Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24950 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 23650/08 R. G. proposto da:

COMUNE DI SASSUOLO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta delega a margine del ricorso e Delib.

G.M. 15 luglio 2008, n. 177, dall’Avv. Del Federico Lorenzo,

elettivamente domiciliato in Roma, Via F. Denza n. 20, presso lo

studio degli Avv.ti Del Federico Lorenzo e Rosa Laura;

– ricorrente –

contro

GRUPPO CERAMICHE RICCHETTI SPA con sede in (OMISSIS), in persona

del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta

delega a margine del controricorso, dagli Avv.ti Livia Salvini e

Giuseppe Maria Cipolla, elettivamente domiciliata nel relativo

studio, in Roma, Viale Giuseppe Mazzini, 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 211/17/2006, della Commissione Tributaria

Regionale di Bologna, Sezione n. 17 in data 13.12.2006, depositata il

05.07.2007;

Udita la relazione, svolta nella Camera di Consiglio del 25 ottobre

2011 dal Presidente, che, preliminarmente, ha assegnato il ricorso a

se stesso, stante l’impedimento a presenziare del relatore designato;

Sentito, l’Avv. Laura Rosa, delegata del difensore, per la

ricorrente;

Udito, altresì, l’Avv. Giancarla Branda, delegata del difensore

della controricorrente;

Sentito, pure, il Procuratore Generale, Dott. Umberto Apice, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società contribuente impugnava in sede giurisdizionale la cartella, con cui veniva richiesto il pagamento dell’ICI, dovuta al Comune di Sassuolo per gli anni 1995 e 1996, relativamente ad un immobile del quale era stato rettificato il valore.

L’adito Giudice di Primo Grado, accoglieva il ricorso, ritenendo trattarsi di riscossione azionata in pendenza di giudizio, nel quale i presupposti atti di accertamento erano stati, a loro volta, impugnati ed annullati, sia pur con pronuncia non definitiva.

La CTR, pronunciando sull’appello del Comune, lo rigettava, opinando in conformità alla pronuncia di primo grado. Con ricorso notificato, tramite posta, il 30 settembre 2008, il Comune ha chiesto la cassazione dell’impugnata decisione. Giusto controricorso notificato il 07 novembre 2008, la società ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, il rigetto dell’impugnazione.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è affidato a quattro mezzi.

Con il primo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 602 del 1973, art. 15 e del D.Lgs n. 504 del 1992, art. 12.

Con il secondo mezzo l’impugnata sentenza viene censurata per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 68 e 69.

Con il terzo motivo si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c..

Con il quarto mezzo si prospetta insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo.

Il primo, il secondo ed il quarto motivo, del ricorso, che data l’intima connessione possono trattarsi congiuntamente, si ritiene siano inammissibili e da rigettare.

I Giudici di secondo grado, in vero, dopo avere respinto la preliminare richiesta di sospensione del giudizio nella considerazione della illegittimità dell’iscrizione a ruolo, hanno ritenuto di condividere l’opinamento della Commissione di primo grado, confermandone la decisione.

In particolare, la CTR ha riconosciuto legittimo l’operato di quest’ultima nell’annullare le cartelle di pagamento, in quanto gli avvisi di accertamento, in base ai quali era avvenuta l’iscrizione a ruolo, in data antecedente di circa otto mesi, rispetto all’operata iscrizione, erano stati annullati dalla CTP di Modena con sentenze n. 253 e n. 254, rese in data 09.12.2002; provvedimenti questi ultimi ritenuti esecutivi, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 e art. 282 c.p.c. e, quindi, tali da privare di validità ed efficacia il titolo azionato.

La medesima CTR ha, altresì, evidenziato che l’iscrizione a ruolo non poteva essere giustificata con l’esigenza di evitare la decadenza dall’esercizio del diritto e, quindi, trovare legittimazione nel disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 12 e 68, restando i termini decadenziali sospesi per effetto dell’impugnazione.

