Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24952 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. I, 07/10/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 07/10/2019), n.24952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18501/2016 proposto da:

Banca Popolare di Spoleto S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Lima n. 28, presso lo studio dell’avvocato Nicolosi Marco, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l.,

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 22/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/09/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma, con decreto del 22.6.2016, ha rigettato l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta dalla banca popolare di Spoleto avverso il decreto con cui il giudice delegato del tribunale di Roma ne aveva respinto l’ammissione al passivo del fallimento della (OMISSIS) srl, quanto a 348,35 Euro per saldo debitore del contratto di conto corrente e quanto a 95.387,73 Euro per rate insolute ed interessi in relazione al contratto di finanziamento chirografario.

Il tribunale, in particolare, rilevava la mancanza di data certa dei titoli costitutivi del credito, in quanto la creditrice non aveva dimostrato l’apertura del rapporto di conto corrente in data antecedente alla dichiarazione di fallimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2704 c.c., comma 1.

Il tribunale rilevava inoltre che gli estratti periodici del conto depositato non risultavano essere stati inviati alla società poi fallita, mentre i meri saldaconti ex art. 50 t.u.b. non erano idonei a provare il credito.

Avverso detto decreto propone ricorso, con tre motivi, la Banca Popolare di Spoleto.

La curatela non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2704 c.c., censurando la statuizione con la quale il tribunale ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 2704 c.c., fosse precluso al creditore istante di provare l’anteriorità del credito insinuato rispetto alla dichiarazione di fallimento, in assenza di documentazione avente data certa, rilevando in particolare che in sede di opposizione L. Fall., ex art. 98, la ricorrente aveva depositato il saldaconto relativo al rapporto di finanziamento ed il piano di ammortamento con certificazione notarile di conformità del saldaconto e del piano rispetto alle scritture contabili della banca in cui erano registrati i passaggi “a sofferenza”.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, per avere il tribunale omesso di esaminare il contratto di finanziamento “(OMISSIS)” sottoscritto dalle parti in data 24.12.2009 e sul quale era fondato il credito di 95.287,73 Euro, corredato dal piano di ammortamento e da certificazione notarile di autenticità del contratto e del piano di ammortamento, nonchè da diffida ad adempiere inviata dalla banca creditrice alla mutuataria, lamentando, in particolare, che il tribunale di Roma si sia limitato ad esaminare il rapporto di conto corrente senza prendere in considerazione il contratto di finanziamento da cui traeva origine quasi integramente il credito insinuato.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 50 t.u.b. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), deducendo che il principio affermato nel provvedimento impugnato, secondo cui il saldaconto con la certificazione prevista dall’art. 50 t.u.b. non è idoneo a provare il credito della banca, incensurabile con riferimento ai rapporti di conto corrente, non si può invece applicare al rapporto derivante dal contratto di finanziamento, in cui non si ha un rapporto di dare-avere tra le parti.

I motivi, che, in ragione della loro connessione vanno unitariamente esaminati, sono infondati.

Il tribunale ha infatti affermato che i documenti allegati dalla creditrice non possedevano i requisiti formali necessari per superare l’eccezione di mancanza di data certa dei titoli costitutivi del credito.

Orbene tale statuizione è conforme diritto seppure occorre tenere distinto il credito derivante dal saldo debitore del contratto di conto corrente, da quello fondato sul contratto di finanziamento chirografario denominato “(OMISSIS)”

Quanto al rapporto di conto corrente, la giurisprudenza di questa Corte afferma che, in difetto di prova della formazione del documento che integra il titolo costitutivo del credito in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, il creditore non può conseguire verso la massa gli effetti negoziali propri della convenzione in esso contenuta (Cass. 17080/2016).

Va infatti escluso che il creditore possa servirsi di qualsiasi prova, di natura documentale o testimoniale, al limitato fine di provare l’esistenza e l’ammontare di un credito nascente da un contratto, che, come quello di conto corrente bancario, richieda la forma scritta ad substantiam: una volta che il titolo sia dichiarato inopponibile alla massa, non potranno farsi valere, in sede fallimentare, le pretese creditorie da esso nascenti.

