Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24957 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 07/10/2019), n.24957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso ricorso 27512-2017 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

130, presso lo studio dell’avvocato FUSA NERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCELLO LUCERA;

– ricorrente –

contro

A.G. SPA, in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35,

presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIAN LUIGI MEDICI;

– controricorrente –

contro

TI.ST., N.C., N.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1661/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

T.R. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Prato, N.B. e la Genertel S.p.A. richiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale verificatosi il 26 ottobre 2002,quando, alla guida di uno scooter di proprietà del figlio G., si era scontrato con l’autovettura condotta dal proprietario N., che si sarebbe improvvisamente spostato dalla fila di destra “per sorpassare e portarsi a sinistra per poi (certamente) girare in una strada laterale”. Costituitasi la compagnia contestava la fondatezza della pretesa;

nella contumacia di N.B., il Tribunale di Prato, con sentenza del 14 marzo 2011 riteneva sussistente una responsabilità paritaria del T. e del N., accogliendo in questi termini la domanda;

avverso tale decisione interponeva appello T.R. invocando la parziale riforma della decisione. Si costituiva Genertel S.p.A. chiedendo il rigetto della impugnazione. Non si costituivano gli eredi di N., nelle more del giudizio deceduto;

la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 14 ottobre 2016 rigettava l’appello condannando T. al pagamento delle spese processuali;

avverso tale decisione quest’ultimo propone ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso Genertel S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO

che:

sì deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento all’art. 161 c.p.c. perchè affetta da vizi logico-giuridici. La Corte territoriale avrebbe erroneamente valutato i dati fattuali e le testimonianze che presentavano, invece, elementi di assoluta chiarezza e linearità. Sia con riferimento all’ubicazione dei mezzi, che al contenuto del rapporto della polizia stradale di Prato, con specifico riferimento allo schizzo planimetrico ritenuto assolutamente insufficiente e redatto in maniera favorevole al N.. Nello stesso modo sarebbero inattendibili, pretestuose e false le dichiarazioni rese da quest’ultimo nell’immediatezza. Al contrario sarebbero errate, contraddittorie e illogiche le valutazioni operate dalla Corte territoriale riguardo all’attendibilità del teste Giglioni, perchè contrarie alle complessive risultanze processuali.

L’affermazione di scarsa verosimiglianza della testimonianza sarebbe errata perchè fondata -a sua volta- su circostanze non veritiere e non logiche;

oltre all’errata indicazione della sentenza impugnata (che è quella della Corte d’Appello Firenze del 14 ottobre 2016), il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. perchè la sentenza è stata decisa in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità e il motivo non contiene significativi elementi di senso contrario;

inoltre, la dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, si fonda, in realtà, su censure di merito (pagina 5-6 del ricorso), dedotte in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (pagina 5 e seguenti) riguardo al contenuto della dichiarazione testimoniale censurata (Giglioni) e al rapporto della Polstrada;

il motivo si traduce in un rilievo relativo alla logicità e contraddittorietà della sentenza (pagina 7 del ricorso), non consentito dal testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (peraltro, non richiamato) e contesta il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni testimoniali, che è di esclusiva pertinenza del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione, se adeguatamente motivato (nel caso di specie la motivazione è assolutamente puntuale);

anche dopo la novella legislativa resta fermo il principio, già del tutto consolidato (per tutte: Cass. 27 ottobre 2015, n. 21776; Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2015, n. 20412; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 17 novembre 2005, n. 23286) dell’esclusione del potere di questa Corte di legittimità di riesaminare il merito della causa, essendo ad essa consentito, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile): sicchè sarebbe inammissibile (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, non potendo darsi corso ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 21 febbraio 2019.

Depositato in cancelleria il 7 ottobre 2019

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