d’Appello di Napoli ribadiva, confermando la sentenza del Tribunale di Napoli, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice tributario nel procedimento di opposizione al precetto avverso ingiunzione fiscale relativa ad Ici per gli anni d’imposta 2000, 2001, 2002 e 2003.

Il contribuente impugna la sentenza dinanzi alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1, rilevando la giurisdizione del giudice ordinario per l’opposizione a precetto e l’insussistenza di un valido titolo esecutivo in capo al Comune di Ischia per procedere all’esecuzione forzata.

Il Comune di Ischia si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo di gravame il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione della Corte d’Appello per avere confermato la sentenza del Tribunale che ha declinato la giurisdizione a favore del giudice tributario in relazione al motivo di opposizione a precetto con il quale l’odierno ricorrente deduceva la nullità dell’atto di precetto opposto per l’inesistenza di un valido titolo esecutivo in capo al Comune non potendo l’ingiunzione fiscale essere azionata in forme diverse dalla riscossione a mezzo ruolo tramite concessionario.

L’opposizione al precetto consiste in una species del più ampio genus delle opposizioni all’esecuzione disciplinate agli artt. 615 e 616 c.p.c., con cui il debitore o il terzo (debitor debitoris) contestano il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata ed ha ad oggetto la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione esecutiva (esistenza del titolo esecutivo, sua idoneità soggettiva ed oggettiva a fondare l’esecuzione, pignorabilità dei beni).

Nel caso di specie il ricorrente, come rilevato dalla Corte d’Appello, aveva chiesto al Tribunale la declaratoria “di inesistenza del credito tributario” per la mancata notifica dell’ingiunzione fiscale e che, comunque, erano maturate la prescrizione e decadenza del credito tributario.

La questione prospettata attiene all’individuazione del giudice -ordinario o tributario – cui è devoluta la cognizione dell’opposizione proposta avverso un atto di precetto, a seguito di ingiunzione fiscale fondata su crediti tributari,qualora venga eccepita la nullità dell’atto per l’inesistenza di un valido titolo esecutivo in capo al Comune fondato sulla asserita illegittimità dell’ingiunzione fiscale (non notificata e prescritta) che, in base alla prospettazione del ricorrente, avrebbe dovuto essere azionata con la riscossione a mezzo ruolo tramite concessionario.

Giova premettere i principali riferimenti normativi.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 ha attribuito alle commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria, prevedendo, nel comma 1, secondo capoverso che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo D.P.R.”

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 2, prevede che il procedimento di espropriazione forzata nell’esecuzione tributaria è regolato “dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione” in quanto non derogate dal capo 2^ del medesimo D.P.R. e con esso compatibili.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, stabilisce che non sono ammesse nè le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. (salvo quelle concernenti la pignorabilità dei beni) nè quelle regolate dall’art. 617 c.p.c. ove siano relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

La giurisprudenza di questa Corte, in ordine al riparto di giurisdizione, ha affermato che: 1) le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo; art. 9 c.p.c., comma 2); 2) le opposizioni all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 4) le opposizioni di terzo all’esecuzione di cui all’art. 619 c.p.c. si propongono al giudice ordinario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; art. 9 c.p.c., comma 2). (ex plurimis, Cass. n. 18505 del 2013).

Rimane tuttavia aperto il problema dell’individuazione del giudice davanti al quale proporre l’opposizione al precetto ove questa concerna la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo e, in particolare, ove il contribuente, di fronte all’atto di precetto, deduca (come nella specie) di non avere mai ricevuto in precedenza la notificazione del titolo esecutivo.

Sussistono due diversi orientamenti al riguardo da parte di questa Corte che, pur divergendo sulla giurisdizione, condividono il comune presupposto interpretativo secondo cui l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 non va intesa (pena la violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost.) come assoluta esclusione della tutela giudiziale delle situazioni soggettive prese in considerazione da dette opposizioni.

Un orientamento ritiene che l’opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato per nullità derivata dall’omessa notificazione degli atti presupposti, è ammissibile e va proposta dinanzi al giudice ordinario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e degli artt. 617 e 9 c.p.c., perchè la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria sussiste quando sia impugnato un atto dell’esecuzione forzata tributaria successivo alla notificazione del titolo esecutivo, restando irrilevante il vizio dedotto e, quindi, anche quando detto vizio venga indicato nella mancata notificazione della cartella di pagamento: in tale ipotesi, il giudice ordinario dovrà verificare solo se ricorra il denunciato difetto di notifica all’esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità del consequenziale pignoramento basato su crediti tributari (cfr Cass., Sezioni Unite, n. 21690 del 2016 e n. 8618 del 2015; Cass., Sezione terza, n. 24235 e n. 9246 del 2015).

