Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24929 del 09/10/2018

Cassazione civile sez. II, 09/10/2018, (ud. 20/07/2018, dep. 09/10/2018), n.24929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2658/2015 R.G., proposto da:

M.G., M.M., M.R.,

C.G., C.P., C.V., H.P. e

D.G.O., rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Iannacci e

dall’avv. Carmela Immacolata D’Errico, con domicilio eletto in Roma,

Via Luigi Rizzo n. 36.

– ricorrenti –

contro

Ci.Fa., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Lepore

Sarti, con domicilio eletto in Roma, Via Polibio n. 15.

– controricorrente –

e

A.V..

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6706/2013,

depositata in data 10.12.2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20.7.2018 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Ci.Fa. ha convenuto in giudizio M.G., M.M., M.R., C.G., C.P., C.V., H.P. e D.G.O., esponendo di esser proprietario del terreno sito in Roma, loc. (OMISSIS), in catasto al foglio (OMISSIS), partt. (OMISSIS), ricevuto con donazione del 13.1.1984; che i convenuti avevano acquistato in pari data un lotto di terreno confinante, in catasto al fl. (OMISSIS), partt. (OMISSIS) e che essi, dopo l’acquisto, avevano realizzato una recinzione lungo il confine e una strada; che, a seguito di successive indagini tecniche, era emerso che la linea di confine non corrispondeva a quanto risultante dagli estratti di mappa e che i convenuti avevano occupato una parte del terreno di proprietà dell’attore.

Ha chiesto di ordinare il rilascio della porzione di terreno occupata illegittimamente, previa individuazione del reale confine tra i fondi. I convenuti hanno sostenuto di aver determinato il confine in contraddittorio con Ci.Sa., padre dell’attore, ed hanno chiesto in via riconvenzionale di dichiarare l’acquisto della porzione controversa a titolo di usucapione abbreviata; hanno inoltre chiesto la chiamata in causa di A.V. e M.F. per far accertare che questi ultimi avevano a loro volta occupato parte dei loro terreni e per ottenerne il rilascio.

Il Tribunale di Roma ha determinato il confine tra la rispettive proprietà secondo la descrizione alle planimetria sub a) della c.t.u., ed ha disposto il rilascio della porzione evidenziata nella planimetria sub 3), con spostamento della recinzione lungo il confine individuato dal consulente; ha accertato che i chiamati in causa avevano occupato la superficie indicata nella planimetria redatta dal c.t.u., di cui ha disposto il rilascio.

La sentenza, appellata in via principale dagli attuali ricorrenti ed in via incidentale da A.V., è stata integralmente confermata in secondo grado.

La Corte distrettuale ha ritenuto tardiva l’impugnazione incidentale dell’ A. ed inammissibile la produzione dei documenti depositati in appello (la relazione della Società Aerofotografie del 15.1.2010, i rilievi aerofotogrammetrici a data certa e l’atto di compravendita del 4.5.2007).

Ha inoltre stabilito che per individuare i confini occorreva far riferimento alla c.t.u. espletata in primo grado e all’atto di frazionamento del 16.11.1972, da cui avevano “tratto origine tutte le particelle interessate”, pervenendo alla conclusione che gli appellanti avevano occupato mq. 658 della proprietà del Ci.. Ha escluso che l’atto di acquisto dell’immobile da parte degli attuali ricorrenti includesse anche la porzione controversa, poichè dalla foto aerea della N.S. del (OMISSIS) non era rilevabile alcuna recinzione, assunta da termine di riferimento per la misurazione delle superfici trasferite, rilevando inoltre che tali recinzioni figuravano solo dal frazionamento eseguito nel marzo 1985 e non insistevano sul confine della proprietà del resistente.

Per la cassazione di questo sentenza M.G., M.M., M.R., C.G., C.P., C.V., H.P. e D.G.O.C.S. hanno proposto ricorso in due motivi, illustrati con memoria, cui Ci.Fa. ha resistito con controricorso.

