Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24929 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 25/11/2011), n.24929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.a.s. AEROMECCANICA COLOMBO di Colombo Marco & C., con sede

in

(OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla

Circonvallazione Clodia n. 36/b presso lo studio dell’avv. CERTOMA’

Francesco Antonio insieme con l’avv. Cesare CICORELLA che la

rappresenta e difende in forza della procura speciale rilasciata a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(1) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, e

(2) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, entrambi elettivamente domiciliati in Roma alla

Via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che

li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 76/01/04 depositata il 14 dicembre 2004 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 settembre

2011 dal Cons. Dr. Michele D’ALONZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. ZENO

Immacolata, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato all’AGENZIA delle ENTRATE, la s.a.s.

AEROMECCANICA COLOMBO di Colombo Marco & C. – premesso che con “avviso di rettifica” notificato “in data 18 novembre 1999” l’Ufficio, sulla scorta di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, aveva chiesto la “restituzione di L. 27.692.000” ritenendo relative ad “operazioni inesistenti” l’IVA portata dalla “fattura … (OMISSIS)” emessa in suo favore dalla “EURO UTENSILI s.a.s.”-, in forza di un solo motivo, chiedeva di cassare la sentenza n. 76/01/04 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (depositata il 14 dicembre 2004) che aveva recepito l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (245/08/00) della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale aveva accolto il suo ricorso.

L’Agenzia intimata e il Ministero dell’Economia e delle Finanze instavano per il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Inapplicabilità del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12.

In via preliminare va evidenziato che la trattazione (e, quindi, la decisione) della “lite fiscale” oggetto dell’impugnazione in esame non è preclusa dalla astratta sua “definibilità” – in ragione dell’oggetto “avviso di rettifica”, dell’ente impositore “Agenzia delle Entrate” , del “valore” “non superiore a 20,000,00 Euro” della stessa nonchè della sua pendenza alla data limite – in forza del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 155 dello stesso giorno e, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, in G.U. n. 164 del giorno successivo) – per il cui comma 12 (1) “le liti fiscali di valore non superiore a 20.000,00 Euro in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti alta data del primo maggio 2011…, possono essere definite … con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’ari. 16 della legge 27 dicembre 2002 n. 289” e ( 2 ) “a tal fine, si applicano le disposizioni di cui al citato art. 16, con le seguenti specificazioni … c) le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente comma sono sospese fino al 30 giugno 2012” -, atteso che la “contribuente” non ha proposto istanza di sospensione della trattazione, ovverosia l’istanza richiesta dall’art. 16, comma 6 della Legge del 2002 il quale dispone, nella seconda parte del primo inciso, che “qualora”, come nel caso (essendo stata notificata alle parti la comunicazione prevista dall’art. 377 c.p.c., comma 2, in data anteriore alla emanazione della norma), “sia stata già fissata la trattazione della lite nel suddetto periodo” (ovverosia dall’entrata in vigore della norma “fino al 30 giugno 2012”) “i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”.

p. 2. Inammissibilità del controricorso del Ministero.

In via ancora preliminare, ma gradata, deve essere rilevata e dichiarata ex officio l’inammissibilità del controricorso del Ministero perchè lo stesso non ha nemmeno dedotto di aver preso parte al giudizio di appello nè allegato (e provato) di essere titolare di un qualche rapporto giuridico che – come costantemente richiesto da questa Corte (Cass.: 2^, 23 agosto 2007 n. 17922; trib., 7 maggio 2007 n. 10341; 3^, 26 gennaio 2006 n. 1692; 2^, 26 gennaio 2006 n. 1507; 2005 n. 965; 2^, 13 settembre 2004 n. 18346; 2^, 29 aprile 2003 n. 6649; 2^, 4 febbraio 2002 n. 1468; 2^, 23 novembre 2001 n. 14910) – lo legittimi, anche al fine di dimostrare la sussistenza del necessario ed imprescindibile interesse (art. 100 c.p.c.), a resistere all’impugnazione.

In proposito, va ricordato che per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie dal Ministero (dell’Economia e) delle Finanze alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia delle Entrate) – le quali ultime sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al D.M. 28 dicembre 2000, art. 1 – disposto dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 300, ciascuna Agenzia (2) è succeduta al Ministero nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a quel momento e (2) è divenuta titolare esclusiva dei rapporti tributari (e, pertanto, unica legittimata processualmente) sorti successivamente alla data detta di sua operatività: nel caso, l’appello (come risulta dalla sentenza impugnata) è stato “depositato il 21 novembre 2001”, quindi dopo il primo gennaio 2001 detto, per cui il processo di appello si è svolto solo tra l'(Ufficio locale dell’)Agenzia (che ha proposto quel gravame) e la contribuente.

