Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24929 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24929 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 18687-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
1555

ABACO INTERNATIONAL SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO,
rappresenta

e

difende

unitamente

che lo

all’avvocato

Data pubblicazione: 06/11/2013

MOSCHETTI FRANCESCO giusta delega a margine;

controricorrente

avverso la sentenza n. 16/2009 della COMM.TRIB.REG.
di VENEZIA, depositata il 18/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’AYALA
VALVA che si riporta alla memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 06/05/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO

Svolgimento del processo

In esito a verifica fiscale ed alla redazione del PVC in data 25.5.2005,

accertamento ai fini IVA, IRPEG, IRAP con il quale venivano recuperati,
per l’anno di imposta 2003: 1-costi ritenuti indeducibili in quanto relativi
ad operazioni eseguite con soggetti domiciliatiin Paesi a fiscalità agevolata;
2-indebite detrazioni IVA su fatture passive emesse da Mobil Hi-Tech in
quanto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti; 3-l’imposta
dovuta su operazioni eseguite, in regime di plafond ai sensi dell’art. 8col
lett. c) Dpr n. 633/72, con GS Generai Service s.r.l. e con la società
INFOFEL ma sulla base di lettere di intento risultate false non possedendo
tali società i requisiti di esportatori abituali.

Il giudizio di primo grado si risolveva a favore della società
contribuente.
I Giudici territoriali con sentenza 18.5.2009 n. 16 rigettavano l’appello
dell’Ufficio rilevando:
1-che la società contribuente aveva tempestivamente emendato dalla
originaria dichiarazione la deduzione dei costi relativi ad operazioni con
soggetti residenti in Paesi a fiscalità agevolata, presentando dichiarazione
integrativa per l’anno d’imposta 2003 ai sensi dell’art. 2co8 Dpr n.
322/1998 come sostituito dall’art. 2 lett. d) del Dpr n. 435/2001;
2-che dalle prove acquisite al giudizio risultava che la società Mobil
operava effettivamente nel settore commerciale dei prodotti informatici in
quanto aveva regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi e
I
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Co est.
Stefan
livieri

nei confronti di ABACO International s.r.l. veniva notificato avviso di

risultava una consistente movimentazione di merci cedute a diverse ditte
acquirenti, dovendo conseguentemente escludersi che tale società fosse una
mera “cartiera”;
3- che l’Ufficio non aveva fornito idonea prova della fittizietà delle
società che avevano presentato le “dichiarazioni di intenti” e che doveva
comunque escludersi la responsabilità del cedente per le dichiarazioni rese

Ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo
quattro mezzi.
Ha resistito con controricorso la società che ha depositato anche
memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Esame dei motivi del ricorso principale

§ 1. Primo motivo
Vizio di violazione dell’art. 1 commi 302 e 303 legge n. 296/2006, art.
2co8 e co8 bis Dpr n. 322/1998, art. 8 co3 bis Dlgs n. 471/1997 ed art. 13
Dlgs n. 472/1997, in relazione all’art. 360co 1 n. 3) c.p.c.

1.1 La Agenzia censura la statuizione della sentenza di appello che ha
ritenuto rettificabile, ai sensi dell’art. 2co8 bis Dpr n. 322/98 introdotto
dall’art. 2 Dpr n. 435/2001, la dichiarazione dei redditi presentata per
l’anno 2003 (Modello Unico 2004) da Abaco International s.r.1., in quanto
intervenuta non oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa
al periodo di imposta successivo, ostandovi la disciplina dettata dall’art. 13
Dlgs n. 472/1997 in tema di ravvedimento in ordine agli illeciti tributari.
2
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

est.
Stefan \g ivieri

da terzi.

1.2 H quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., norma
applicabile “ratione temporis”, supera il vaglio di ammissibilità in quanto è
diretto a contrastare la “regula iuris” applicata dalla CTR secondo cui la
rettifica della dichiarazione dei redditi -consentita in ogni caso e senza
limitazioni purchè effettuata entro il termine di decadenza previsto-,

(non indicati, come richiesto ex lege, “separatamente” nella originaria dichiarazione,
successivamente emendata) sostenuti per operazioni effettuate con soggetti

residenti in Paesi a fiscalità agevolata. Ne segue che correttamente il
quesito investe la decisione impugnata tanto in relazione alla statuizione
esplicita dichiarativa della facoltà del contribuente di emendare la
dichiarazione fiscale con il solo limite temporale indicato (e dunque anche
dopo la notifica di un atto di accertamento o di constatazione di illecito), quanto in

relazione alla statuizione -implicitamente fondata sulla precedente- che ha
ritenuto sussistenti nella specie, a seguito della rettifica, i presupposti
costitutivi del diritto alla deduzione.