Altro diverso orientamento prevede che l’opposizione agli atti esecutivi che il contribuente assume essere viziato da nullità derivata dalla asserita nullità degli atti presupposti, si risolve nell’impugnazione del primo atto in cui viene manifestato al contribuente l’intento di procedere alla riscossione di una ben individuata pretesa tributaria: l’opposizione, pertanto, è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario (ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo, e 19 – estensivamente interpretato – del D.Lgs. n. 546 del 1992).

Tale ultimo orientamento appare preferibile ed è stato riaffermato da questa Corte con la sentenza delle Sezioni Unite 5.6.2017 n. 13913 (cfr anche Cass., S.U., 5.7.2011 n. 14667), in cui si afferma che “l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o di altro atto prodromico al pignoramento), è ammissibile e va proposta – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, e art. 19, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e dell’art. 617 c.p.c. – davanti al giudice tributario, risolvendosi nell’impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario”.

Al fine di individuare la giurisdizione rileva, principalmente, il dedotto vizio dell’atto di precetto, cioè la mancata notificazione dell’atto presupposto (di natura tributaria), e non la natura di primo atto dell’espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.).

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, prevede un’ipotesi d’impugnazione congiunta che consente di impugnare un atto autonomamente impugnabile ” non conosciuto” unitamente al successivo atto notificato e, quindi, “conosciuto” al fine di farne valere eventuali profili di illegittimità; la mancata notificazione della cartella di pagamento rende, quindi, l’atto di precetto impugnabile, unitamente alla cartella di pagamento, dinanzi alla commissione tributaria.

Sotto il profilo letterale l’orientamento secondo cui sarebbe devoluta al giudice ordinario l’impugnazione dell’atto di precetto, incentrato sulla mancata notifica della cartella di pagamento, sarebbe in contrasto con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 del, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo: con riferimento alle procedure esecutive aventi ad oggetto entrate tributarie sarebbe, quindi, un rimedio precluso dal divieto espresso dal predetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57.

La soluzione compatibile con il rispetto del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 Cost. è data dal riconoscimento della facoltà per il contribuente di impugnare davanti al giudice tributario la cartella di pagamento (atto presupposto), congiuntamente all’atto di precetto (atto successivo), ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19,comma 3.

Anche se l’impugnazione degli atti dell’esecuzione successivi alla cartella di pagamento e, comunque, all’atto presupposto è attratta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’artdel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, esigenze di ordine sistematico impongono di ammettere la tutela giurisdizionale davanti al giudice tributario, allorchè si contesti l’avvenuta notifica della sottostante cartella di pagamento nel caso in cui il contribuente per la prima volta viene a conoscenza dell’atto presupposto a seguito della notifica del titolo esecutivo formato nei propri confronti.

L’impugnazione dell’atto di precetto è strumentale all’impugnazione della cartella di pagamento onde far valere il difetto di notifica della stessa, non quale vizio proprio dell’atto di precetto, ma quale motivo di nullità della cartella stessa, trattandosi della soluzione in concreto praticabile per far valere l’illegittimità della cartella ed arrestare la procedura esecutiva, in considerazione delle già citate limitazioni, in materia fiscale, nel giudizio di opposizione D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 57.

Nè appare convincente ripartire la giurisdizione, nell’ipotesi in esame, in base al petitum formale contenuto nell’impugnazione proposta dal contribuente: a) giurisdizione tributaria, ove sia richiesto solo l’annullamento dell’atto presupposto dal pignoramento; b) giurisdizione ordinaria, ove sia richiesta solo la dichiarazione di nullità dell’atto di precetto. Non solo il petitum sostanziale è unico (il contribuente ha interesse a rendere non azionabile la pretesa tributaria, facendo valere una soluzione di continuità nell’iter procedimentale) e una simile ricostruzione sarebbe inutilmente artificiosa, obbligando ad una duplice azione davanti a giudici diversi. Non ha neanche importanza se, in punto di fatto, che l’atto presupposto sia stato effettivamente notificata trattandosi di rilievo che attiene al merito in quanto la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum.

Tale soluzione non contrasta col disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Tale inammissibilità, infatti, va interpreta nel senso che comporta solo il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, impugnando, unitamente al precetto, la cartella di pagamento per mancata notificazione.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nel prevedere l’inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, va interpretato nel senso che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al giudice tributario.

Va, quindi, riaffermato il principio di diritto secondo cui “in materia di esecuzione forzata tributaria, sussiste la giurisdizione del giudice tributario nel caso di opposizione riguardante l’atto di precetto, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento di natura tributaria (o degli altri atti presupposti)”.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso; le spese seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000 per compensi professionali, Euro 200 per esborsi oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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