Le spese del giudizio di legittimità tra il Ministero e la società vanno compensate integralmente ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, atteso che la partecipazione di tale ente a questo giudizio di legittimità si è limitata alla sua inclusione nell’epigrafe del controricorso e, pertanto, non ha importato nessun aggravio nella difesa della ricorrente (che, peraltro, non ha svolto nessuna ulteriore attività difensiva).

p. 3. La sentenza impugnata.

La Commissione Tributaria Regionale – esposto che con “l’avviso di rettifica per l’… IVA anno 1995” è stata accertata “una indebita detrazione d’imposta di L.. 27.692.000 … per utilizzo di fatture relative a operazione inesistenti emesse dalla società Euroutensili Metalli sas”; “constata(to) che l’oggetto del contendere è stabilire se le fatture che la società ricorrente ha ricevuto dalla fornitrice Euroutensili Metalli sas siano riferite ad operazioni inesistenti o meno”- ha accolto il gravame dell’Ufficio affermando (sintesi finale) che “le dichiarazioni rilasciate dal sig. S., legale rappresentante della società Euroutenslli Metalli sas, trovano precisi e plurimi riscontri oggettivi tali da evidenziare elementi gravi, precisi e concordanti che dimostrano la falsità della fattura contestata dall’ufficio”.

Per il giudice di appello, infatti, “alla base dell’accertamento dell’ufficio non ci sono solo le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società Euroutensili Metalli sas” (il quale “davanti al magistrato ha asserito che la propria società svolgeva sostanzialmente l’attività di emettere fatture per operazioni inesistenti”) perchè “a suffragare dette affermazioni c’è il fatto oggettivo, riscontrato dalla GdF, di una società, la Euroutensili Metalli sas, priva di strutture tecniche, commerciali ed amministrative necessarie a porre in essere le attività oggetto della fatturazione”, – “altro fatto oggettivo sta nella firma riportata nella bolla di accompagnamento alla fattura contestata, ove risulta che il conducente è il medesimo legale rappresentante S.G., nel 1995 già ottantenne, che esclude di aver mai effettuato viaggi di trasporto”;

– “le dichiarazioni del S., che afferma che il pagamento delle fatture fittizie avveniva con l’anticipò dell’IVA, ed a seguire il pagamento del resto, trova riscontro nel pagamento della fattura in esame”: “le stesse modalità di pagamento, documentate dal ricorrente”, però, “oltre ad evidenziare l’immediato pagamento dell’IVA, presentano poi una modalità del tutto illogica e inconsueta, una quindicina di pagamenti di importo differente e con assegni emessi nel medesimo giorno (3 assegni emessi il giorno 11 marzo 1996, n. 3 assegni emessi il 2 aprile 1996)”.

Il giudice di appello, infine, “ritiene … del tutto improbabile, da escludere, che per una fornitura importante (di quasi 80 milioni) ci si rivolga ad una società che emette notoriamente fatture fasulle”.

p. 4. Il ricorso per cassazione.

La società, a censura della decisione, denunzia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) “falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 633 del 1972, artt. 53 e 54 (D.P.R.)”, quanto all'”affermata ricorrenza dei presupposti legittimanti l’emissione di avviso di rettifica” ed al “difetto” i “elementi di prova” di “presunzioni gravi precise e concordanti”, nonchè “contraddittoria ed insufficiente motivazione”, esponendo:

– essendo “obiettivamente acquisito agli atti del procedimento il fatto che EUROUTENSILI METALLI s.a.s. disponesse di materiale ferroso in deposito” “cfr. dichiarazioni L.P. e G., verbale di constatazione, pag. 5”; “gli operanti della Polizia Tributaria hanno interrogato due soggetti quali persone informate sui fatti, …

L. e C. (cfr. verbale di constatazione, pag. 4), che hanno confermato di avere effettuato trasporti per conto di EUROUTENSILI METALLI s.a.s.” “non è … affatto inverosimile che del materiale ferroso possa essere stato trasportato per conto di EURO UTENSILI METALLI s.a.s. presso lo stabilimento della ricorrente”;

peraltro “non competeva alla destinataria della merce verificare le modalità di compilazione delle bolle di consegna, nè accertare la corrispondenza della firma del trasportatore rispetto a quella apposta in calce al documento” (“nel caso …, la firma apposta sulla bolla di consegna”risulta “di fatto illeggibile”);