1.3 E motivo è fondato.

1.4 La deducibilità dal redditO d’impresa dei costi relativi ad operazioni
con soggetti residenti in Paesi a fiscalità agevolata (cd. black list) ha trovato
disciplina nell’art. 76 commi 7 bis e 7 ter del Dpr n. 917/1986 (TUIR), e
quindi nell’art. 110 commi 10 ed 11 del TUIR (in seguito alla trasposizione di
dette disposizioni nella nuova norma operata dal Dlgs 12.12.2003 n. 344).

La deducibilità di tali costi era in via generale negata -per finalità
antielusiva- salvo che:
a) fosse fornita dal contribuente la prova contraria che “le imprese
estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva,
3
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Co est.
Stefano ivieri

attribuiva alla società contribuente il diritto a portare in deduzione i costi

ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo
interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta
esecuzione”
ed a condizione che:
b) i costi e gli altri componenti negativi di reddito che si intendevano
portare in deduzione fossero specificamente determinati nel loro

1.5 La espressa subordinazione della deducibilità all’osservanza della
indicata prescrizione formale (adempimento da ritenersi indispensabile per
consentire l’attività di verifica dell’Ufficio finanziario) qualificava la stessa
come elemento costitutivo del diritto del contribuente alla deduzione delle
spese in questione: la deduzione dei costi in difetto della sussistenza della
condizione sostanziale ovvero della condizione formale, legittimava
l’accertamento fiscale fondato sul recupero del maggiore imponibile
nonché la irrogazione della sanzione pecuniaria per illecito tributario
consistente nella presentazione di dichiarazione infedele (art. 8 comma 1
Dlgs n. 471/1997).

1.6 Tale sistema è stato modificato, a decorrere dal periodo di imposta
dell’anno 2007 (fatta salva la applicazione in materia sanzionatoria del principio
del “favor rei” ex art. 3 comma 3 Dlgs n. 472/1997), dall’intervento normativo

disposto con la legge 27.12.2006 n. 296 che l’art. 1 commi 302 e 303 (legge
finanziaria 2007) che, quanto al piano del diritto sostanziale, ha sottratto la
predetta prescrizione formale alla fattispecie costitutiva del diritto alla
deduzione, imponendo tuttavia al contribuente il relativo adempimento in
funzione delle esigenze di controllo degli Uffici finanziari; quanto al piano
sanzionatorio, ha previsto con la introduzione del comma 3 bis all’art. 8
Dlgs n. 471/1997 una autonoma fattispecie di illecito quando la omissione o
4
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

C s. est.
livieri
Stefan

ammontare e separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

la incompletezza dei dati riportati nella dichiarazione dei redditi abbia ad
oggetto “la indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui
all’articolo 110, comma 11, del testo unico delle imposte sui redditi”.

1.7 Tale il quadro normativo di riferimento, occorre premettere in fatto
che: 1-la società ha presentato la dichiarazione dei redditi relativa all’anno

componenti negativi di reddito, portati in deduzione dall’imponibile,
relativi alle operazioni effettuate con soggetti residenti nei Paesi esteri
inseriti nella black list; 2-in data 25.5.2005 era stato notificato alla società,
in esito alla verifica parziale, il PVC con il quale era stato contestato
l’illecito tributario (violazione dell’art. 110 comma 11TUIR) e la consegnate
indeducibilità delle spese in questione; 3-con dichiarazione integrativa in
data 7.10.2005 la società aveva inteso correggere ai sensi dell’art. 2 comma
8 (secondo l’assunto della Agenzia ricorrente) ovvero comma 8 bis (secondo la
tesi sostenuta -sembra- dalla società e comunque accolta dalla CTR veneta)

la

originaria dichiarazione, inserendo il dato relativo all’ammontare dei costi
concernenti le predette operazioni commerciali; 4-in data 11.11.2005 era
sto notificato alla società l’avviso di accertamento con il quale venivano
recuperati a tassazione i costi ritenuti indeducibili.
Tanto premesso la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte
concerne la facoltà della ditta contribuente (affermata dal Giudice di merito e
contestata dalla Agenzia fiscale ricorrente) di portare in deduzione i componenti

negativi di reddito derivanti dalle operazioni con soggetti residenti in Paesi
a fiscalità agevolata, ottemperando alla iscrizione separata dei costi requisito costitutivo del diritto ai sensi della normativa applicabile “ratione
temporis”- mediante dichiarazione integrativa presentata entro il termine di
scadenza della dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo ma
successivamente alla contestazione della violazione tributaria.
5
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Co4 est.
Stefan
livieri