A.V. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la sentenza impugnata abbia ritenuto che lungo i confini tra i fondi non sussistessero recinzioni volte a delimitare il confine tra i fondi, che invece non potevano essere escluse solo in base alla foto della S.N. del 1985, come i ricorrenti avevano inteso provare con la relazione della Società aerofotografie e con i rilevamenti aerofotogrammetrici a data certa, elementi che rappresentavano il reale stato di fatto al momento della stipula dei rogiti, attestato peraltro dal frazionamento eseguito nel 1984.

La sentenza avrebbe, inoltre, omesso di motivare sulle osservazioni formulate dal consulente di parte, il quale aveva evidenziato che il c.t.u., nel sovrapporre i frazionamenti eseguiti nel 1972 e nel 1984 nonchè il rilievo di campagna e le mappe catastali, era incorso in “un errore di rotazione e traslazione rilevabile dal fatto che nel secondo frazionamento il termine lapideo indicato in catasto non era più esistente”, mentre, in realtà, la situazione originaria contemplava una pluralità di porzioni “i cui confini scaturivano da rilievi appoggiati su capisaldi ben determinati sulla Via Italo Piccagli nelle mappe originarie, con termini indicati lungo tutto il perimetro del consorzio”. Infine la Corte di merito, ritenendo che i ricorrenti avessero occupato abusivamente una porzione di mq. 658, non avrebbe considerato che la porzione residua della loro proprietà, al netto del suddetto sconfinamento, risultava inferiore a quella contemplata nel rogito di acquisto, assommante a mq. 10.050.

Il motivo è infondato.

Anzitutto il ricorso non riporta, quantomeno per sintesi, il contenuto delle prove orali articolate in giudizio ed il contenuto del rogito di acquisto del 13.1.1984, impedendo di valutarne la rilevanza e di accertare se il giudice abbia trascurato circostanze decisive per la soluzione della lite o erroneamente individuato i confini tra le due proprietà, in contrasto con le indicazioni dei titoli.

Sotto altro profilo, non sono comunque invocabili gli artt. 115 e 116 c.p.c., per sindacare, così come sollecitano i ricorrenti, il modo in cui il giudice di merito ha valutato le risultanze istruttorie.

Il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, sicchè la denuncia della loro violazione non integra un vizio riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ma un errore di fatto, che deve essere censurato sul piano della motivazione e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con L. n. 134 del 2012, qui applicabile in relazione alla data di deposito della sentenza impugnata (3.6.2014; cfr., tra le tante, Cass. 23940/2017; Cass. 24434/2016; Cass. 11892/2016).

In particolare l’art. 115 c.p.c. può dirsi violato non allorchè si alleghi una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di sua iniziativa al di fuori dei limiti in cui gli sono attribuiti poteri officiosi di indagine (Cass. 27000/2016; Cass. 13960/2014), mentre si configura la violazione dell’art. 116 c.p.c., solo se il giudice di merito abbia disatteso l’obbligo di valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. 13960/2014; Cass. 11892/2016).

1.2. La Corte distrettuale ha accertato che l’individuazione dei confini tra i fondi doveva effettuarsi principalmente sulla base del frazionamento eseguito nel 1972 dall’originario unico proprietario, poichè da esso avevano tratto origine tutte le particelle interessate, e ha ritenuto irrilevante, con valutazione di merito (sostanziante, peraltro, un’autonoma ratio decidendi non oggetto di censura e quindi definitiva), il frazionamento del marzo 1984, poichè successivo al perfezionamento degli atti di acquisto del 13.1.1984.

Su tali premesse la circostanza che i fondi presentassero recinzioni sin dal 1984 – che peraltro la sentenza ha escluso in fatto – non poteva risultare decisiva, occorrendo che le porzioni controverse fossero contemplate nel titolo di acquisto dei ricorrenti, il quale, agli effetti dell’usucapione abbreviata, doveva contenere con esattezza, i limiti dell’oggetto del diritto acquistato a non domino, affinchè, attraverso la trascrizione, i terzi fossero posti in grado di essere accertare il possesso di buona fede dell’acquirente (Cass. 866/2000; Cass. 5071/1993; Cass. 2693/1987; Cass. 965/1971; Cass. 1932/1966; 16.7.1966, n. 1923).

