Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24953 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28959-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

ASL/(OMISSIS) MONDOVI’ CEVA, in persona del Direttore Generale e

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PIERLUIGI DA PALESTRINA 63 presso lo studio dell’avvocato CONTALDI

MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato POGGIO

DIEGO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 07/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il resistente l’Avvocato CONTALDI MARIO, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA VINCENZO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 12.11.2007 è stato notificato alla “ASL n. (OMISSIS) Mondovì- Ceva”, un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale descritta in epigrafe (depositata 7.12.2006) che ha accolto il ricorso proposto dalla predetta ASL contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo n. 17/3/2005 che aveva disatteso il ricorso proposto dalla ASL medesima contro il provvedimento di diniego di rimborso di IRPEG relativa agli anni dal 1999 al 2002 a seguito di istanza di rimborso datata 19.5.2004.

La intimata si è difesa con controricorso.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 26 ottobre 2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso 2. I fatti di causa.

L’assunto di indebito versamento dell’IRPEG per i menzionati periodi di imposta si fonda sulla tesi secondo cui il reddito fondiario degli immobili strumentali di proprietà della ASL non rientra a comporre l’imponibile IRPEG, alla luce del disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 40 e 80 – TUIR (oggi divenuti artt. 43 e 74), appunto perchè essi immobili – pur funzionali all’esercizio di una attività non commerciale – restano comunque funzionali all’esercizio di una attività (diversa) soggetta ad IRPEG, sicchè il reddito che essi producono deve essere tassato con lo stesso regime di quello afferente l’attività esercita, e non già in ragione del valore catastalmente determinato.

Da qui l’istanza di rimborso a cui è stato opposto il silenzio- rifiuto poi impugnato avanti alla CTP di Cuneo.

La sentenza di rigetto del ricorso di primo grado è stata impugnata dalla ASL con appello che è stato accolto da parte della CTR Piemonte.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che tra le due diverse tesi interpretative in ordine al combinato disposto delle norme dianzi richiamate è senz’altro preferibile quella di parte contribuente, atteso il chiaro disposto dell’art. 40 TUIR che esclude la tassazione come redditi fondiari dei beni strumentali, sia per le attività commerciali che per le arti e professioni. Il collegamento strumentale degli immobili rispetto alle attività istituzionali espletate dalla ASL costituisce idonea giustificazione della applicazione della medesima regola pure nella specie qui in esame, anche per evitare discriminazioni rispetto alle attività che – nel medesimo settore – vengono esercitate sotto forma di imprese commerciali.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre motivi d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 220.000,00 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 34, 40, 49, 88 e 108, anche in combinato disposto” (assistito da idoneo quesito di diritto).

La ricorrente si duole – in sostanza – dell’erronea interpretazione fatta dal giudice di merito in ordine alla correlazione tra il disposto degli artt. 40 e 88 del TUIR, evidenziando in contrario che essa si fonda sull’erronea lettura dell’art. 40 il quale si riferisce soltanto agli immobili strumentali all’esercizio di attività commerciale o artistico-professionali (quale oggettivamente non è quella esercitata dalle ASL).

D’altronde, solo il bene strumentale ad una attività che produce utile non può (appunto perchè fattore della produzione) produrre anche reddito catastalmente determinato mentre, ove vi sia un soggetto (come la ASL) che svolge un’attività cui non consegue utile, gli immobili strumentali a detta attività non possono che essere tassati sulla scorta del reddito fondiario.

Il motivo è fondato (ed assorbente degli altri), alla luce del principio già enucleato da questa Corte, dal quale questo Collegio non ritiene di discostarsi non essendo stati forniti idonei motivi in tal senso.

Infatti, con le recenti Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12773 del 10/06/2011; Cass. n. 19138 del 2010; Cass. n. 28176 del 2008; Cass. 17089 del 2009, questa Corte ha chiarito che:

“In tema di Irpeg, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 2, lett. c), dispone che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in reddito d’impresa del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 40, comma 1, con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone l’art. 108 del D.P.R. citato”.

In effetti, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 2, lett. c), gli enti pubblici residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale sono soggetti ad IRPEG. Tuttavia, “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali”, non costituisce esercizio di attività commerciale (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, comma 2, lett. c) e, quindi, è sottratto relativo prelievo IRPEG. Pertanto, in relazione a tali attività, non si pone il problema della qualifica del reddito “degli immobili relativi ad imprese commerciali”, reddito che secondo il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40, comma 1, non va considerato come fondiario ma v segue il regime del reddito di impresa.

Però, se, come nella specie, non c’è reddito di impresa, perchè non c’è una attività commerciale riconosciuta come tale ai fini fiscali (art. 88 cit.), sulla cui produzione in genere viene effettuato il prelievo fiscale, manca il presupposto per la “trasformazione” del reddito fondiario in reddito di impresa. Non si verifica, cioè, quella specie di “fusione per incorporazione” del reddito fondiario nel reddito di impresa e, quindi, il primo mantiene la sua autonomia impositiva.

Pertanto, come dispone specificamente il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108 (T.U.I.R.), il reddito degli enti pubblici non commerciali va ricostruito in maniera “atomistica”, proprio per evitare contaminazioni tra i diversi tipi di reddito che non possono poi confluire nell’unica categoria del reddito di impresa, dovendosi rispettare le esclusioni sancite dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, (T.U.I.R.). Infatti, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108 (T.U.I.R.). “Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lett. c) del dell’art. 87, comma 1, è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi”.

In definitiva, nella specie manca il presupposto per l’applicazione dell’art. 40, proprio perchè l’attività svolta dall’ULSS non costituisce esercizio di attività commerciale. Trattasi, invece di attività svolta da un ente non commerciale di cui del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), (T.U.I.R.), il cui reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone il citato art. 108.

D’altra parte, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40 (T.U.I.R.), in quanto deroga alla disciplina generale in materia di reddito fondiario, è norma speciale che non può trovare applicazione analogica in relazione agli immobili delle ASL. In definitiva gli immobili utilizzati dalle Asl sono fiscalmente assoggettabili in ragione del loro valore catastale, sia in quanto per gli stessi non è prevista una specifica esenzione, sia in quanto non è possibile applicare in via analogica l’esenzione prevista dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40 – che riguarda solo gli immobili strumentali all’esercizio di un’attività d’impresa, di un’arte o di una professione (cfr. anche Cass. 5484/08) – stante la natura di norma di esenzione di tale disposizione, e quindi di stretta interpretazione.

6. Conclusioni.

Da quanto esposto consegue che la impugnata sentenza ha fatto applicazione di una non corretta regola di diritto; il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza di appello va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto il ricorso va deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

La regolazione delle spese di lite è improntata al canone della compensazione, attesa la peculiarità della materia in controversia.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia. Cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito – rigetta il ricorso del contribuente avverso il diniego sull’istanza di rimborso. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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