Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24961 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 27/04/2018, dep. 10/10/2018), n.24961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27845-2014 proposto da:

M.G., M.M.S. e M.F.,

rappresentati e difesi dall’Avvocato ROBERTO AMAGLIANI ed

elettivamente domiciliati presso lo studio degli Avv.ti Lunari, in

ROMA, VIA FILIPPO CIVININI 49;

– ricorrenti –

contro

L.R.G., rappresentata e difesa dall’Avvocato GIUSEPPE

GIUFFRIDA TAVIANO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di

questi, in MESSINA, VIA GIOV. GRILLO, is. 214/B, 69;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 509/12 della CORTE DI APPELLO di MESSINA,

pubblicata il 26/06/2014;

letta la requisitoria scritta del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO LUCIO, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del novembre 2001 M.G., M.M.S. e M.F., eredi di C.S., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina L.R.G., per sentir dichiarare la nullità dell’atto di donazione del (OMISSIS) per notar G., con il quale la propria dante causa aveva alienato, a titolo gratuito, alla convenuta due fabbricati e una striscia di terreno. A sostegno della domanda esponevano la mancata allegazione all’atto pubblico di donazione, richiesta a pena di nullità della L. n. 47 del 1985, art. 18, del certificato di destinazione urbanistica relativo alla striscia di terreno in questione.

Instauratosi il contraddittorio ed acquisita CTU, il Tribunale rigettava la domanda, rilevando che il terreno aveva natura pertinenziale e, come tale, poteva essere alienato anche in assenza di allegazione all’atto pubblico di donazione del certificato di destinazione urbanistica.

Appellavano la sentenza i M.. Si costituiva L.R.G., chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza n. 509/2014, depositata il 26.6.2014, la Corte d’Appello di Messina rigettava l’appello e compensava in ragione di 1/2 le spese del grado, condannando gli appellanti, in solido, al rimborso della restante quota.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione M.G., M.M.S. e M.F., sulla base di tre motivi; cui resiste con controricorso L.R.G.. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la “falsa applicazione L. n. 47 del 1985, art. 18 (oggi trasfuso nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, cpv)”, in quanto nella interpretazione della suddetta norma operata in sentenza sussisterebbe una contraddizione, tra quanto affermato (a pag. 4), in merito alla ratio della disposizione (tutela delle parti, al fine di evitare equivoci in relazione alla capacità di edificazione e tutela dell’interesse pubblico, al fine di scongiurare lottizzazioni abusive), e quanto rilevato (a pagg. 5-6) e cioè che “l’art. 18 citato stabilisce soltanto che non serve l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica quando la superficie deve considerarsi di pertinenza di una costruzione, semprechè la dimensione dell’area non ecceda i 5.000 metri quadrati, senza ulteriori distinzioni”.

1.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la “violazione dell’art. 18 citato in combinato disposto con l’art. 817 c.c.”), in quanto la sentenza impugnata avrebbe ignorato la necessità di operare il collegamento previsto dall’art 817 c.c.(“cose destinate in modo durevole a servizio e ad ornamento di un’altra cosa”), non avendo indagato se tra il terreno e l’edificio donati fosse stato effettivamente istituito dalla proprietaria, il predetto vincolo pertinenziale e, in atto, il bene accessorio (terreno) fosse destinato a servizio o ad ornamento del bene principale (edificio urbano).

1.3. – Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 769 c.c.” non avendo la Corte di merito, nell’interpretazione del contratto, osservato il canone dell’intenzione delle parti e che nella specie, ricorrendo una donazione, valore determinante doveva essere attribuito alla volontà della donante.

2. – L’intima connessione dei temi svolti giustifica la congiunta analisi dei tre motivi di ricorso.

2.1. – I motivi sono fondati.

2.2. – La L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 2, (oggi trasfuso nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 2) dispone che “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati nè trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purchè la superficie complessiva dell’area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati”. La norma mira ad evitare la circolazione di un terreno senza l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica, sì da scongiurare la possibile realizzazione di lottizzazioni abusive.

Nell’escludere la nullità degli atti tra vivi traslativi, costitutivi o comportanti scioglimento di comunioni relativi a terreni, stipulati senza l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica (ovvero della relativa domanda, in attesa del completamento dell’iter amministrativo: Cass. n. 20649 del 2013; Cass. 22077 del 2011; cfr. anche Cass. n. 8489 del 2016), la disposizione postula la esistenza delle seguenti tre condizioni concomitanti: a) l’iscrizione dell’immobile principale costituito dal fabbricato nel catasto edilizio; b) il nesso pertinenziale fra l’edificio e il terreno; c) la superficie del terreno inferiore a mq. 5.000 (Cass. n. 19526 del 2005).

