Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24958 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/09/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29187/2015 proposto da:

ASL NAPOLI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato MARCO SQUICQUERO, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

P.D., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della società in accomandita semplice LABORATORIO

ANALISI CLINICHE G.M. DI P.D. s.a.s.,

domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR ,presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSARIO

FRANCESCO CRUDO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4794/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/06/2015 R.G.N. 4650/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/04/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 4794/2015, ha rigettato l’impugnazione proposta dall’ASL Napoli (OMISSIS), nei confronti di P.D. (in proprio e nella qualità di legale rappresentante del Laboratorio di Analisi Cliniche G.M. di D.P. s.a.s.), avverso la sentenza del Tribunale giudice del lavoro della stessa sede che aveva accolto la domanda proposta dalle citate parti appellate al fine di ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’ASL NA (OMISSIS) di corrispondere, per tutte le prestazioni ricevute dal ” Laboratorio di Analisi Cliniche G.M. di D.P. s.a.s.”, il contributo ENPAB del 2% per la quota della società facente capo a P.D., biologo iscritto all’ENPAB, con condanna della detta ASL al pagamento della somma di Euro 10.488,22 corrispondente a quanto dovuto al biologo per il mancato versamento del contributo integrativo maturato sulle prestazioni rese e relativi accessori;

la Corte territoriale ha individuato il quadro normativo di riferimento nel D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e nell’art. 4 del Regolamento di disciplina delle Funzioni di Previdenza dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Biologi ed ha accertato che il P. esercita la professione di biologo nell’ambito del Laboratorio di Analisi Cliniche G.M. di D.P. s.a.s., in regime di convenzione con ASL NA (OMISSIS), essendone socio;

la questione relativa all’obbligo dell’ASL di versare il contributo integrativo è stata risolta nel senso di ritenere l’ASL obbligata a tale versamento in applicazione del D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8;

avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione ASL Napoli (OMISSIS) sulla base di due motivi, successivamente illustrati da memoria: 1) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e dell’art. 4, comma 1, del Regolamento attuativo, in ragione del fatto che da tali disposizioni si evincerebbe che l’obbligo di versamento del contributo previdenziale in questione si esaurisce nell’ambito del rapporto tra professionista iscritto e società cui lo stesso partecipa ed in favore della quale presta la propria attività; 2) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che si ravvisa nella mancata considerazione del fatto che nessun rapporto esisteva tra il professionista e l’ASL;

resiste, con controricorso tardivamente notificato e con successiva memoria, P.D. anche nella qualità di legale rappresentante della società.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, deve darsi atto che il controricorso, come esplicitamente riportato nella sua intestazione, è stato notificato tardivamente (in data 13 aprile 2019), a fronte della notifica del ricorso avvenuta il 7 dicembre 2015, oltre i venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso ai sensi dell’art. 370 c.p.c.;

tuttavia, occorre tener conto che si tratta di giudizio iniziato antecedentemente alla introduzione del nuovo regime delle decisioni presso la Corte di Cassazione, ad opera del D.L. n. 168 del 2016, e della L. n. 197 del 2016 di conversione del medesimo Decreto Legge;

a tal proposito, si è consolidato il principio secondo cui in tema di rito camerale di legittimità di cui alla L. n. 197 del 2016, art. 1-bis, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 168 del 2016, applicabile, ai sensi del comma 2 della stessa norma, anche ai ricorsi depositati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza o l’adunanza in Camera di consiglio, alle parti costituitesi tardivamente nei corrispondenti giudizi deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost., oltre che dell’art. 6 CEDU” (Cass. 27 febbraio 2017, n. 4906 e successive conformi);

deve, quindi, ritenersi ammissibile il deposito della memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.;

