Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24940 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G.N.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 194/34/2005, depositata l’11 novembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

ottobre 2011 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 194/34/05, depositata l’11 novembre 2005, che, nel giudizio premesso da G.N., socio con quota del 25% della sas La Maglieria di Canettieri e C, avverso l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF del reddito da partecipazione per l’anno 1992, emesso a seguito dell’accertamento eseguito nei confronti della società, accogliendo l’appello del contribuente, preso atto dell’annullamento dell’accertamento del maggior reddito della società disposto in un diverso giudizio, ha conseguentemente annullato l’avviso di accertamento del maggior reddito di partecipazione nella presente sede impugnato.

Il contribuente non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza perchè motivata esclusivamente facendo rinvio alla decisione assunta con altra sentenza, che viene fatta propria senza autonoma e critica valutazione, e della quale tuttavia viene riportato il solo esito del giudizio, senza indicare le ragioni di accoglimento dell’appello della società contribuente.

Dalle relazioni di notificazione del ricorso, stese il 27 dicembre 2006, si evince che l’atto non è stato notificato, in quanto l’intimato risulta deceduto, da informazioni assunte in loco, mentre il procuratore domiciliatario “non riceve l’atto”, dichiarando “di non essere più il rappresentante dell’intimato, poichè lo stesso è deceduto da circa un anno”. La parte è quindi deceduta dopo la pubblicazione della sentenza d’appello, ma l’impugnazione è stata proposta nei confronti della parte originaria, e non risultarono effettuati ulteriori tentativi di notificazione nei confronti del successore.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente: notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (Cass. Sez. un. 24 luglio 2009, n. 17352; Cass. n. 586 e n. 21154 del 2010).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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