– “ha documentato non solo di avere ricevuto la merce, ma anche di averla utilizzata”per cui “la circostanza che le bolle di che trattasi sarebbero state sottoscritte dal … S., non si pone in contrasto logico con gli altri elementi oggettivi acquisiti agli atti”: “si tratterebbe, al più, di un’irregolarità, poichè nessuno ha mai inteso affermare che il … S., quasi ottantenne all’epoca dei fatti, abbia personalmente provveduto al trasporto della merce”;

– avendo “documentato”, altresì, “mediante la produzione degli estratti conto bancari”, “l’integrale pagamento” “effettuato, nel corso di circa un anno, mediante la corresponsione di acconti, a mezzo assegno, di importo variabile”; “alcuni titoli, peraltro, risulta (no) … emessi nella stessa data”) “degli importi dedotti nella fattura in contestazione”, l'”affermazione” della “Commissione Tributaria Regionale” secondo cui “tale modalità di pagamento sarebbe del tutto illogica” (della quale “dal punto di vista lessicale non si comprende il senso”) è apodittica atteso che “un pagamento può essere effettivo o fittizio, integrale o parziale, documentato o non documentato”, sicchè “non si comprende quale intrinseco elemento discriminante possa distinguere un pagamento logico da un pagamento illogico”: “l’odierno legale rappresentante della società, essendo succeduto al padre, che aveva condotto personalmente la trattativa, non è in grado di rendere conto delle ragioni sottese alle modalità di pagamento attuate”; “non pare strano che l’impresa venditrice abbia inteso tutelarsi chiedendo, in via immediata, la corresponsione di importo pari alla quota IVA”, trattandosi di “una cautela minimale che qualsiasi imprenditore adotta per limitare, nel breve periodo, i rischi connessi alla possibile insolvenza del debitore”, essendo “di assoluta evidenza che la “illogicità” dei pagamenti, cosi come descritta dalla Commissione, lungi dal costituire riscontro grave, preciso e concordante, rappresenti una petizione di principio, rimasta indimostrata nel contesto della sentenza impugnata, del tutto omissiva sul punto”; – il “passaggio … della sentenza impugnata …

secondo il quale sarebbe del tutto improbabile, da escludere, che per una fornitura importante (di quasi 80 milioni) ci si rivolga ad una società che e-mette notoriamente fatture fasulle” (“credito commerciale della venditrice”) è “francamente oscuro”: “l’argomento è del tutto destituito di fondamento” perchè “l’acquirente si rivolge, per l’acquisto, al miglior offerente” e “la solvibilità, la serietà commerciale non è un problema per chi acquista, che, ottenuta la merce, non è esposto ad alcuna incertezza connessa alle sorti commerciali del venditore” (“chi compera, all’evidenza, ha l’unico interesse di corrispondere il minor prezzo per la fornitura richiesta”; “è assai probabile che EURO UTENSILI METALLI S.A.S. abbia formulato una buona offerta”; poichè “il materiale è arrivato ed è stato utilizzato” (“così come documentato in atti”) “la circostanza che il venditore godesse di una fama sinistra (ammesso … che la ricorrente fosse a conoscenza delle attività irregolari del signor S. …) non ha rilievo di sorta in ordine alla bontà dell’affare concluso”;

“neppure alle dichiarazioni rese da S.G., complessivamente intese, può essere attribuita valenza univoca” in quanto il ” S. … ha reso dichiarazioni in distinte occasioni, talora intrinsecamente contraddittorie, talora contraddette da elementi oggettivi”: “al primo interrogatorio, in data 21 ottobre 1997, … aveva dichiarato che il 10% del fatturato di EUROUTENSILI METALLI s.a.s. corrispondeva ad attività effettivamente svolta” (“la dichiarazione appare confortata dalla accertata esistenza di deposito di materiale, in uso alla società, nonchè dalla esecuzione di trasporti per conto della medesima”); “successivamente S. avrebbe precisato che l’intera attività di EUROUTENSILI METALLI s.a.s. era fittizia”; “i riscontri oggettivi”, però, “contraddicono l’affermazione”.

Secondo la ricorrente, quindi, “non è revocabile in dubbio che un isolato elemento di sospetto, prospettato da un singolo, in termini peraltro contraddittori, in difetto di elementi di riscontro effettivi, non possa assumere rilievo della L. n. 633 del 1972, ex art. 54 (D.P.R.)”.

