Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24957 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 20/09/2017, dep.23/10/2017),  n. 24957

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10527/2016 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA n.

251, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRILLO, rappresentata e

difeso dall’avvocato SALVATORE BURRASCANO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CLEMENTINA PULLI,

EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI;

– controricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 562/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 16/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina rigettava il gravame dell’INPS avverso la decisione di primo grado che aveva dichiarato L.M. invalida civile nella misura di legge e disposto la condanna dell’istituto alla corresponsione, in favore della predetta, dell’assegno di invalidità con decorrenza dal 1.9.2009;

che la Corte rilevava che il Ctu officiato in secondo grado aveva confermato le conclusioni medico legali di quello di primo grado quanto alla sussistenza dello stato di invalidità (ritenendo, anzi, che questo dovesse retrodatarsi all’agosto 2008), e che pertanto la sentenza meritava conferma, nulla avendo contestato l’appellato in ordine alla decorrenza e quanto alle spese di secondo grado osservando che un criterio di equità, in rapporto alla collocazione dell’insorgenza dello stato invalidante in epoca contemporanea alla instaurazione del giudizio di primo grado, ne giustificava l’integrale compensazione;

che di tale decisione chiede la cassazione parziale la L., affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso, laddove il MEF è rimasto intimato;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che viene denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, rilevandosi: che la compensazione delle spese del giudizio di gravame era stata disposta in assenza di soccombenza reciproca e al di fuori del principio di causalità che doveva regolarne l’attribuzione in favore della parte vittoriosa, che non aveva dato causa al processo o al suo protrarsi; che, di fronte all’acquiescenza dell’appellata sulle statuizioni contenute nella sentenza gravata non poteva aversi riguardo all’esito complessivo della lite e non erano ravvisabili le indicate ragioni di equità, dal che doveva ritenersi che fosse stato violato il criterio della soccombenza reciproca che doveva essere sotteso alla disposta compensazione; che analogamente i giusti motivi alternativamente previsti dalla norma quale fondamento della compensazione delle spese non potevano essere desunti dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato, nè da particolari disposizioni che lo regolavano, laddove risultava incontrovertibile la chiara violazione di legge per effetto della mancanza di ogni motivazione in considerazione della totale conferma della sentenza appellata;

3. che ritiene il Collegio si debba pervenire all’accoglimento del ricorso;

4. che, in tema di spese giudiziali, i giusti motivi da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza dei quali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, applicabile ratione temporis), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, non possono essere tratti dal tipo di procedimento contenzioso applicato nè dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano o dalla semplicità della materia del contendere o, genericamente, dalla natura della lite, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (cfr. Cass. 15.12.11 n. 26987; Cass. 13.7.11 n. 15413) e che, diversamente, la compensazione delle spese si tradurrebbe – in specie ove l’importo delle spese sia prossimo a quello del danno economico che la parte abbia inteso evitare facendo valere innanzi al giudice un proprio diritto – in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del diritto di agire in giudizio e di difendersi ex ad. 24 Cost. (cfr. Cass. 20188/2013, che richiama Cass. 10.6.11 n. 12893);

5. che, nella specie, il giudice del gravame ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite del secondo grado con riferimento a ragioni di equità riconducibili alla data di accertata sussistenza del requisito sanitario, con ciò non potendo ritenersi conforme a legge la motivazione della compensazione, atteso che rispetto al devolutum (l’INPS aveva contestato il requisito sanitario) non è sufficiente richiamare le ragioni che già avevano indotto alla compensazione delle spese di primo grado, ossia la decorrenza della prestazione da epoca successiva a quella della domanda amministrativa (peraltro, nella specie il CTU aveva rilevato che lo stato invalidante era sussistente nella misura di legge anche da epoca antecedente a quella accertata in primo grado), nè l’esito complessivo della lite, in ragione della sostanziale conferma di quanto già statuito in prime cure;

6. che, in particolare, proprio con riguardo alla formulazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), (applicabile ratione temporis per essere il ricorso introduttivo del 20.2.2009), è stato, ad esempio, osservato che la norma dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o sussistono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione e che ciò non accade quando la compensazione si basi sulla “fattispecie concreta nel suo complesso”, in quanto tale formula è del tutto criptica e non consente il controllo sulla motivazione e sulla congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione (cfr. in tali termini Cass., sez. 118.2.2007 n. 26673);

7. che nel caso considerato dalla motivazione e ricostruzione del fatto contenute nella sentenza impugnata non emergono elementi di coerenza e compatibilità con una totale compensazione delle spese di lite, decisione che, assumendo una funzione accessoria rispetto a quella che definisce il giudizio, deve necessariamente valutarsi in stretta correlazione con la motivazione che sorregge la decisione di merito;

8. che, pertanto, considerate le circostanze cui si è fatto richiamo, relative alla infondatezza dei motivi di gravame proposti dall’INPS e alla carenza di ogni altra argomentazione plausibile riferita al caso concreto, risulta non conforme a tali principi la disposta compensazione, per la mancata coerenza della stessa con il tenore della decisione (cfr., da ultimo, in termini, Cass. 15.9.2016 n. 18156);

9. che per tutto quanto sopra considerato, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va accolto e a ciò consegue la cassazione della decisione impugnata in relazione al capo sulle spese con rinvio alla Corte di appello per nuova statuizione sulle spese alla luce dei principi richiamati.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata in relazione al capo sulle spese e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Messina in diversa composizione.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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