2003 omettendo di indicare separatamente l’ammontare delle spese e dei

La questione va risolta alla stregua del principio enunciato da questa
Corte, in caso analogo, al quale il Collegio intende aderire, secondo cui “in
tema di imposte sui redditi, costituisce causa ostativa alla presentazione
della dichiarazione integrativa, di cui all’art. 2, comma 8, del d.P.R. 22
luglio 1998, n. 322, la notifica della contestazione di una violazione
commessa nella redazione di precedente dichiarazione, in quanto se fosse

stesse la correzione si risolverebbe in un inammissibile strumento di
elusione delle sanzioni previste dal legislatore” (cfr. Corte cass. Sez. 5,
Sentenza n. 5398 del 04/04/2012).

Il

principio

di

diritto

individua,

dunque,

nell’atto

di

accertamento/contestazione il fulcro intorno quale ruota la emendabilità
degli errori, lacune, omissioni dei dati contenuti nelle dichiarazioni fiscali,
venendo a raccordare la facoltà di emenda della dichiarazione prevista
dall’art. 2 comma 8 ed 8 bis Dpr 22.7.1998 n. 322 (nel testo introdotto dal
Dpr 7.12.2001 n. 435) all’esercizio del ravvedimento operoso in tema di
illeciti fiscali, consentito al contribuente dall’art. 13 comma 1 Dlgs n.
472/1997

“semprechè la violazione non sia stata già constatata e

comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività
amministrative di accertamento delle quali l’autore od i soggetti
solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza…”, atteso che la
relazione tra le due norme -diversamente da quanto opinato dalla società
controricorrente- non si pone in termini di successione delle norme nel
tempo (in considerazione del differente oggetto della disciplina dettata da ciascuna
di esse), ma in termini di coordinamento e, dunque, venendo in questione

un tipico problema di interpretazione sistematica del complesso normativo.

1.8 Occorre tenere in conto che il caso di specie riveste un carattere del
tutto peculiare in considerazione della specifica natura che le legge viene a
6
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Co est.
ivieri
Stefan

possibile porre rimedio alle irregolarità anche dopo la contestazione delle

riconoscere all’adempimento formale (indicazione separata nella dichiarazione
dei costi deducibili rivenienti da operazioni commerciali “sospette”), la cui

inosservanza non integra semplicemente una violazione tributaria soggetta
a sanzione pecuniaria, ma impedisce il perfezionamento della stessa
fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese.
Tanto significa che, al momento dei rilievi formulati con il PVC del

deduzione tali costi, con la conseguenza che la deduzione operata nella
dichiarazione integrava oggettivamente una evasione d’imposta, sottraendo
indebitamente un corrispondente importo dalla base imponibile -ai fini
dell’IRPEG e dell’IRAP- in danno dell’Erario.

1.9 Tale situazione in cui l’accertamento e la irrogazione delle sanzioni
pecuniarie definivano il rapporto tributario proprio in relazione alla
mancanza del diritto alla deduzione di tali costi da parte della società
contribuente, appare del tutto diversa da quelle contemplate dall’art. 2
comma 8 (integrazione dei dati della dichiarazione, a favore dell’Erario) e comma
8 bis (rettifica dei dati della dichiarazione, a favore del contribuente) in cui la
modifica apportata con la dichiarazione integrativa, non interviene a
completare con effetto ex nunc la fattispecie costitutiva del diritto che il
contribuente intende far valere nei confronti della PA, ma viene ad incidere
esclusivamente sul “quantum” dei rispettivi crediti-debiti sussistenti al
momento della presentazione della dichiarazione, e cioè sulla dimensione
della base imponibile ovvero sull’ammontare della imposta dovuta o del
credito d’imposta, i cui importi vengono ad essere corretti in
considerazione o di errori meramente materiali o di calcolo, o di omissioni
concernenti componenti -per quanto interessa la presente controversia- negativi
di reddito preesistenti alla dichiarazione e che il contribuente aveva quindi
diritto a portare in deduzione, o ancora di crediti di imposta già maturati al
7
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