La contribuente lamenta, infine, la “assoluta omissione di qualsivoglia argomento in ordine alle tesi difensive prospettate dalla ricorrente”, non essendo “dato leggere”, “nella sentenza impugnata”, “alcun commento in ordine al documentato utilizzo del materiale oggetto della fattura in contestazione”, “nessuna osservazione in ordine al fatto che le sue scritture contabili …

fossero tenute in termini assolutamente conformi alle prescrizioni vigenti”.

In conclusione, per la società, “un dubbio in ordine ad una singola operazione è valso a giustificare, ad avviso della commissione, l’avviso di rettifica” atteso che “l’unico elemento valorizzato dallf Ufficio è costituito dalle dichiarazioni del … S. in ordine alla asserita fittizietà di tutte le operazioni dedotte nelle fatture di EUROUTENSILI METALLI s.a.s.” e che “nessuna prova diversa e ulteriore è stata addotta dall’Ufficio, in evidente violazione dei consolidati principi giurisprudenziali in materia”.

p. 5. Le ragioni della decisione.

Il ricorso è infondato.

A. Secondo l’n indirizzo ormai consolidato” di questa sezione (cfr.

sentenza n. 3419 del 12 febbraio 2010, che richiama “Cass. 2847/08” e “Cass. n. 15395/08”, cui adde: Cass., trib., 31 marzo 2011 nn. 7233, 7234-7236, ex multis), infatti, “in tema di Imposta sul Valore Aggiunto”, “qualora l’Amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti”.

Nell'”ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti”, poi (Cass., trib., 10 dicembre 2010 n. 24965 e 18 giugno 2008 n. 16492, da cui gli excerpta, nonchè 30 gennaio 2007 n. 1950 e 17 dicembre 2008 n. 29467) “il diritto alla detrazione del’imposta sul valore aggiunto versata in rivalsa al soggetto, diverso dal cedente/prestatore, che ha, tuttavia, emesso la fattura, non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta ivi formalmente indicata, ma richiede altresì, a dimostrazione dell’effettiva inerenza dell’operazione all’attività istituzionale dell’impresa, che il committente/cessionario, il quale invochi la detrazione, fornisca, sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruità della fatturazione, riscontri precisi, non esaurientisi nella prova dell’avvenuta consegna della merce e del pagamento della stessa nonchè dell’IVA riportata sulla fattura emessa dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive, rispetto al thema probandum, in rapporto alle peculiarità del meccanismo dell’IVA e dei relativi, possibili, abusi (Cass. 1950/07)”.

La disposizione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 (secondo cui “è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa …”), “in considerazione del particolare meccanismo che presiede al funzionamento dell’IVA” (per il quale un’ “…infrazione fiscale si configura … per il solo fatto oggettivo che il contribuente, con il proprio comportamento, doloso o colposo che sia, abbia determinato il rischio per l’Amministrazione di non conseguire il pagamento dell’imposta effettivamente dovuta o l’abbia esposta a indebite detrazioni”) , infatti, “va letta in coerenza con quanto prescritto dagli artt. 17 e 20 della sesta direttiva del Consiglio CEE n. 77/388 e del principio affermato dalla Corte di Giustizia CEE con sentenza 13 dicembre 1989 (c. 342/87) nel senso che il diritto alla detrazione non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì, che l’imposta sia effettivamente dovuta e, cioè, corrispondente ad operazione effettivamente soggetta all’IVA” (Cass., trib.: 16 luglio 2003 n. 11110; 5 giugno 2003 n. 8959; 2 settembre 2002 n. 12756; 26 ottobre 2001 n. 13222; 27 giugno 2001 n. 8786).

La divaricazione tra il soggetto che ha emesso la fattura e quello ha ceduto la merce o prestato il servizio, quindi, fa venir meno il requisito della detraibilità dell’imposta per carenza dell'”inerenza all’impresa” (che è onere del contribuente provare: cfr., Cass. nn. 13205 del 2003, 11109 del 2003 e 15228 del 2001, citt.) dell’operazione fatturata, ovverosia della ricorrenza dell’imprescindibile “nessofunzionale” che deve legare “il costo alla vita dell’impresa”, cioè quel “rapporto tra un costo e lo svolgimento della specifica attività, che costituisce la ragion d’essere stessa dell’impresa”: “in ipotesi di inesistenza soggettiva – nella quale, pur essendo i beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa cessionario, risulti che l’emittente della fattura è soggetto diverso dal cedente/prestatore – l’obbligo di corrispondere l’importo corrispondente all’imposta sull’operazione soggettivamente inesistente deriva dal precetto normativo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, mentre risulta evasa l’imposta dovuta, in base al fisiologico funzionamento del meccanismo IVA, per l’operazione effettivamente realizzata (in tal senso: v.

