Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24948 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24948 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 17742-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CIGLIANO MARINA, CIGLIANO DANIELA, CIGLIANO ANNALISA,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. PALUMBO 26,
presso la SOCIETA’ E.P. SPA, rappresentate e difese
dagli avvocati GAETA GUIDO, GAETA UGO con studio in
NAPOLI VIA DEI MILLE 16 (avviso postale) giusta

Data pubblicazione: 06/11/2013

delega a margine;
– controricorrenti non chè contro

DE STEFANO ANNA MARIA, deceduta;
– intimati –

di NAPOLI, depositata il 02/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/09/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 46/2006 della COMM.TRIB.REG.

17742-07

Svolgimento del processo
Annamaria De Stefano impugnò una cartella di pagamento per
l’Invim conseguente a un contratto di vendita registrato
in Napoli 1’8-8-1986. Eccepì la decadenza dell’azione di
riscossione ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. n. 602 del

1973 pro tempore vigente, per essere il titolo costituito
dalla sentenza della commissione tributaria provinciale di
Napoli n. 60/43/97, divenuta irrevocabile il 12-5-1998.
Il ricorso venne accolto in quanto i termini di decadenza,
di cui al citato d.p.r. n. 602 del 1973, dovevano
ritenersi applicabili per la riscossione di tutti i
tributi elencati nel d.m. 28-12-1989.
La sentenza della commissione tributaria provinciale fu
confermata in appello.
Contro la decisione di secondo grado l’agenzia delle
entrate ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.
Si sono costituiti con controricorso gli eredi della De
Stefano, medio tempore deceduta.
Motivi della decisione
I. – La ricorrente deduce un errore di motivazione (art.
360, n. 5, c.p.c.) e una violazione di legge (artt. 17 del
d.p.r. n. 602 del 1973, 78 del d.p.r. n. 131 del 1986, 67
del d.p.r. n. 43 del 1988).
La tesi complessivamente sostenuta è la seguente.
La commissione tributaria regionale avrebbe preso le mosse
dal

fallace

assunto

che

il

titolo,

alla

base

dell’iscrizione a ruolo, fosse costituito dalla sentenza

1

emessa

su

ricorso

contro

l’originario

avviso

di

accertamento. Invece il titolo legittimante la riscossione
era costituito da un avviso di liquidazione, notificato al
contribuente in data 3-12-1999 e non impugnato. In materia
di Invim, così come in materia di imposta di registro,
l’art. 17 del d.p.r. n. 602 del 1973 non poteva essere

utilmente richiamato, giacché la norma si riferisce alla
sola imposizione diretta.
In conseguenza dell’esposizione, l’amministrazione formula
il quesito “se incorra nel vizio di violazione di legge la
sentenza con la quale il giudice tributario, pur non
avendo il contribuente impugnato l’avviso di liquidazione
emesso ai fini Invim, ma solo la successiva cartella
esattoriale, dichiari l’intervenuta decadenza dal potere
esecutivo/impositivo dell’A.F. per tardività
dell’iscrizione a ruolo in luogo di considerare
l’operatività, in materia, dell’ordinario termine di
prescrizione decennale per intervenuto consolidamento del
diritto (..) a percepire il tributo”.
– Osserva innanzi tutto il collegio che è infondata
l’eccezione dei controricorrenti in ordine a una presunta
inammissibilità del ricorso per violazione degli artt. 365
e 366, n. 5, c.p.c.
In rapporto alle agenzie fiscali, viene in rilievo la
rappresentanza processuale facoltativa degli enti pubblici
da parte dell’avvocatura dello Stato (art. 72 del d. lgs.
n. 300 del 1999), donde – come evidenziato dalla sezioni
unite di questa corte – non è necessario il rilascio di

2

una specifica procura per il giudizio, risultando invece
applicabile la previsione dell’art. l, 2 ° co., del r.d. n.
1611 del 1933, stando alla quale gli avvocati dello stato
esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le
giurisdizioni e in qualunque sede, senza bisogno di
mandato (v. sez. un. n. 23020/05, cui

adde,

tra le più

recenti, Cass. n. 3427/10; 8071/10; n. 14785/11).
Pertanto, il rilascio di una procura speciale non era
nella specie necessario e, come ovvia conseguenza, non ne
era richiesta la indicazione ai sensi dell’art. 366, n. 5,
c.p.c.
III. – Il ricorso è fondato, seppure nei diversi termini
giuridici di seguito esposti.
Dalla sentenza risulta che la cartella era relativa a una
pretesa tributaria retta da sentenza passata in giudicato.
Non rileva, allora, che, dopo la sentenza, la cartella sia
stata preceduta da un avviso di liquidazione.
Quel che unicamente rileva è che il tributo aveva trovato
il titolo definitivo, non nell’atto amministrativo, ma
nella sentenza.
IV. – Questa corte, a sezioni unite, ha affermato che il
diritto alla riscossione (in quel caso specifico relativo
a sanzioni amministrative pecuniarie previste per la
violazione di norme tributarie), derivante da sentenza
passata in giudicato, si prescrive entro il termine di
dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c.,
che disciplina specificamente e in via generale la
cosiddetta actio ludicati (v. sez. un. n. 25790/09).

3

Trattasi di principio al quale può annettersi una più
ampia rilevanza, visto che il suo presupposto sta
nell’esplicito riconoscimento della differenza che corre
tra l’attività di esecuzione di un atto amministrativo (di
accertamento o meno), divenuto definitivo, e l’attività di
esecuzione avente base in una sentenza. In questo secondo

caso manca il presupposto dell’acquiescenza all’atto
stesso da parte del destinatario.
L’accertamento tributario, insomma, diviene definitivo con
l’inutile decorso del termine per impugnare. Ma se viene
proposto ricorso, e salvo il caso di successiva rinuncia o
altri casi di estinzione del processo (v. art. 2945 e3 ° co., c.c.), l’accertamento non può più assumere la
qualifica di atto amministrativo definitivo non
contestato. Questo perché il provvedimento del giudice che
definisce la lite, anche quando si limiti a riconoscere la
legittimità dell’atto contestato, conferisce all’atto “il
crisma della verifica giurisdizionale” nell’ambito di un
rapporto trilaterale, nel quale lo Stato non interviene
più soltanto come parte

(id est,

come amministrazione

finanziaria), ma come giudice. E dunque lo sostituisce
come presupposto della successiva attività di riscossione.
Pertanto, ove la cartella radichi, come nella specie, una
pretesa

cristallizzata

nel

giudicato

sul

rapporto

tributario a monte, la decadenza prevista dall’art. 17 del
d.p.r. n. 602 del 1973 (nel testo

ratione temporis

vigente) non trova applicazione in sé e per sé, a
prescindere cioè dal fatto che sia stata mediata da un

4

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AI SENi
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:4 N.5
N.
IVIATCUA TRIBUTARIA

atto ulteriore di tipo liquidatorio, essendo l’azione
esecutiva (di riscossione del tributo) suscettibile di
trovare limite nel solo decorso del termine prescrizionale
ordinario.
V. – Per tale ragione l’impugnata sentenza va cassata, non

il termine decadenziale.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può
la corte decidere la causa nel merito, rigettando il
ricorso originariamente proposto contro la cartella
esattoriale.
L’anteriorità del giudizio rispetto alla decisione assunta
dalle sezioni unite della corte induce a compensare per
intero le spese processuali.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza
e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione proposta
avverso la cartella esattoriale; compensa le spese
dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

potendo trovare applicazione, nella fattispecie in esame,

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