Nel caso di specie, il creditore ha omesso di provare la conclusione del contratto di conto corrente in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, pur trattandosi di contratto che dev’essere redatto con forma scritta ad substantiam.

Appaiono al riguardo irrilevanti le diffide inviate a mezzo raccomandata a/r, recanti il timbro postale, il cui contenuto non è peraltro riportato nel corpo del ricorso, in violazione del canone di autosufficienza, trattandosi di atti inidonei ad attestare la costituzione di un valido titolo negoziale anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Inoltre, come questa Corte ha già affermato, in tema di ammissione al passivo fallimentare, nell’insinuare il credito derivante da saldo negativo di conto corrente, la banca ha l’onere di dare conto dell’intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto integrali, mentre il curatore ha l’onere di sollevare specifiche contestazioni in relazione a determinate poste.

Non è dunque sufficiente ad integrare la prova del credito il mero saldaconto, ex art. 50 t.u.b..

Del pari infondate le censure sollevate con riferimento al contratto di finanziamento.

Il creditore che agisce in sede di verifica del passivo fallimentare in forza di tale fattispecie contrattuale, infatti, è pur sempre tenuto, secondo i principi generali, a fornire la prova dell’esistenza del titolo, della sua anteriorità al fallimento e della disciplina dell’ammortamento, con le scadenze temporali e con il tasso di interesse convenuti, mentre il debitore mutuatario (e, per esso, il curatore) ha l’onere di provare il pagamento delle rate di mutuo scadute prima della dichiarazione di fallimento.

La mancanza di data certa del contratto prodotto non esclude peraltro che possa risultare provata la corresponsione di una o più somme da parte del creditore e, quindi, sia la sussistenza di un suo corrispondente credito di restituzione in linea capitale, sia la stessa natura contrattuale del credito (Cass. 9074/2018).

Ed invero, non essendo prevista la forma scritta ad substantiam, valgono, per il contratto di mutuo, i principi generali in materia di opponibilità al fallimento di un credito fondato su contratto documentato con scrittura privata priva di data certa, mediante la quale voglia darsi la prova dell’anteriorità della conclusione del negozio ovvero dell’erogazione delle somme mutuate rispetto alla data del fallimento.

In tal caso, ove sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell’art. 2704 c.c. (registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico) il giudice di merito deve valutarne, caso per caso, la sussistenza e l’idoneità a dimostrare l’anteriorità della conclusione del contratto rispetto alla dichiarazione di fallimento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla. sua disponibilità (Cass. 18938/2016).

Ciò posto, nel caso di specie la ricorrente si è limitata a far riferimento alle diffide ad adempiere ed al saldaconto corredato da certificazione notarile.

Si osserva al riguardo la genericità del riferimento alle diffide, delle quali, in violazione del canone di specificità ed autosufficienza, non viene riportato il contenuto, la loro riferibilità al contratto di finanziamento, nè gli elementi da cui risulti l’anteriorità delle stesse rispetto alla dichiarazione di fallimento.

Quanto alla certificazione notarile, si rileva che, secondo quanto risulta dall’opposizione x art. 98, L. Fall., riportata nel corpo del presente ricorso, con la certificazione suddetta si dava atto della conformità dei saldaconti ex art. 50 t.u.b. alla risultanze delle scritture contabili delle banca.

Ora, la mera attestazione di conformità del credito insinuato alle risultanze delle scritture contabili della banca, non appare idonea a superare il difetto di data certa anteriore.

Anche in questo caso, in violazione del principio di autosufficienza, non essendo riportato il contenuto della certificazione notarile, la mera conformità del credito vantato alle risultanze delle scritture contabili non appare idonea a far desumere la data dell’avvenuta erogazione delle somme mutuate, da cui poter inferire l’anteriorità del finanziamento concesso alla debitrice rispetto alla sua dichiarazione di fallimento, fatto invece che avrebbe potuto ricavarsi dall’esame delle scritture contabili e dalla relativa annotazione (in tal senso Cass. 4509/2018).

Il ricorso va dunque respinto e considerato che la curatela non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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