la medesima contiene l’indicazione dell’esistenza della sentenza n. 29352 del 2009, passata in giudicato, emessa dal Tribunale di Napoli con la quale sarebbe stato affermato l’obbligo dell’ASL Napoli (OMISSIS) di versare al medesimo P.D. le somme corrispondenti al contributo integrativo relativo al periodo dicembre 2000 – dicembre 2007; tale eccezione non è tuttavia sufficientemente specifica in quanto la parte propone l’eccezione di giudicato esterno (derivante da sentenza risalente addirittura ad epoca antecedente all’introduzione del presente giudizio) e senza che la sentenza qui impugnata affronti la questione, senza riportare il contenuto testuale di tale decisione e senza neppure allegarne copia; secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 28247 del 2013), l’eccezione di giudicato esterno, rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, postula, ove sia formulata dalla parte, che quest’ultima, giusta l’art. 2697 c.c., comma 2, non si limiti alla mera allegazione della decisione da cui intenda trarre giovamento, ma deduca in modo specifico ed autosufficiente, che la materia del contendere oggetto del processo in corso sia coperta, in tutto o in parte, dal giudicato formatosi in altro, precedente giudizio;

i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati in continuità con le decisioni assunte da Cassazione n. 2236 del 30 gennaio 2020, Cass. 2850 del 2020 e Cass. n. 22404 del 2020, che hanno esaminato fattispecie del tutto analoghe alla presente; contrariamente all’assunto svolto da ASL Napoli (OMISSIS), infatti, è la disciplina, inderogabile, dell’obbligazione contributiva relativa al rapporto assicurativo obbligatorio che regola la concreta fattispecie dedotta in causa senza che assuma rilevanza il dato che la pretesa fatta valere dai ricorrenti sia ancorata anche agli obblighi derivanti dalla convenzione intercorsa tra le parti;

la ricorrente, sostanzialmente, addebita alla sentenza impugnata una errata interpretazione del quadro normativo al cui interno si colloca la fattispecie che attiene alla individuazione del soggetto effettivamente gravato dell’obbligo di versare all’Ente di Previdenza per i biologi il contributo integrativo previsto dal D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e dall’art. 4 del Regolamento ENPAB;

va ribadito che la privatizzazione degli enti previdenziali dei liberi professionisti fu disposta dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537 (art. 10, commi 32 e 33) ed attuata con il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ed il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103;

in particolare, il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1, ha assoggettato a trasformazione in associazioni o in fondazioni di diritto privato molteplici enti pubblici gestori, regolando tale processo di privatizzazione con la previsione di apposita deliberazione dei competenti organi di ciascun ente, imponendo l’assenza di finanziamenti pubblici o altri sostegni pubblici di carattere finanziario;

Corte Cost., 18 luglio 1997, n. 248 e 5 febbraio 1999, n. 15, hanno precisato che tale processo di trasformazione non ha dato luogo ad una privatizzazione sostanziale, essendo rimasto immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dagli enti privatizzati, “articolandosi sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi”;

in tale contesto va letto il D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8, che nella versione originaria, per quanto qui di interesse, prevede: “1. (…) 2. Gli iscritti agli albi o elenchi (…) sono tenuti a presentare domanda di iscrizione alla gestione o ente previdenziale secondo le modalità rispettivamente previste per esse e ad effettuare i relativi adempimenti contributivi, ivi compreso il contributo integrativo a carico dell’utenza, nelle misure e alle scadenze stabilite. 3. Il contributo integrativo a carico di coloro che si avvalgono delle attività professionali degli iscritti è fissato nella misura del 2 per cento del fatturato lordo ed è riscosso direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento previa evidenziazione del relativo importo sulla fattura”;

ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di disciplina della funzione di previdenza adottato dall’ENPAB vigente ratione temporis: “Gli iscritti all’Ente devono applicare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi che concorrono a formare il reddito imponibile dell’attività autonoma di libera professione, conseguito anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, e devono versare all’Ente il relativo ammontare, indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito colui che si avvale dell’attività professionale. La maggiorazione è ripetibile nei confronti di quest’ultimo;

le Associazioni Professionali e le Società alle quali partecipa un iscritto all’Ente devono applicare la maggiorazione per la quota di competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente;

l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto stesso (…)”;