C ns. est.
Stefaì Olivieri

25.5.2005, la società non disponeva affatto del diritto di portare in

tempo della presentazione della dichiarazione che il contribuente aveva
diritto di portare in compensazione o di richiedere a rimborso. Con
specifico riferimento alla ipotesi di correzioni a favore del contribuente (art.
2 comma 8 bis), infatti, viene ad essere esercitato un diritto del quale il
contribuente era già titolare al momento della presentazione della
dichiarazione originaria, e che può, quindi, validamente opporre al Fisco

rendere ostensibile il diritto preesistente mediante correzione del dato
omesso od inesattamente riportato nella dichiarazione originaria.

1.10 Diverso è invece il caso sottoposto al presente esame in cui,
l’intervento modificativo della dichiarazione di redditi, non ha la funzione
di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi
omessi od errati o di emendare errori di calcolo (e dunque, in relazione alle
modifiche a favore del contribuente ex art. 2 comma 8 bis Dpr n. 322/1998, di
esercitare il diritto alla deduzione od al rimborso), ma è volto a costituire “ex

novo” un diritto (alla deduzione di spese) prima inesistente: non può
trovare quindi applicazione alla ipotesi indicata il principio di diritto
secondo cui in tema di imposte sui redditi, la possibilità per il contribuente
di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti
sull’obbligazione tributaria, ma di carattere meramente formale,

è

esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa
dell’Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per
l’integrazione della dichiarazione,

(fissato in quello prescritto per la

presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo dall’art. 2,
comma 8 bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, come introdotto dall’art. 2 del d.P.R. n. 435
del 2001), la cui scadenza opera -atteso il tenore letterale della disposizione-

solo per il caso in cui si voglia mutare la base imponibile, ma non anche
quando venga in rilievo un errore meramente formale (cfr. Corte cass. Sez. 5,
8
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

C
Stef

est.
livieri

con la presentazione della dichiarazione integrativa, trattandosi soltanto di

Sentenza n.

5852

del

13/04/2012

-nella fattispecie trattavasi di erronea

contabilizzazione delle date dei versamenti delle ritenute alla fonte “dovuto ad un
errore formale del software di gestione della dichiarazione, che indicava il mese di
competenza dei compensi erogati e non il periodo di pagamento”: in motivazione-).

1.11

E’ dunque su tale ontologica distinzione delle situazioni

pronuncia n. 5398/2012, ed al quale intende dare seguito il Collegio,
venendo a coincidere -nello specifico caso sottoposto all’esame di questa
Corte- la commissione dell’illecito tributario (indebita deduzione di costi) con
il mancato perfezionamento del diritto (alla deduzione dei costi): ed infatti
in tanto può essere nella specie contestato l’illecito ex art. 8 comma 3 bis
Dlgs n. 471/1997 (per omessa separata indicazione nella dichiarazione dei redditi
dei costi inerenti alle operazioni commerciali individuate dall’art. 110 comma 10 del
TUIR), in quanto risulti accertata la insussistenza del diritto del contribuente
a portare in deduzione detti costi, in difetto dell’elemento formalecostitutivo del diritto (separata indicazione in dichiarazione) previsto dall’art.
76 comma 7 ter (e quindi dall’art. 110 comma 11 -nel testo introdotto dal’art. 1
del Dlgs 12.12.2003 n. 344- del TUIR).
La ammissibilità di una insorgenza del diritto alla deduzione “ex post”
rispetto alla contestazione dell’illecito ed all’accertamento della
indeducibilità dei predetti componenti negativi di reddito, si porrebbe in
manifesto contrasto oltre che con il principio di effettività della sanzione
(venendo ad elidere lo stesso esercizio del “jus puniendi” della PA) anche con i
principi di efficienza e buon andamento della Amministrazione finanziaria
ex art. 97 Cost., in quanto verrebbe a vanificare le attività ispettive e di
controllo svolte dagli Uffici finanziari, demandando al contribuente la
scelta di evidenziare o meno nella dichiarazione fiscale i costi relativi ad
operazioni indicate dal Legislatore come altamente sospette in relazione
9
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Ciis. est.
Stefai Olivieri

considerate confronto che si fonda il principio enunciato dalla citata

alla tipologia dei soggetti esteri con le quali vengono intrattenute,
consentendo di sanare ex post la “irregolarità” mediante presentazione di
una dichiarazione integrativa, “secundum eventum inspectionis”, con
evidenti effetti pregiudizievoli sullo scopo antielusivo della norma e sulla
efficacia dei controlli.

limitatamente al recupero a tassazione dei costi ritenuti indeducibili ai sensi
dell’art. 76 comma 7 ter (vecchio TUIR, attuale art. 110 comma 11 TUIR).