L’art. 1159 c.c., postula, difatti, l’identità fra l’immobile posseduto e quello acquistato in buona fede, corrispondenza che va accertata in base ad una distinta valutazione del titolo di acquisto e del possesso, rimanendo preclusa la possibilità di integrare le risultanze dell’uno con quelle dell’altro (Cass. 10873/2018).

1.3. Neppure si configura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia in quanto la sentenza impugnata si fonda sulle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto poste a base della pronuncia del tribunale, con conseguente inammissibilità della censura ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, sia perchè la sussistenza delle recinzioni, la delimitazione dei confini, il duplice frazionamento delle porzioni sono circostanze di fatto specificamente valutate nei gradi di merito, il che di per sè esclude il vizio denunciato (Cass. s.u. 8053/2014).

1.3. Quanto all’omessa motivazione in replica alle osservazioni critiche mosse alla c.t.u. e all’errore in cui sarebbe incorso il consulente nel sovrapporre i rilievi di campagna e le mappe catastali, si è già detto che la Corte distrettuale ha ritenuto esaustivo il primo frazionamento al fine di delimitare i confini, mentre il secondo frazionamento è stato ritenuto irrilevante poichè rappresentava la esistenza delle recinzioni sulla sola part. (OMISSIS) di proprietà dei ricorrenti ed era stato redatto dopo i rogiti di trasferimento.

Ciò rendeva superflua una più puntuale motivazione in risposta alle obiezioni formulate dal c.t.p., le quali vertevano sulla comparazione tra le risultanze dei due atti, ritenuta dalla Corte di merito, per le ragioni già dette, tutt’altro che decisiva per l’esito del giudizio.

1.4. Riguardo infine alle conseguenze dell’accertato sconfinamento sull’estensione della superficie residua, oggetto del rogito di acquisto dei ricorrenti, in aggiunta alla già rilevata insufficiente specificità del motivo, la censura, riguardante un fatto dedotto a motivo di appello (cfr. ricorso pag. 12), risulta prospettata come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed è quindi inammissibile, poichè il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello e l’omessa pronuncia è in tal caso deducibile solo come violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 6835/2017; Cass. 22759/2014; Cass. 26155/2014).

2. Il secondo motivo censura la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte distrettuale abbia ritenuto inammissibili le produzioni documentali nel giudizio d’appello senza motivare sulla non indispensabilità della loro acquisizione, benchè la relazione della Società Aerofotografie e i rilievi aerofotogrammetrici provassero la sussistenza di recinzioni volte a delimitare i confini dei fondi da epoca anteriore ai rogiti di trasferimento.

Il motivo è infondato.

Premesso che quando viene dedotta in sede di legittimità l’erroneità della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, questa Corte, essendo chiamata ad accertare un error in procedendo, è giudice anche del fatto processuale ed è, quindi, tenuta a verificare l’indispensabilità della prova non ammessa (Cass. 3309/2017; Cass. 1277/2016), deve considerarsi che le suddette produzioni erano volte a dimostrare che le recinzioni tra i fondi erano sussistenti già alla data della foto della N.S. del (OMISSIS) e che quindi anche la superficie controversa era contemplata nel rogito di acquisto dei ricorrenti.

I suddetti documenti non potevano – però – considerarsi indispensabili, dato che la Corte distrettuale, con accertamento in fatto, ha stabilito che i titoli di acquisto facevano riferimento al frazionamento del 1972, il quale consentiva di delimitare compiutamente le singole porzioni, per cui la sola preesistenza delle recinzioni non poteva condurre, con carattere di certezza, a superare le emergenze di causa valorizzate in sentenza e a considerare la porzione controversa ricompresa nell’oggetto del rogito del 18.1.1984, inteso quale titolo idoneo al trasferimento della proprietà agli effetti dell’usucapione abbreviata.

Costituisce – difatti – prova nuova indispensabile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3 (nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito con L. n. 134 del 2012), quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato (cfr., per tutte, Cass. s.u. 10790/2017).

Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza e con liquidazione in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 a titolo di compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%.

Si dà atto che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2018

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