Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24954 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24954 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 14832-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CS ECTRO IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA S.
NICOLA DE’ CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO PIRON, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIORDANO CLAUDIO giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 06/11/2013

- controri corrente

avverso la sentenza n. 9/2008 della COMM.TRIB.REG. di
VENEZIA, depositata 1’11/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/09/2013 dal Consigliere Dott.

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

FRANCESCO TERRUSI;

14832-08

Svolgimento del processo
L’agenzia

entrate

delle

ha

proposto

ricorso

per

cassazione, deducendo un unico motivo, avverso la sentenza
della commissione tributaria regionale del Veneto,
depositata 1’11-3-2008, che ha ritenuto soggetta a imposta

di registro in misura fissa la sentenza 25-6-2004, n.
2300, con cui il tribunale di Padova, ai sensi dell’art.
67 della l. fall., aveva dichiarato l’inefficacia relativa
di un atto di cessione alla Sie s.r.l. dei crediti vantati
dalla fallita Schiavo costruzioni s.p.a. nei confronti del
consorzio Ectro, e conseguentemente condannato la
cessionaria alla restituzione (alla Concordia s.r.1.,
subentrata al fallimento) della corrispondente somma di
euro 1.016.043,66.
Il consorzio Ectro ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Con l’unico motivo di ricorso, l’ amministrazione
deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della
parte prima della tariffa allegata al t.u. n. 131-1986,
affermando che la sentenza di revocatoria fallimentare va
ritenuta assoggettabile all’imposta di registro in misura
proporzionale.
Il motivo è fondato.
E’ stato difatti da questa corte affermato che, in tema di
imposta di registro, la sentenza che accoglie l’azione
revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti
restituzioni, producendo l’effetto giuridico del recupero

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alla procedura esecutiva di beni che ne erano in
precedenza assenti e realizzando un trasferimento di
ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota
proporzionale ai sensi dell’art. 8, 1 0 co., lett. b),
della prima parte della tariffa, allegata al d.p.r. 26
aprile 1986 n. 131, il quale assoggetta a imposta

proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria
recanti condanna al pagamento di somme o valori
(comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza);
mentre la lett. e) del medesimo articolo, che è norma
speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta
in misura fissa in relazione ai provvedimenti che
dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un
atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di
denaro o beni, o la risoluzione di un contratto in
funzione meramente restitutoria e di ripristino della
situazione patrimoniale anteriore (cfr. Cass. n. 4537-09;
n. 21160-05).
M – A corredo del principio può osservarsi che l’art. 8
della parte prima della tariffa allegata al t.u. n. 1311986 assoggetta a imposta di registro in misura fissa i
provvedimenti giudiziari “non recanti trasferimento,
condanna o accertamento di diritti a contenuto
patrimoniale” (lettera d), mentre assoggetta a imposta
proporzionale i provvedimenti “recanti condanna al
pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla
consegna di beni di qualsiasi natura” (lettera b).

2

In questo senso è indubitabile che la sentenza revocatoria
fallimentare, imponendo al cessionario di un credito di
versare la somma corrispondente al credito ceduto in
consecuzione dell’inefficacia relativa del negozio di
cessione,

esula,

ai

fini

specifici

dell’imposta,

dall’archetipo mero della statuizione di inefficacia nei
dei

creditori

dell’atto

pregiudizievole.

confronti

Contiene invero essa stessa il titolo esecutivo di
condanna quanto al capo concernente le restituzioni.
La sentenza di revocatoria fallimentare, cioè, anche se
oggetto di impugnazione, costituisce titolo esecutivo,
anticipatamente rispetto al suo passaggio in giudicato,
per il capo di condanna alle restituzioni verso la massa
dei creditori, cui sia tenuta la controparte, nonostante
la natura di accertamento costitutivo in cui tale azione
si sostanzia (v., per tutte, Cass. n. 16737-11).
Non giovano i riferimenti giurisprudenziali
menzionati nel controricorso.
Viene dal consorzio Ectro innanzi tutto richiamata Cass.
n. 794-89; e viene altresì riferito il principio tratto
dalla remota Cass. n. 435-62.
Ma va obiettato che quest’ultima decisione aveva preso le
mosse dall’ovvio e non contestabile principio per cui,
appunto, la restituzione correlata al buon esito della
revocatoria è tale solo in senso lato, siccome funzionale
alla garanzia dei creditori, al fine di consentire il
successivo esercizio dell’azione esecutiva.