§ 2. Secondo motivo
Vizio di omessa od insufficiente motivazione ex art. 360co1 n.5 c.p.c., in
relazione alla omessa considerazione di elementi indiziari determinanti ai
fini dell’accertamento di “operazioni soggettivamente inesistenti” poste in
essere da Abaco International s.r.l. con Mobil HI TECH s.r.l.

2.2 H motivo è fondato.

2.3 Occorre premettere che il diritto alla detrazione ex art. 19 Dpr n.
633/1972 non può prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in
specie dalla fattura che in tema di IVA è documento idoneo a rappresentare
un costo dell’impresa, come si evince chiaramente dall’art. 21 del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, che ne disciplina il contenuto, prescrivendo tra l’altro
l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo di ogni operazione
commerciale.
Pertanto, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad
operazioni inesistenti (in tale nozione dovendo essere ricondotte non soltanto le
ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata, ma anche ogni tipo di
10
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Coq est.
Stefano livieri

1.12 La sentenza deve, in conseguenza, essere cassata in parte qua,

divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, ivi compresa
l’ipotesi di inesistenza soggettiva, nella quale, pur risultando i beni entrati nella
disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture che ha regolarmente
versato il corrispettivo, venga accertato che uno o entrambi i soggetti del rapporto
documentato dalla fattura siano falsi: cfr. Corte cass. V sez. n. 6378 del 22/03/2006;
id. V sez. n. 29467 del 17/12/2008; id. V sez. n. 7672 del 16/05/2012; id. V sez. n.

effettiva, ma spetta all’amministrazione, che adduce la falsità del
documento, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in
realtà non è mai stata posta in essere (cfr. Corte cass. V sez. 12.12.2005 n.
27341; id. V sez. n. 12802 del 1010612011). Tale prova è raggiunta se

l’amministrazione fornisca validi elementi -alla stregua dell’art. 54 comma 2
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633-, che possono anche assumere la consistenza di

attendibili indizi, per affermare che alcune fatture sono state emesse per
operazioni -anche solo parzialmente- fittizie (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 15395 del 11/06/2008), ovvero che -ai sensi dell’art. 54 comma 3 del
medesimo decreto- dimostrino “in modo certo e diretto” la “inesattezza
delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione”
(prova che può essere data anche attraverso “i verbali relativi ad ispezioni
eseguite nei confronti di altri contribuenti”). In tal caso passerà sul
contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni
contestate (cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953; id. V sez. 11.6.2008 n.
15395; id. V sez. 7.2.2008 n. 2847).

Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla
legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare,
singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti
dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio
giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o
incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento,

qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e
11
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Cons. st.
Stefano O vieri

23074 del 14/12/2012), non spetta al contribuente provare che l’operazione è

concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria
offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e
2697 comma 2 c.c. (cfr. Corte cass. V sez. 23.4.2010 n. 9784 ; id. V sez. n. 4306
del 23/02/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012).

2.4 Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, riconducibile alle

contribuente che esercita il diritto alla detrazione IVA proviene in realtà da soggetto
diverso da quello interposto o cd. “fantasma” che ha emesso la fattura incassando
l’IVA ed omettendo poi di versarla all’Erario), la giurisprudenza di questa Corte

ha stabilito che, una volta fornita dalla Amministrazione finanziaria la
prova della interposizione fittizia della società “cartiera o fantasma” nella
operazione commerciale effettivamente posta in essere dal
cessionario/committente con un diverso soggetto -cedente/prestatore- che
non figura nella fatturazione (l’Amministrazione finanziaria “è tenuta a
dimostrare, in primo luogo, gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente,
ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma
operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al
conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e in secondo luogo, la
connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente, però, con
prova certa ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purchè dotate del
requisito di gravità, precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di
elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e
mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente”: cfr. Corte cass. V
sez. n. 10414 del 12/05/2011; id. V sez. n. 23560 del 20/12/2012), spetta al