Cass. 6378/06)”, con la conseguenza che “il costo dell’IVA versata sulla fattura relativa ad operazione soggettivamente inesistente si appalesa quale costo non necessariamente inerente”.

B. L’applicazione alla fattispecie di tali univoci principi evidenzia l’insussistenza di tutte le complessive violazioni denunziate dalla contribuente atteso che le censure (eminentemente fattuali) rivolte alla sentenza impugnata si risolvono:

– nell’esposizione di opinioni (“dubbio in ordine ad una singola operazione”) della parte (intuitivamente interessata) contrarie alla valenza probatoria attribuita dal giudice del merito (cui è istituzionalmente commesso l’afferente compito) a determinati fatti (le dichiarazioni del S., la prima delle quali solo “il 10% del fatturato … corrispondeva ad attività effettivamente svolta”non contraddice affatto la successiva l'”intera attività di EUROUTENSILI … era fittizia”, e la “firma” dello stesso, all’epoca “già ottantenne”, “riportata nella bolla di accompagnamento”quale “conducente”, quindi nella qualità di soggetto tenuto, per legge, ad effettuare “personalmente” il “trasporto della merce”), costituenti elementi logicamente sufficienti a costituire “attendibile riscontro indiziario sulla inesistenza delle operazioni fatturate” ed a far sorgere, quindi, l'”onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti”;

– nella mera allegazione di circostanze (“obiettivamente acquisito agli atti … il fatto che EUROUTENSILI … disponesse di materiale ferroso in deposito”) – delle quali non vi è traccia nella decisione del giudice di appello – prive di concreta valenza perchè del tutto indeterminate, essendo state enunciate senza osservare il disposto dell’art. 366 c.p.c. (“esposizione sommaria dei fatti della causa” e indicazione dei “motivi”, anche di fatto, “per i quali si chiede la cassazione”) , atteso che nel ricorso non sono stati riportati (come la norma processuale testè richiamata impone e è come necessario per poter valutare la rilevanza, ai fini di una diversa decisione della controversia, della deduzione) nè le precise circostanze storiche deponenti per la affermata disponibilità “di materiale ferroso in deposito” nè il testo delle (ignote) “dichiarazioni” di ” L.P. e G.” e di ” L. e C.” (questi ultimi “persone informate dei fatti”) dai quali il giudice del merito avrebbe dovuto dedurre (o, eventualmente, quello di rinvio potrebbe dedurre) la veridicità (soggettiva) dell’operazione economica indicata nella fattura contestata;

– ancora ed infine, nella esposizione di fatti (anche questi carenti di autosufficienza, essendosi la ricorrente limitata ad affermare di aver “documentato”, senza però indicare, in rispetto dell’art. 366 cit., la natura delle prove afferenti, i tempi ed i modi della loro acquisizione processuale ed il contenuto delle stesse) del tutto irrilevanti (giusta i principi giuridici innanzi richiamati), quali l'”utilizzo”della mercè (carente anche questo della indicazione degli elementi che lo avrebbero “documentato”) e il preteso “integrale pagamento” (il sospetto sulle cui modalità, avanzato dal giudice del merito, come la negativa considerazione dello stesso sulla “credibilità commerciale” della fornitrice sono vanamente attaccate dalla ricorrente perchè le stesse si rivelano considerazioni soltanto rafforzative, e non decisive, del già raggiunto (ed esposto) convincimento in ordine alla natura soggettivamente fittizia dell’operazione economica con la s.a.s.

EUROUTENSILI, (convincimento) fondato dalla Commissione Tributaria Regionale (in sintesi), soprattutto ed essenzialmente, sulla totale mancanza, nella società cedente, di “strutture tecniche, commerciali ed amministrative necessarie per porre in essere le attività oggetto della fatturazione”.

p. 6. Delle spese processuali.

Per la sua totale soccombenza la ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., è tenuta a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto conto del valore della controversia nonchè dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il controricorso del Ministero e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità tra tale ente e la ricorrente; rigetta il ricorso della società e condanna la stessa a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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