da quanto sin qui esposto, emerge con particolare evidenza che la riscossione da parte del professionista del contributo integrativo, pari al due per cento del fatturato da porre a carico dell’utenza mediante evidenza in fattura, deriva direttamente dalla legge e tale disposizione è chiaramente rivolta a chiunque si trovi nella situazione descritta. Inoltre, la disposizione regolamentare, contenente la ulteriore disciplina del sistema di riscossione del contributo, laddove l’attività professionale sia resa in forma associata o societaria, realizza una legittima applicazione del potere regolamentare previsto del citato D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 6;

come questa Corte di legittimità ha più volte affermato (vd. da ultimo Cass. n. 4608 del 2019 e le pronunce ivi richiamate) il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal D.Lgs. n. 594 del 1994 e dal D.Lgs. n. 103 del 1996, realizza, nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, lo scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12), senza il concorso finanziario da parte dello Stato;

l’attribuzione di autonomia gestionale, organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti “alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1), garantisce ai nuovi soggetti autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, comma 4) ed il finanziamento attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, commi 1 e 3), pur permanendo, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3);

con l’entrata in vigore della L. n. 133 del 2011, i contributi integrativi, posti appunto a carico di chi si avvale delle attività professionali degli iscritti, sono imposti nella misura fissata mediante Delibera delle casse o enti di previdenza competenti, approvata dai Ministeri vigilanti, in misura percentuale rispetto al fatturato lordo e sono riscossi direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento, previa evidenziazione del relativo importo nella fattura;

la legge suddetta ha pure previsto che, al fine di migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti alle casse o enti di cui al presente decreto legislativo e a quelli di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, che adottano il sistema di calcolo contributivo è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all’incremento dei montanti individuali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti medesimi, previa Delibera degli organismi competenti e secondo le procedure stabilite dalla legislazione vigente e dai rispettivi statuti e regolamenti;

se questo e’, in sintesi, il peculiare ambito normativo che connota il rapporto previdenziale intercorrente, in generale, tra biologo ed Enpab, è evidente, che ipotizzare, come impone la tesi seguita dalla ricorrente, che la regola generale della riscossione del contributo integrativo a carico dell’utenza non si debba applicare laddove la prestazione del biologo sia resa quale socio di società accreditata presso l’Azienda sanitaria, non risponde né al dato testuale delle norme sopra riportate e neanche ad una logica di equa distribuzione degli obblighi contributivi tra gli iscritti all’Ente di previdenza che e’, invece, punto essenziale della solidarietà categoriale; senza alcuna giustificazione, infatti, il biologo socio o associato si troverebbe gravato di oneri contributivi maggiori rispetto ai colleghi non associati pur fruendo delle medesime prestazioni previdenziali;

in realtà l’autonomia soggettiva della società professionale o dell’associazione non incide sul rapporto previdenziale intercorrente tra l’iscritto e l’Ente ed il vincolo associativo (o societario) riverbera solo sulle concrete modalità di calcolo dell’importo contributivo dovuto, come fatto palese dal disposto dell’art. 8 del Reg. citato che dispone che l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto stesso;

la regolamentazione contributiva appena descritta non soffre, dunque, di alcuna lacuna, per cui non vi è spazio per interpretazioni analogiche o solo estensive che attingano al disposto della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39;

tali disposizioni, peraltro, non condividono la ratio di quelle sopra applicate. Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 10959 del 2018; Cass. n. 11257 del 2016; Cass. n. 11591 del 2016) esse sono relative alle società professionali mediche od odontoiatriche ed quelle di capitali ed attribuiscono a ciascun medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”: si è ritenuta la portata specifica della disposizione nel senso che la stessa impone una lettura appropriata e tecnica della parola “fatturato”, giacché essa non avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società;

l’intento teleologico della norma in esame conferma che la L. n. 243 del 2004, è intervenuta a colmare una lacuna normativa (l’assoggettamento a contribuzione delle attività dei medici specialisti esterni operanti in strutture societarie), attraverso la previsione del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle società, in qualsiasi forma costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei confronti del Servizio pubblico. Si è voluto così evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale;

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese, tenuto conto che l’attività difensiva svolta si è limitata alla sola memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1200,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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