La ratio decidendi dell’impugnata sentenza riferiva, dunque, anzitutto, al venir meno del titolo (accertamento) legittimante l’iscrizione a ruolo, quale conseguenza del relativo annullamento ad opera di provvedimento giurisdizionale di primo grado, avente gli effetti previsti dal combinato disposto dell’art. 282 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, di poi, altresì, alla inapplicabilità alla fattispecie dei citati artt. 12 e 68.

Come si evince dall’esame dei mezzi ed in particolare dai quesiti formulati a conclusione di ciascuno di essi, la prima ratio non risulta censurata e le critiche investono, esclusivamente, l’applicabilità al caso del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 12 e 68.

Ciò stante, i motivi non possono sfuggire ad una declaratoria di inammissibilità, sotto un duplice profilo.

Per un verso, infatti, i motivi risultano formulati in violazione del consolidato principio secondo cui l’impugnazione di una decisione di merito, che si fonda su distinte e autonome rationes decidendi, autonome l’una dall’altra e ciascuna sufficiente, da sola, a sorreggerla, è meritevole di ingresso solo se risulta articolata in uno spettro di censure che investano utilmente tutti gli ordini di ragioni esposte nella sentenza, atteso che la eventuale fondatezza del motivo dedotto con riferimento a una sola parte delle ragioni della decisione non può portare alla riforma della sentenza, che rimane ferma sulla base dell’argomento non censurato (Cass. n. 3965/2002; n. 4424/2001; n. 14740/2005).

Per altro aspetto, d’altronde, i mezzi non risultano formulati in conformità al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, alla cui stregua, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Infatti, tenuto conto delle due ratio dell’impugnata sentenza, i quesiti di diritto formulati sono privi di conferenza, rispetto al deciso, giacchè la risposta agli stessi, ove pur positiva per il richiedente, è priva di rilevanza nella fattispecie, in quanto la decisione risulta sorretta da altra ratio, attinente a diversa questione, sicchè il ricorrente non ha interesse a proporre quel quesito dal quale non può trarre alcuna conseguenza concreta utile ai fini della causa. Per condiviso principio, in vero, l’inconferenza del quesito, “è assimilabile all’ipotesi di mancanza del quesito stesso, a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del motivo, in applicazione del principio in tema di motivi non attinenti al “decisum”, nel senso che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio” (Cass. SS.UU. n. 14385/2007, n. 7258/2007, n. 20360/2007).

D’altronde, neppure il profilo di censura di cui all’art. 360 c.p.c., citato n. 5, risulta formulato in coerenza ai principi fissati dalla Giurisprudenza di questa Corte, essendo stato, pure, affermato che la censura per vizio della motivazione deve contenere una indicazione riassuntiva e sintetica che consenta una valutazione immediata dell’ammissibilità del ricorso, e che devono essere adeguatamente esplicitate le circostanze fattuali, desumibili dalla documentazione in atti e non esaminate, idonee a condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, nonchè i vizi logici e giuridici della motivazione (Cass. n. 11462/2004, n. 2090/2004, n. 1170/2004, n. 842/2002).

Il terzo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente si duole della mancata sospensione del giudizio, in attesa della pronuncia definitiva sulla questione relativa alla legittimità dell’avviso di accertamento, ritenuta pregiudiziale, va, del pari, rigettato.

Ritiene, infatti, il Collegio che, nella fattispecie, non possa trovare applicazione il principio, invocato dal ricorrente, secondo il quale andava disposta la sospensione necessaria del processo, ex art. 295 c.p.c., stante il rapporto di pregiudizialità esistente tra i due giudizi. Ciò in quanto, la questione relativa alla legittimità o meno dell’iscrizione a ruolo, in dipendenza del fatto che, nel frattempo, l’avviso di accertamento era stato annullato, non poteva restare influenzata dall’esito dei successivi gradi del giudizio, essendo connessa alla mera intervenuta pronuncia di annullamento che, ancor quando temporaneamente, aveva privato di validità ed efficacia il titolo azionato con la cartella, precludendo l’iscrizione a ruolo delle somme portate dallo stesso.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 2500 per onorario, 100 per spese vive, oltre spese generali ed accessori.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, in favore della contribuente, in ragione di Euro 2500 per onorario, 100 per spese vive oltre spese generali ed accessori.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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