Poichè la pertinenza deve possedere, al momento dell’atto, la natura di bene accessorio rispetto a quello principale oggetto della compravendita (e tenuto conto della evidenziata ratio sottesa alla norma), non è possibile che il terreno costituisca pertinenza di altro immobile (fabbricato urbano) che non sia oggetto dell’atto della cui validità si discute. Infatti, il carattere pertinenziale del terreno deve essere stato già acquisito all’atto del negozio traslativo della proprietà.

2.3. – Pertanto, erroneamente (con falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 18) la Corte d’appello (premesso, in maniera peraltro perplessa, che “la situazione dei luoghi può far pensare che, al di là delle parole adoperate nel contratto, il rapporto di pertinenzialità possa essere stato impresso già anteriormente all’atto di donazione”) osserva che “l’art. 18 citato stabilisce soltanto che non serve l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica quando la superficie deve considerarsi di pertinenza di una costruzione, semprechè la dimensione dell’area non ecceda i 5.000 metri quadrati, senza ulteriori distinzioni”; e che “non vi è dubbio che sia prima che dopo l’atto di donazione la striscia in questione abbia avuto una destinazione pertinenziale di fabbricati, per cui se l’alienazione separata valga a determinare la cessazione del vincolo pertinenziale rispetto all’originario edificio al quale legato da una relazione di servizio, non vi è dubbio che la striscia in questione abbia comunque mantenuto questa destinazione anche nei confronti di un bene diverso” (sentenza impugnata pagg. 5-6).

3. – Altrettanto indubbio è, peraltro, che per la realizzazione del vincolo pertinenziale sia necessaria non solo una relazione di oggettiva dipendenza di una res ad un’altra (principale) per esigenze, non transitorie, di servizio o di ornamento (elemento oggettivo), ma anche la volontà del soggetto (sia esso il proprietario della res principale o chi abbia un diritto reale sulla cosa medesima) di dare vita al vincolo pertinenziale (elemento soggettivo) ai sensi dell’art. 817 c.c..

Orbene, le circostanze rilevate dalla sentenza impugnata a sostegno della sussistenza del nesso pertinenziale non sono da ritenere sufficienti; così determinando la denunciata violazione dell’art. 18 citato in combinato disposto con l’art. 817 c.c.. La Corte di merito (“sebbene l’atto di donazione indichi la striscia in questione come terreno da destinare a pertinenza delle casette donate”) osserva che “la situazione dei luoghi evidenzia un obiettivo rapporto di servizio tra la striscia medesima e i fabbricati donati, sia per la loro contiguità sia per la presenza di opere che consentono l’accesso dai fabbricati al terreno” (sentenza pag. 5). Tuttavia, il giudice dell’appello non considera che proprio il riferimento (trascritto nel rogito e richiamato in sentenza) al terreno “da destinare” a pertinenza evidenzia l’inesistenza di una pregressa costituzione del vincolo pertinenziale, quantomeno per difetto dell’elemento soggettivo espresso in maniera inequivoca. Laddove, l’effettiva e concreta destinazione della cosa a servizio e ad ornamento dell’altra deve essere considerata una relazione implicante aspetti, oltre che oggettivi, anche soggettivi, riferibili alla volontà dell’avente diritto (Cass. n. 4892/2014).

4. – Con l’atto di donazione del (OMISSIS) (trascritto in parte qua nel ricorso a pag. 9) la donante ha descritto l’oggetto del trasferimento come “una piccola striscia di terreno della superficie di circa 200 metri quadrati, retrostante alle due casette descritte ai nn. 1 e 2 e da destinare a cortile e pertinenza delle stesse”. L’inequivoco riferimento ad una destinazione futura del terreno a pertinenza – che la Corte d’appello ha illogicamente relegato in un mero obiter e svalutato rispetto alla opposta affermazione (come detto perplessa) della “possibile” configurabilità del vincolo di pertinenzialità già prima dell’atto di donazione – si configura come ulteriore elemento della sussistenza del lamentato vulnus all’art. 1362 c.c..

5. – Il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Messina, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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