Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24941 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 06/11/2020), n.24941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25559-2018 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

all’avvocato LIVIO NERI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 56699/2017 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Milano del 17 luglio 2018, il quale ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria;

– che il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. che con un unico articolato motivo il richiedente ha dedotto l’omessa valutazione di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, commi 6 e 19, per non avere il giudice di merito considerato una pluralità di elementi decisivi, quali le cure ricevute in Italia per una malattia contratta nel periodo di detenzione in Libia nonchè la sua integrazione sociale nel paese d’accoglienza, la quale può costituire un elemento di valutazione per la verifica della condizione di vulnerabilità e la cui forzata interruzione può costituire una lesione del diritto alla vita privata garantito dall’art. 8 della CEDU;

2. che il ricorso è manifestamente infondato;

che, in primo luogo, il giudice di merito – a differenza di quanto è stato dedotto in ricorso – ha considerato il profilo delle cure ricevute dal richiedente, ritenendo, con argomentazioni non censurate da quest’ultimo, che i problemi di salute dallo stesso evidenziati, in quanto di carattere transeunte, non giustificassero la sua permanenza nel nostro paese per ragioni di cura;

che, inoltre, è orientamento consolidato di questa Corte che il percorso di integrazione (dedotto dal ricorrente) è un elemento che può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

che, infatti, l’integrazione sociale deve accompagnarsi ad una situazione di violazione di diritti fondamentali, nel caso di specie insussistente, in considerazione della valutazione di non credibilità del richiedente da parte del giudice di merito, che non è stata censurata;

che, infine, quanto alla dedotta violazione dell’art. 8 CEDU, questa Corte ha già statuito che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere riconosciuto in relazione ad un contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti, quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Sentenza CEDU 8/4/2008 Ric. 21878 del 2006 Caso Nyianzi c. Regno Unito e Cass. n. 17072 del 28/06/2018);

3. che non si liquidano le spese di lite in conseguenza dell’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

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