Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24957 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 10/10/2018), n.24957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17424-2014 proposto da:

COMUNE DI RIMINI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE DEL

GALLO 6, presso l’avvocato RAFFAELLA ARCANGELI, rappresentato e

difeso dagli avvocati WILMA MARINA BERNARDI, RAFFAELLA ARCANGELI ed

ALBERTO ARCANGELI;

– ricorrente –

contro

TOPAZIO DI S.T. & C. SAS, elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO MANTERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di BOLOGNA n. 648/2014,

pubblicata il 28 febbraio 2014, notificata il 6 maggio 2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 aprile 2018 dal Dott. DARIO CAVALLARI.

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Comune di Rimini ha convenuto davanti al Tribunale di Rimini, con atto di citazione notificato il 28 settembre 2000, la Topazio sas di F.G. & C. al fine di ottenere la restituzione delle “aree in fregio” detenute sine titulo ed il pagamento dei canoni pregressi e futuri dovuti per l’abusiva occupazione, oltre al risarcimento dei danni.

La società convenuta si è costituita e ha chiesto in via riconvenzionale l’accertamento dell’intervenuta usucapione della proprietà dell’area in questione.

Il Tribunale di Rimini, istruita la causa a mezzo testi e Ctu, con sentenza n. 498/2007, ha accolto la domanda riconvenzionale della società convenuta e respinto le domande del Comune di Rimini.

Il Comune di Rimini ha proposto appello con atto di citazione notificato il 20 giugno 2008.

La Corte di Appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 648/2014, ha respinto l’appello.

Il Comune di Rimini ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

La TOPAZIO DI S.T. & C. sas ha resistito con controricorso.

1. Con il primo ed il secondo motivo che, stante la stretta connessione, vanno trattati congiuntamente, il Comune di Rimini lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1141 e 1158 c.c. poichè la corte territoriale avrebbe errato nel rinvenire una interversione del possesso nella semplice mancata restituzione dell’area dopo la cessazione del rapporto concessorio intercorso fra il medesimo Comune e la società controricorrente ed avrebbe male interpretato la missiva del (OMISSIS) inviata dall’allora proprietario dell’albergo che occupava il terreno di causa, con la quale questi aveva riconosciuto il diritto di proprietà di parte ricorrente.

La doglianza è fondata.

Ai sensi dell’art. 1141 c.c., comma 2, “Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finchè il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore”.

Questa disposizione disciplina la cd. interversione nel possesso.

Per costante giurisprudenza, detta interversione non può avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad avvalersene esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione dell’animus rem sibi habendi al precedente animus detinendi.

Tale manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia messo in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento e, quindi, tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua. Sono inidonee, perciò, condotte che si traducano nell’inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, trattandosi di una ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, o che si sostanzino in un mero esercizio del possesso, venendo in rilievo, nella specie, un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene (Cass., Sez. 2, n. 2392 del 29 gennaio 2009).

In particolare, la presunzione di possesso utile ad usucapionem ex art. 1141 c.c. non opera quando la relazione con la cosa consegua non ad un atto volontario d’apprensione, ma ad un atto o ad un fatto del proprietario – possessore, poichè l’attività del soggetto che dispone della cosa (configurabile come semplice detenzione o precario) non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario. In tale ipotesi, la detenzione non qualificata di un bene immobile può mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione idoneo ad escludere che il persistente godimento sia fondato sul consenso, sia pure implicito, del proprietario concedente. Pertanto, la Suprema Corte ha escluso il verificarsi dell’acquisto per usucapione d’immobile goduto in comodato precario per ragioni di servizio e non restituito al proprietario dopo la cessazione dell’attività oggetto del rapporto lavorativo, osservando che, nel caso, il mutamento dell’originaria detenzione in possesso non poteva con certezza ed in modo inequivoco desumersi, come viceversa sostenuto dal ricorrente, dalla mancata restituzione delle chiavi. (Cass., Sez. 2, n. 5551 del 15 marzo 2005).

Allo stesso modo, la giurisprudenza di legittimità ha negato che l’interversione del possesso, da parte del locatario di un immobile, potesse derivare dalla volontaria e prolungata inadempienza al pagamento del canone (Cass., Sez. 2, n. 2392 del 29 gennaio 2009). Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto che il semplice rifiuto di rendere indietro l’area occupata comportasse di per sè interversione del possesso, chiarendo che esso non costituiva “un mero inadempimento, derivante dalla situazione di vantaggio nella quale si trovava il M., avendo la materiale disponibilità del terreno, ma…una opposizione esplicita alla riconsegna, talmente inequivocabile da indurre il proprietario a decidere di promuovere un giudizio” per ottenere la riconsegna del terreno.

Il giudice del merito ha, quindi, male applicato i principi sopra esposti, poichè non ha considerato che non basta, per realizzare una interversione del possesso, una semplice opposizione alla restituzione, la quale integra semplicemente un inadempimento e ha carattere equivoco perchè potrebbe essere finalizzata a sfruttare l’immobile per un tempo ulteriore rispetto a quanto pattuito, ma occorre un rifiuto che non solo deve essere espresso, ma, inoltre, deve contestare, in termini inequivoci, il diritto del proprietario possessore e manifestare la volontà di tenere la res come propria (Cass., Sez. 2, n. 5419 dell’8 marzo 2011).

In particolare, non assume rilievo che, dopo il rifiuto della riconsegna, il proprietario decida di agire in giudizio per riottenere il bene in quanto questa reazione è perfettamente compatibile con l’esistenza di un semplice inadempimento dell’obbligazione restitutoria conseguente alla cessazione del rapporto concessorio.

Neppure ha pregio la circostanza che l’area fosse stata recintata ed adibita a parcheggio dell’albergo, considerato che si tratta di condotta verificatasi prima della scadenza della concessione e perfettamente compatibile con il contenuto della stessa.

2. Il terzo motivo, concernente la rinunzia ad avvalersi della usucapione, non deve essere esaminato, essendo stato proposto in via subordinata rispetto ai primi due.

3. Il ricorso deve essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna affinchè decida la causa nel merito anche con riferimento alle spese di lite.

PQM

La Corte,

accoglie il 1^ ed il 2^ motivo di ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna affinchè decida la causa nel merito anche in ordine alle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione 2^ Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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