Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24959 del 23/10/2017

Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.23/10/2017),  n. 24959

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19742/2015 proposto da:

G.D., B.C., in qualità di genitori esercenti

la potestà parentale sul figlio minore G.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LUCA VENTALORO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 30/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

1. la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro, rigettava la domanda proposta da G.D. e B.C., genitori esercenti la potestà sul minore G.P., al fine di ottenere l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 2, a motivo dell’avere il proprio figlio contratto sindrome autistica, asseritamente a causa della somministrazione dei vaccini (antipoliomielite di tipo Sabin, DTP – antidifterica, antitetanica e antipertossica – e MPR – morbillo parotite e rosolia) a lui praticati tra il 1998 e il 2003. La Corte recepiva le conclusioni del nominato c.t.u., che aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra la malattia e le vaccinazioni.

2. Per la cassazione della sentenza G.D. e B.C. propongono ricorso, a fondamento del quale deducono come unico motivo l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio e lamentano che la Corte territoriale abbia ignorato le critiche tecniche mosse alla c.t.u., in relazione alla diagnosi formulata ed alla validità sul piano scientifico delle conclusioni.

3. Ha resistito con controricorso il Ministero della salute.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Considerato che:

2. il ricorso è inammissibile.

La Corte territoriale ha recepito l’analisi e le conclusioni del c.t.u. nominato in grado d’appello, che aveva operato una valutazione complessiva degli elementi acquisiti al giudizio in relazione alla storia clinica del periziato e sulla base dei criteri temporali e della continuità fenomenica, nonchè in considerazione dello stato delle acquisizioni della scienza medica ed epidemiologica, superando anche nella sostanza le osservazioni critiche alla c.t.u.. E’ quindi pervenuta al convincimento che sussista la mera possibilità di una correlazione eziologica tra le vaccinazioni e la malattia, e non un rilevante grado di probabilità scientifica.

2. Deve qui ribadirsi che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124).

3. Nel caso, alle puntuali argomentazioni del c.t.u. di secondo grado, che si sono avvalse anche della letteratura scientifica, i ricorrenti contrappongono altre argomentazioni, desunte da diversa ed ulteriore letteratura scientifica che, pur manifestando l’acceso dibattito che da tempo si registra sulla questione, non rivela acquisizioni ed elementi decisivi al fine di confutare la soluzione da quello adottata.

La Corte territoriale si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, Cass. 19/01/2011 n. 1135, Cass. 29/12/2016 n. 27449, ord.) la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un’ipotesi possibile.

3. Nè risulta decisiva la critica avente ad oggetto la mancata individuazione da parte del c.t.u. di una possibile eziologia alternativa, considerato che la Corte riferisce il passaggio della consulenza ove si ammette che l’eziologia ditale della malattia, così come della stragrande maggioranza dei disturbi mentali, risulta tuttora 1n gran parte sconosciuta. Quanto poi al rapporto della Casa farmaceutica GSK datato 16.12.2001, esso riguarda il vaccino esavalente Infanrix Hexa, che neppure risulta se sia stato somministrato a G.P..

4. Sicchè, il ricorso sollecita in sostanza una rilettura dei dati di causa più coerente con le prospettazioni della parte, e quindi una diversa valutazione di merito, inammissibile in questa sede.

5. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, all’esito della quale le parti non hanno formulato memorie, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

6. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.

7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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