Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24949 del 15/09/2021
Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 15/09/2021), n.24949
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21556-2019 proposto da:
A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBALONGA 7,
presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINO PALMIERO, rappresentata e
difesa dall’avvocato RAFFAELE ANATRIELLO;
– ricorrente –
contro
ABC – ACQUA BENE COMUNE NAPOLI – AZIENDA SPECIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30, presso lo studio dell’avvocato
ALFREDO PLACIDI, rappresentata e difesa dall’avvocato SILVANO
GRAVINA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2511/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 09/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non
partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CRICENTI
GIUSEPPE.
Fatto
RITENUTO
che:
1.- A.M. ha agito in giudizio nei confronti della società ARIN spa, poi diventata in corso di causa ABC (Acqua Bene Comune Napoli – azienda speciale), perché la prima aveva installato su una porzione di sua proprietà alcuni contatori dell’acqua, a servizio di un immobile limitrofo a quello dell’attrice, ma senza alcuna sua autorizzazione, così occupando abusivamente quella porzione, oltre al fatto di ostacolare le manovre delle vetture (si trattava di una strada privata).
La società convenuta ha eccepito, tra l’altro, che l’installazione è avvenuta in ragione di una servitù.
2.-Il Tribunale ha parzialmente accolto le domande, in quanto ha ritenuto illegittima 1″occupazione, ma ha respinto la richiesta di risarcimento del danno. La Corte di Appello, per contro, ha ritenuto che sulla piccola area su cui erano state installate le centraline v’era servitù costituita dal dante causa della attrice a favore di un terzo, che l’ha appunto esercitata facendo apporre i contatori; che, peraltro, restringevano la carreggiata di soli 38 cm, e non pregiudicavano in alcun modo le manovre.
3.- Il ricorso della A. è basato su tre motivi, che sono contestati dalla ABC con controricorso. Vi sono memorie della A..
Diritto
CONSIDERATO
che:
4.- Il primo motivo denuncia omessa o insufficiente motivazione su una questione di rilevanza delle prove. In sostanza, la corte di appello ha ammesso, ex art. 345 c.p.c. il documento attestante la servitù, ritenendolo nuovo rispetto alla ABC, che in primo grado non era parte: lo era la società ARIN, cui ABC è subentrata per trasformazione di quella.
La tesi della ricorrente è che siccome quel documento era già in atti, e lo stesso CTU lo aveva valutato, non v’era motivo di questa acquisizione e soprattutto di una nuova rivalutazione.
Il motivo è infondato ed anche inammissibile.
E’ infondato in quanto ben poteva la corte di appello attribuire al documento probatorio (una servitù) un valore diverso da quello ritenuto dal giudice di primo grado.
E’ inammissibile nella parte in cui intende ritenere come violazione di legge la circostanza che la corte ha ammesso il documento senza avvedersi che era già in atti, per difetto di interesse di una simile contestazione: non è dato sapere quale sarebbe stato l’esito se, anziché ammetterlo ex novo, la corte lo avesse valutato in quanto già allegato. Ma, punto fermo deve essere che, da un lato, ben poteva farne diversa valutazione, e che, per altro lato, questa diversa valutazione che ne ha fatto non è qui censurabile.
5.- Il secondo motivo denuncia anche esso un vizio di motivazione su un punto decisivo e controverso.
La ricorrente assume che non v’era alcuna servitù e ritiene che la corte abbia errato nel ritenerla esistente, in quanto dagli atti emergeva con chiarezza che la servitù era altrove, e non già nel punto in cui i contatori erano installati.
Il motivo è inammissibile.
Si tratta di un accertamento in fatto – dove effettivamente fosse posta la servitù- che non può essere messo qui in discussione, né può essere sindacato il metodo con cui è stato effettuato dal giudice di merito. Il motivo chiede in sostanza una rivalutazione di quel fatto in modo diverso da quella della Corte di Appello.
6.- Il terzo motivo denuncia violazione di non meglio precisate norme di diritto, ma si ricava dal suo testo che si tratterebbe di una violazione dell’art. 1058 c.c., nel senso che costituisce violazione di legge assumere l’esistenza di una servitù laddove non v’e’, o in luogo diverso da quello in cui è costituita.
Il motivo è infondato.
Esso cade con il precedente: la corte di merito ha accertato che la servitù insisteva esattamente nel posto in cui i contatori sono stati installati, e ciò esclude dunque che sia stato violato l’articolo in questione nei termini indicati in motivo, che presuppongono un accertamento in fatto diverso da quello effettuato, ossia che, ritenuta la servitù come costituita in un punto, sia considerata legittima come esercitata in altro.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 2500,00 Euro, oltre 200, di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021