Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24948 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.23/10/2017),  n. 24948

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27537/2016 proposto da:

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso

lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CLAUDIO LORENZANI;

– ricorrente –

contro

ORSUCCI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso

lo studio dell’avvocato NICOLA LAURENTI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCO FABIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3875/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2017 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Como giudicando dell’azione di ripetizione di indebito proposta da Orsucci s.r.l. nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a., condannava quest’ultima al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 9.399,15, oltre interessi legali.

2. – La sentenza era impugnata dalla banca e la Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 18 ottobre 2016, respingeva il gravame.

3. – Ricorre per cassazione Intesa Sanpaolo, la quale fa valere quattro motivi di impugnazione. Resiste con controricorso la società Orsucci.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Le censure poste a fondamento del ricorso per cassazione possono riassumersi come segue.

1.1. – Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c.. Deduce la ricorrente che la Corte di appello di Milano aveva posto l’onere probatorio relativo ai pagamenti e all’assenza della causa debendi a carico di essa banca: dalla accertata insufficienza della documentazione prodotta al fine di ricostruire l’esistenza dell’ammontare dell’indebito, la Corte del merito aveva fatto impropriamente discendere, ad avviso dell’istante, una pronuncia di condanna, anzichè di rigetto.

1.2. – Con il secondo motivo è lamentata la violazione degli artt. 2697,2934,2935,1842 e 1852 c.c.. Assume la ricorrente che poichè le rimesse sul conto non possono presumersi di natura ripristinatoria, è il correntista che, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, deve provare che i versamenti effettuati nel corso del rapporto non integrano pagamenti e non hanno, quindi, funzione solutoria. Deduce che il giudice del gravame aveva riversato sulla banca l’onere di provare la natura solutoria delle rimesse oggetto dell’eccezione di prescrizione.

1.3. – Il terzo motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 2935 c.c., oltre che dei principi sanciti da Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418. La Corte del merito si duole l’istante – aveva fatto decorrere la prescrizione del diritto di ripetizione dalla chiusura del conto, e non dalla data anteriore del 1 marzo 1999 in cui essa correntista aveva pagato tutte le somme a debito, riportando il conto stesso in attivo. In tal modo era stata disattesa la disposizione di cui all’art. 2935 c.c., a mente del quale la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere; risultava inoltre violato il principio affermato dalla nominata sentenza delle Sezioni Unite, secondo cui il termine di inizio della prescrizione coinciderebbe col momento della chiusura del conto solo se in quel frangente siano state corrisposte le somme che comprendevano gli interessi non dovuti.

1.4. – Col quarto ed ultimo motivo l’istante oppone la violazione dell’art. 1283 c.c. e la nullità della sentenza per la violazione del combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c.. La censura investe la decisione della Corte di appello circa l’illegittimità della capitalizzazione anche solo annuale degli interessi passivi e propone considerazioni critiche rispetto alla pronuncia resa, in tema, dalla cit. Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418.

2. E’ fondato il primo motivo e ciò determina l’assorbimento degli altri.

La Corte di Milano, pronunciandosi sul secondo motivo di appello, ha osservato che l’onere di produrre gli estratti conto incombeva sulla banca: in particolare, secondo il giudice distrettuale, l’appellante aveva l’onere di produrre gli estratti conto a partire dall’inizio del rapporto, al fine di dimostrare il proprio diritto di credito anche nell’ipotesi di azione di accertamento proposta dal correntista; tale onere, ha precisato la stessa Corte, non poteva considerarsi escluso dal decorso del decennio, dal momento che l’obbligo di conservazione della documentazione contabile andava tenuto distinto dall’onere di fornire la prova in giudizio del proprio credito. La produzione di estratti conto per una frazione temporale unilateralmente individuata dalla banca – ha concluso il giudice del gravame – doveva quindi ritenersi inidonea ad assolvere l’onere della prova che faceva carico a Intesa Sanpaolo.

Tali proposizioni hanno ragion d’essere, e possono essere senz’altro condivise, nell’ipotesi in cui la banca agisca in giudizio per domandare il pagamento delle somme che le sono dovute. Conclusione opposta si impone nel caso in cui sia il correntista ad assumere l’iniziativa giudiziaria chiedendo la condanna della banca alla ripetizione delle somme indebitamente riscosse da questa (come è accaduto nella fattispecie, avendo la società Orsucci domandato la restituzione delle somme corrisposte a titolo di interessi ultralegali e anatocistici: cfr. ricorso e controricorso).

Nella ripetizione di indebito incombe all’attore fornire la prova sia dell’avvenuto pagamento che della mancanza di causa debendi (Cass. 8 marzo 2001, n. 3387; Cass. 3 marzo 1998, n. 2334; Cass. 28 luglio 1997, n. 7027; Cass. 18 dicembre 1995, n. 12897; con riguardo all’onere probatorio circa la mancanza della causa debendi, più di recente: Cass. 14 maggio 2012, n. 7501; Cass. 11 ottobre 2010, n. 22872).

Ciò implica che il correntista che agisca per la ripetizione dell’indebito sia tenuto a documentare l’andamento del rapporto attraverso la produzione degli estratti conto, dal momento che è attraverso questi ultimi che hanno evidenza le singole rimesse che, avendo ad oggetto importi non dovuti, sono suscettibili di ripetizione.

Non può d’altro canto condividersi l’assunto della controricorrente secondo cui quanto affermato dalla Corte di merito con riguardo all’onere probatorio della banca si riferirebbe al tema della prescrizione. Anzitutto, la mancata produzione degli estratti conto, se rileva ai fini della verifica del fondamento dell’eccezione di prescrizione, conta, altresì – per quanto appena osservato – nella diversa prospettiva dell’accertamento della pretesa fatta valere da chi agisce per la ripetizione dell’indebito: sicchè non si vede come possano scindersi gli effetti che devono farsi derivare, sul piano processuale, dall’omessa documentazione delle movimentazioni del conto. In secondo luogo, come ricordato in ricorso (pag. 5), la banca aveva riproposto, in appello, la questione circa il mancato assolvimento della prova cui era tenuta controparte: e di ciò si trae conferma dalla stessa sentenza impugnata, che infatti identifica tale questione, vertente sull'”erroneo rigetto dell’eccezione di carenza di prova”, nel secondo motivo di appello. Deve conseguentemente escludersi che la Corte di merito, allorquando si è pronunciata su tale motivo di gravame, abbia inteso riferirsi alla diversa materia dell’eccezione di prescrizione.

In conclusione, ha errato la Corte di appello nel ritenere che la banca, convenuta nell’azione di ripetizione, fosse tenuta a produrre gli estratti conto a far data dall’inizio del rapporto, giacchè un tale onere incombeva, semmai, sull’odierna controricorrente.

3. – L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti.

La sentenza è dunque cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano anche per le spese.

La Corte del rinvio dovrà fare applicazione del principio di diritto che si viene ad enunciare:

“In tema di contratto di conto corrente bancario, il correntista che agisca per la ripetizione dell’indebito, tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, è onerato di documentare l’andamento del rapporto con la produzione degli estratti conto, i quali evidenziano le singole rimesse che, per riferirsi ad importi non dovuti, sono suscettibili di ripetizione”.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in altra composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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