Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24961 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 07/10/2019), n.24961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1734-2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GINO

FUNAIOLI 54/56, presso lo studio dell’avvocato FRANCO MURATORI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO GRIO;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso gli Uffici dell’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentato e difeso

dall’avvocato UMBERTO GAROFOLI;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 833/2017 del TRIBUNALE di CASSINO, depositata

il 29/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ORICCHIO

ANTONIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da C.G. la sentenza n. 833/2017 del Tribunale di Cassino con ricorso fondato su un motivo e resistito con controricorso della parte intimata Roma Capitale.

Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione del Tribunale rigettava l’appello interposto dall’odierno ricorrente avverso la sentenza n. 196/2014 del Giudice di Pace di Pontecorvo, che aveva rigettato l’opposizione dallo stesso proposta avverso la cartella di pagamento di cui in atti.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Col motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2700,2712 e 2719 c.c. e dell’art. 112c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente, in sostanza, lamenta che, con la decisione gravata, sia stata ritenuta la sussistenza, in base alle anzidette norme, della fede privilegiata rivestita dalla documentazione prodotta in giudizio dalla controparte dell’odierno ricorrente.

1.1. Deve osservarsi, in proposito, quanto segue.

L’impugnata sentenza, facendo proprie le argomentate conclusioni del Giudice di prime cure, ha ritenuto che la pretesa omessa notifica del verbale di accertamento posto a base della cartella non era sussistente. Tanto in quanto risultava “ritualmente notificato al Sig. C.G. mediante consegna di copia dello stesso verbale” con “la sottoscrizione da parte dello stesso trasgressore, che però aveva omesso di impugnarlo nei termini previsti dalla normativa vigente”.

Per di più il C. -secondo la ratio della impugnata sentenza (in nulla scalfita dal ricorso) – non risulta neppure aver impugnato specificamente il detto documento con la relata di notifica, facente fede fino a querela di falso.

Nè la circostanza che il documento risultava prodotto in copia poteva abilitare l’odierno ricorrente, in assenza di apposita querela, ad una generica impugnazione svolta con clausola di stile (“impugno e contesto”).

Tanto ai sensi di noto orientamento – qui ribadito- di questa Corte.

Al riguardo non possono che richiamarsi, fra le tante pronunce con cui tale orientamento è stato affermato, Cass. 3/4/2014, n. 7775, secondo cui la contestazione della conformità all’originale “va operata -a pena di inefficacia- in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale”, nonchè Cass. 20/2/2018, n. 4053, secondo la quale ” il disconoscimento della conformità all’originale delle copie fotografiche o fotostatiche che, se non contestate, acquistano, ai sensi dell’art. 2719 c.c., la stessa efficacia probatoria dell’originale, è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, deve avvenire, in modo formale e specifico, nella prima udienza o risposta successiva alla produzione”.

Peraltro pure il mero disconoscimento della conformità di una copia fotostatica non impediva comunque al Giudice “di poter accertare la conformità all’originale anche attraverso mezzi di prova, comprese le presunzioni” (da ultimo: Cass. n. 13287/2014, 14950/18).

Peraltro, ancora, nulla adduce parte ricorrente al fine di far ritenere erronea la decisione gravata, fondata sull’applicazione dei principi di cui alle richiamate pronunce di questa Corte n. ri 23174/2006 eZ1259/2016.

Il motivo è, quindi, infondato e va respinto.

2.- Il ricorso va, dunque, rigettato.

3.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

4.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 7 ottobre 2019

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