Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24959 del 06/11/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24959 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Monacci Alessandro, elettivamente domiciliato in
Roma Via degli Scipioni 54, presso lo studio
dell’Avv.to Giovanna Fiore, e rappresentato e
difeso dall’Avv.to Alberto Vedrani, in forza di
procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente 205
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 45/08/2008 della Commissione
Tributaria regionale della Toscana, depositata il
16/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/09/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Data pubblicazione: 06/11/2013
Con sentenza n. 45/8/2008 del 17/6/2008, depositata
in data 16/09/2008, la Commissione Tributaria
Regionale della Toscana Sez. 08 respingeva, con
compensazione delle spese di lite, l’appello
proposto, in data 25/10/2007, da Monacci
Alessandro, avverso la decisione n. 23/02/2007
della Commissione Tributaria Provinciale di Lucca,
che aveva respinto i ricorsi riuniti proposti dal
specialista, contro il silenzio rifiuto opposto
dall’Ufficio erariale all’istanza di rimborso
dell’IRAP per gli anni di imposta 1998, 1999 e
2000. La C.T.P. respingeva i ricorsi, ritenendo
esistente
“una sia pure minimale organizzazione
autonoma”,
stante la presenza di beni strumentali.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il
gravame del Monacci, in quanto rilevava che, da un
lato, il contribuente non aveva evidenziato
“la
specializzazione e la minimale strumentazione
necessaria e dallo stesso utilizzata, per
l’esercizio della professione”
e, dall’altro lato,
“le
le spese per gli
quote
di ammortamento,
immobili, i consumi
facevano
“presumere
organizzazione”,
e /e
altre spese sostenute”
i’&.bitena
di un’autng
con conseguente assoggettamento
dell’attività all’IRAP .
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione il Monacci, deducendo due motivi, per
violazione e/o falsa applicazione di norme di
diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c., in relazione
all’art.2697 c.c., avendo i giudici tributari
“omesso di indicare i fatti costitutivi”
posti a
base dell’affermazione in ordine alla esistenza
dell’autonoma organizzazione, e per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa
2
contribuente, esercente l’attività di medico
un punto decisivo della controversia, ex art.360
n.5 c.p.c..
Ha
resistito
l’Agenzia
delle
Entrate
con
controricorso.
Motivi della decisione
Il primo motivo del ricorso, implicante violazione
di norma di diritto, è inammissibile, per mancata
formulazione del quesito di diritto prescritto
pienamente
operante,
trattandosi
di
sentenza
pubblicata nell’anno 2008.
Il quesito di diritto, dovendosi risolvere in una
sintesi logico-giuridica della questione, non
avulsa dai rilevanti elementi fattuali della
fattispecie concreta, non può consistere in una
semplice richiesta di accoglimento del motivo
ovvero nel mero interpello della Corte in ordine
alla fondatezza della propugnata petizione di
principio o della censura così come illustrata
nello svolgimento del motivo, occorrendo che
risulti individuata la discrasia tra la
ratio
decidendi della sentenza impugnata, che deve essere
indicata, ed il diverso principio di diritto da
porre a fondamento della decisione invocata (v.
Cass. SS.UU. 10 settembre 2009, n. 19444 e 14
febbraio 2008, n. 3519). In altri termini il
quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c.
deve comprendere (tanto che la carenza di uno solo
di tali elementi comporta l’inammissibilità del
ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339) sia la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito; sia la sintetica
indicazione della regola di diritto applicata dal
quel giudice; sia ancora la diversa regola di
diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe
3
dall’art.366 bis c.p.c., disposizione questa
dovuta applicare al caso di specie.
Il
secondo
motivo,
implicante
un
vizio
motivazionale, è del pari inammissibile, essendo
stato del tutto omesso il c.d. momento di sintesi,
prescritto sempre dall’art.366 bis c.p.c.. Come già
chiarito da questa Corte a Sezioni Unite (n.
16528/2008), “È
inammissibile, perché privo di
autosufficienza e concretezza,
come richiesto
ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione …, in cui non siano specificamente
indicati i fatti controversi in relazione ai quali
la motivazione si assume carente, né siano indicati
i profili di rilevanza di tali fatti, essendosi il
ricorrente limitato ad enunciare la necessaria
esaustività
della motivazione quale premessa
maggiore del sillogismo che dovrebbe portare alla
soluzione del problema giuridico, senza indicare la
premessa minore (cioè i fatti rilevanti su cui vi
sarebbe stata omissione) e svolgere il successivo
momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale
poter cogliere la fondatezza della censura.”.
La Corte rigetta il ricorso.
Le
spese
processuali,
liquidate
come
in
dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012,
attuativo della prescrizione contenuta nell’art.9,
comma 2 ° , d.l. 1/2012, convertito dalla 1. 271/2012
(Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al rimborso delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi C 1.000,00, a titolo di compensi, oltre
spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
4
dall’art. 366 “bis” cod. proc. civ., il motivo di
Quinta sezione civile, il 26/09/2013.
Il Consi2.
g iere est.
é
., 7
Il Pres dente
23_7P-
7
•