Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24958 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.23/10/2017),  n. 24958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13232/2015 proposto da:

B.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R. GRAZIOLI

LANTE n. 16, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO SCHIAVONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI SIOTTO PINTOR;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29, presso l’avvocatura

Centrale dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e

disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO,

CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 372/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 04/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Cagliari confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta da B.T. al fine di ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla pensione di invalidità civile, revocata in esito a visita di verifica del (OMISSIS). La Corte d’appello recepiva le conclusioni del consulente tecnico nominato in secondo grado, coerenti con quelle cui era pervenuto l’ausiliare nominato dal Tribunale, che aveva concluso che il disturbo schizofrenico cronico riscontrato a carico della ricorrente non comportava un’assoluta inabilità lavorativa.

2. Per la cassazione della sentenza B.T. ha proposto ricorso, a sostegno del quale deduce, come primo motivo, la nullità della sentenza in riferimento all’art. 112 c.p.c. e come secondo motivo l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di considerare la (e di motivare in ordine alla) domanda subordinata formulata per ottenere il diritto all’assegno mensile di assistenza, in relazione al quale il c.t.u. di secondo grado aveva accertato i requisiti sanitari, riscontrando un’ invalidità parziale nella misura dell’80%.

3. L’Inps ha resistito con controricorso; B.T. ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RILEVATO IN DIRITTO

che:

1. il ricorso è inammissibile.

1.1. Ivi si riferisce che la B. davanti al Tribunale di Cagliari aveva impugnato il provvedimento di revoca della pensione di invalidità civile (pg. 2 del ricorso), mentre in grado d’appello aveva chiesto “l’adeguamento di qualsiasi altra provvidenza, ragguagliata allo stato di invalida”.

1.2. La ricorrente richiama quindi correttamente i principi affermati da questa Corte, secondo i quali il giudice di merito, cui l’attore abbia richiesto il riconoscimento del diritto alla pensione d’inabilità della L. 30 marzo 1971, n. 118, ex art. 12, ben può pervenire, in assenza del requisito sanitario per la pensione che sia però sufficiente per la percentuale di invalidità accertata ai fini del beneficio dell’assegno, a riconoscere il diritto a quest’ultimo, per l’implicita inclusione dell’assegno di invalidità in quanto beneficio minore rispetto a quello maggiore espressamente domandato (cfr. Cass. 20/8/2003, n. 12266, Cass. n. 19164/2006, Cass. 17/02/2016, n. 3027).

2. La correttezza di tale premessa in diritto non determina tuttavia la fondatezza del ricorso.

E difatti, l’interesse all’impugnazione non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, bensì deve essere apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile dall’eventuale accoglimento del gravame alla parte (v. ex aliis Cass. n. 15353 del 25/06/2010, Cass. n. 25712 del 04/12/2014 ed anèhe, con riferimento ad un vizio processuale, Cass. n. 8477 del 2015), utilità che deve potere essere desunta dagli elementi che la parte è tenuta ad indicare nel ricorso.

2.1. Nello stesso senso, ed al medesimo fine della necessaria funzionalizzazione del ricorso ad un risultato favorevole, la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che prevede come quinto motivo di ricorso per cassazione l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, onera il ricorrente di indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – anche la decisività dell’esame omesso ai fini di pervenire ad un diverso risultato decisorio (così Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014 e successive conformi).

2.2. Con specifico riferimento alla questione in oggetto, è stato evidenziato (v. Cass. ord., n. 3027 del 17/02/2016, n. 20257 del 07/10/2016) che, per stabilire se il giudice investito della domanda di pensione, anche in mancanza di espressa richiesta dell’interessato, possa riconoscere al richiedente l’assegno di invalidità (in quanto, come detto, implicitamente compreso nella più ampia domanda di pensione), occorre verificare se nella fattispecie concreta ricorrano i peculiari requisiti socioeconomici richiesti dalla legge per l’assegno, in relazione alla cui sussistenza non si sia formato un giudicato implicito. In materia di pensione d’ inabilità o di assegno d’invalidità, rispettivamente previsti, a favore degli invalidi civili (totali o parziali) dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, il cosiddetto requisito economico e, per l’assegno, il requisito dell’incollocazione (e, a far data dall’entrata in vigore della L. n. 247 del 2007, il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa) integrano infatti elementi costitutivi della domanda, sicchè la deduzione e la prova del loro possesso costituiscono onere del ricorrente.

2.3. La ricorrente non ha dedotto tuttavia nel caso di possedere, nè di avere allegato e documentato in sede di merito possedere, i requisiti giuridico-economici per l’assegno di invalidità, limitandosi ad incentrare le proprie argomentazioni sulla sussistenza del requisito sanitario. Le doglianze formulate risultano così inammissibili, in quanto non sono stati prospettati gli elementi dai quali desumere il risultato favorevole che la ricorrente potrebbe ottenere dall’accoglimento del ricorso per cassazione, ovvero l’accoglimento della domanda subordinata avente ad oggetto il suddetto assegno.

3. Nella memoria depositata la ricorrente riferisce di avere allegato sin dal ricorso di primo grado “idonei certificati di natura reddituale”, che elenca. Tuttavia, a prescindere dall’idoneità e sufficienza o meno di dette certificazioni ai fini di causa (si tratta infatti per gli anni dal 2009 di dichiarazioni emesse dall’interessata sotto la propria penale responsabilità, che possono assumere valore in sede amministrativa, ma non in giudizio, v. Cass. 05/05/2016 n. 9010, Cass. S.u. n. 5167 del 2003; n. 2872 del 2001; n. 10153 del 1998), va osservato che, nel giudizio di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c. e con quelle omologhe di cui all’art. 380-bis c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, nè, tanto meno, dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte in considerazione dell’esigenza per quest’ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facoltà di replica (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 15 maggio 2006, n. 11097, Cass. 22/02/2016 n. 3471). Inammissibile ampliamento dei temi dibattuti che, nel caso, è stato realizzato in tale sede, proponendosi il ricorrente di ovviare alle rilevate lacune del ricorso.

4. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1 e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in Camera di consiglio.

5. Le spese del presente giudizio vanno dichiarate non ripetibili, in virtù della dichiarazione resa dalla ricorrente (di cui riferisce anche la Corte d’appello) ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c..

6. La ricorrente, in quanto ammessa in cassazione al patrocinio a spese dello Stato, non è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. n. 18523 del 02/09/2014, n. 7368 del 22/03/2017).

7. Non può infine provvedersi alla liquidazione delle competenze professionali al difensore della parte ricorrente, così come richiesto dal difensore, in quanto, secondo la disciplina di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la competenza sulla liquidazione degli onorari al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 del suddetto decreto, come modificato dalla L. 24 febbraio 2005, n. 25, art. 3, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione (Cass. n. 23007 del 12/11/2010, n. 11028 del 13/05/2009, n. 22616 del 02/12/2004).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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