Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2493 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 04/02/2020), n.2493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28569-2018 proposto da:

D.N.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BARNABA

TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato CONTI IRMA,

rappresentato e difeso dall’avvocato TORNAMBE’ ANTONINO;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 765/2018 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 19/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. D.N.V. impugnava il preavviso di fermo di beni mobili registrati, notificatogli in data 30.12.2014, in relazione all’omesso pagamento di cinque cartelle notificate negli anni 2012-2014 (aventi ad oggetto bollo auto), opponendo l’omessa notifica degli atti impositivi prodromici.

La CTP di Palermo rigettava il ricorso con sentenza appellata dal contribuente.

La CTR della Sicilia respingeva il gravame, sul rilievo che non vi era stata disconoscimento delle copie agli originali della documentazione attestante l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali e che, comunque, il disconoscimento, pur non richiedendo formule sacramentali presupponeva la puntuale indicazione dei motivi del disconoscimento con dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copie.

Il contribuente ricorre per la cassazione la sentenza n. 765/12/2018 svolgendo due motivi.

La concessionaria non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2. Con la prima censura si lamenta violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4 ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il decidente deciso in merito al disconoscimento senza esaminare invece l’eccezione sollevata dall’appellante con riferimento alla circostanza che la raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c. era stata inviata tramite poste private.

3. Con la seconda censura si lamenta la violazione della L. n. 890 del 1982, artt. 3 e 4, nonchè del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, comma 5, ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il decidente ritenuto la regolarità della notifiche nonostante l’invio della raccomandata a mezzo poste private, atteso che la società di Riscossione avrebbe dovuto avvalersi del servizio fornito da Poste italiane non solo per l’attività materiale del recapito al destinatario, ma anche quando al servizio postale è rimesso l’espletamento soltanto di un segmento, seppure minimo del complessivo procedimento concretamente utilizzato dall’ufficiale noriticatore.

4. Le due censure – che possono essere trattate congiuntamente, involgendo la medesima questione – sono inammissibili, in quanto che presuppongono la proposizione delle relative questioni già nella fase di merito, in primis, nel giudizio di prime cure.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

5. Il ricorrente che proponga una questione ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente, in modo da consentire alla corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 907/2018; Cass. nn. 20694 e 15430 del 2018; Cass. n. 385/2018; Cass. n. 16502/2017, in motiv; Cass. n. 2033/2017; n. 25319/2017; Cass. n. 9138/2016).

6. Al di là di tale profilo di inammissibilità, il ricorso difetta di sepcificità, in quanto non risulta neppure trascritto il passo delle difese dove sarebbe stato sollevato tale vizio concernente l’atto impugnato che non può certamente riguardare la censura della sentenza se non nella misura in cui abbia omesso di pronunziare su eccezione ritualmente e tempestivamente introdotta nel grado che le compete; nè ha assolto all’onere di indicare esattamente nel ricorso in quale fascicolo si trovi l’atto contenente la censura proposta con l’odierno ricorso e in quale fase processuale sia stata sollevata, nel rispetto del principio di autosufficienza, il che osta ad una ricognizione chiara della fattispecie (Cass. n. 29093/2018; Cass. n. 10072 del 2018)

La Corte deve, infatti, poter verificare che quanto il ricorrente afferma trovi effettivo riscontro negli atti (è questa la ragione per cui va domandata la trasmissione del fascicolo d’ufficio e vanno prodotti gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda), ma non è tenuta a cercarli, a stabilire essa stessa se ed in quale parte rilevino, a leggerli nella loro interezza per poter comprendere, valutare e decidere; gravare la Corte di tale compito – vale dire dell’onere di riscrivere (o di leggere) il ricorso in modo che sia conforme al modello di cui all’art. 366 c.p.c. – rischierebbe di comprometterne a terzietà, che costituisce carattere ineliminabile di ciascun giudice ai sensi dell’art. 111 Cost..

6. Conclusivamente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

In mancanza di difese svolte dall’intimata, non si provvede alla regolamentazione delle spese processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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