3

Mentre l’altra (Cass. n. 794-89) riguardava il regime
fiscale della transazione con la quale la curatela del
fallimento aveva rinunciato a proporre o a proseguire un’
azione revocatoria fallimentare.
Inoltre

come esattamente messo in luce dalla

giurisprudenza successiva (segnatamente da Cass. n. 21160-

05) – le argomentazioni svolte dai suddetti precedenti (e
in particolare da Cass. n. 794-89) circa la natura della
azione revocatoria fallimentare, non appaiono – attesa la
specificità della norma tributaria – potersi estendere al
di là del caso specifico in cui venga assoggettato a
revocatoria l’atto di trasferimento di un bene considerato
nella sua fisicità (nel caso di specie un immobile).
Al di fuori della suddetta ipotesi non giova affatto, in
materia fiscale, e in vista delle conseguenze che si
intendono trarre, la considerazione che la azione
revocatoria non ha carattere

stricto sensu

restitutorio,

bensì ha la funzione di restaurare l’integrità della
garanzia patrimoniale mediante la dichiarazione di
inefficacia nei confronti dei creditori dell’atto
pregiudizievole (che rimane valido fra le parti), con
l’effetto di rendere possibile l’esecuzione collettiva sul
bene alienato (anziché operarne il ritrasferimento nel
patrimonio del fallito).
Non giova perché, a disparte la generale condivisibilità
del rilievo, visto che oggetto della domanda di
revocatoria fallimentare non è il bene in sé, ma la
reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei

4

creditori mediante l’assoggettabilità a esecuzione, sì da
essere l’azione finalizzata al recupero del bene medesimo
a scopo di successiva liquidazione nell’interesse dei
creditori – tanto che, per esempio, la condanna al
pagamento dell’equivalente monetario ben può essere
pronunciata dal giudice, anche d’ufficio, in ogni caso in

cui risulti impossibile la restituzione del bene, e la
relativa domanda si reputa proponibile per la prima volta
anche nel giudizio d’appello, in quanto non nuova, ma
ricompresa implicitamente nell’azione revocatoria stessa
(v. Cass. n. 14098-09; n. 4478-11) -, vi è che certamente
l’affermazione non rileva laddove l’atto pregiudiziale,
riguardando un negozio di cessione di un credito, postuli
che il suo oggetto (il denaro) sia transitato nel
patrimonio del cessionario con il correlato effetto di
confusione.
In

simile

ipotesi

viene

in

evidenza,

in

esito

all’accoglimento della revocatoria fallimentare del
negozio, non già il bene-denaro, sebbene il credito da
restituzione, rispetto al quale la pronuncia, nel capo che
rileva, è comunque (anche nel senso di cui all’art. 8
della tariffa) di condanna.
IV. – In base agli esposti principi, dunque, l’impugnata
sentenza va cassata.
Non sono necessari ulteriori accertamenti in punto di
fatto.
Invero, il consorzio pone, in fine, una questione relativa
alla tassazione degli interessi dovuti in conseguenza del

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buon esito della revocatoria. Ma, in base alla sentenza,
la stessa non risulta consegnata al giudizio di merito,
quanto alle ragioni spese contro l’avviso di pagamento; e
sul punto il controricorso manca di autosufficienza.
Pertanto la corte può decidere la causa anche nel merito,

l’avviso di pagamento.
V. – L’intrinseca difficoltà della sottostante questione
giuridica, oggetto di non uniformi arresti
giurisprudenziali all’epoca di insorgenza della lite,
giustifica la compensazione delle spese processuali.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza
e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione
originariamente proposta contro l’avviso di pagamento;
compensa le spese dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 19 settembre 2013.
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rigettando il ricorso originariamente proposto contro

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