contribuente (cessionario/committente) che ha portato in detrazione l’IVA
fornire la prova contraria che l’apparente cedente/prestatore non è un mero
soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione è stata “realmente”
conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità
della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la
12
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Cons st.
Stefano Civieri

cd. ‘frodi carosello” (caratterizzate dal fatto che la merce acquistata dal

merce sia stata effettivamente consegnata o che sia stato effettivamente
versato il corrispettivo, “trattandosi di circostanze non concludenti,

la

prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente
inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per
sé a dimostrare l’estraneità alla frode” (cfr. Corte cass. V sez. 24.7.2009 n.
17377; id. 20.1.2010 n. 867; id. 11.3.2010 n. 5912; id. V sez. n. 12802 del

id. 23.12.2005 n. 28695, id. 23.3.2007 n. 7146).

2.5 Occorre tuttavia considerare che, qualora il soggetto passivo non sia
in grado di fornire la indicata prova contraria, non per questo rimane
automaticamente privato del diritto alla detrazione IVA, dovendo tenersi
conto del principio secondo cui nessuno è tenuto a subire le conseguenze
dei fatti illeciti realizzati da altri, laddove non abbia in alcun modo
partecipato alla frode commessa dal soggetto interposto e dai fornitori
ovvero dagli altri soggetti che intervengono nella catena delle cessioni a
monte od a valle della operazione conclusa con il soggetto interposto.
In proposito deve richiamarsi la giurisprudenza comunitaria formatasi
sulla nozione di “buona fede” del soggetto passivo -da intendersi quale
ignoranza incolpevole in ordine agli accordi fraudolenti volti alla evasione del’IVA
intercorsi tra il soggetto cedente/commissionario che ha emesso la fattura ed i
soggetti intervenuti nelle operazioni precedenti o successive-

sulla quale è

imperniato il principio fondamentale del sistema comune dell’IVA che
riconosce il diritto alla detrazione IVA a tutti quei soggetti passivi che
effettuino operazioni di cessione di beni e di prestazioni di servizi
nell’esercizio di una attività economica (cfr. da ultimo Corte giustizia 6.9.2012
causa C-324/11, Gabor Toth, punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e
C-142/11, Mahageben kft, e David), e che si sostanzia nel principio secondo

cui “gli operatori che adottano tutte le misure che si possono loro
ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni
13
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

10/06/2011. Giurisprudenza costante: id. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779,

non facciano parte della frode. ..devono poter fare affidamento sulla liceità
di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla
detrazione dell’IVA pagata a monte” (cfr. Corte giustizia 11.5.2006, in causa
C-384/04, Federation of Technological Industries; id. sentenza 6.7.2006, cause
riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling sprl, punto 51).

Come

chiaramente è stato precisato dal Giudice di Lussemburgo, spetta alla

delle operazioni fatturate, dimostrare (anche in via presuntiva) che il
soggetto passivo “sapeva o avrebbe dovuto sapere

che con il proprio

acquisto partecipava ad una operazione che si iscriveva in una frode IVA”,
tanto potendo fare, sia dando la prova che tale soggetto era direttamente
coinvolto nel fatto illecito (rimanendo in tal caso escluso il diritto alla detrazione,
in base al principio di diritto comunitario secondo cui “gli interessati non possono
avvalersi abusivamente o fraudolentemente”

dei diritti loro riconosciuti

dall’ordinamento comunitario: Corte giustizia 6.7.2006, Kittel e Recolta, cit. punto
53 e 54), sia fornendo anche la prova indiretta della consapevolezza della

frode, mediante indicazione di quegli elementi oggettivi che, avuto riguardo
alle concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore
“eiusdem generis ac professionis” a sospettare della irregolarità della
operazione (dovendo in tal caso considerarsi il soggetto passivo che “sapeva o
avrebbe dovuto sapere”

come “partecipante a tale frode, indipendentemente dalla

circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni”: id. 6.7.2006,
Kittel e Recolta, punto 56 e 57. Cfr. Corte cass. V sez. 20.12.2012 n. 23560 che,

dando atto dei principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria, ha affermato, con
riferimento alla ipotesi di indebita detrazione IVA relativa a fatture emesse per
operazioni “soggettivamente” inesistenti, che spetta alla Amministrazione finanziaria
fornire la prova, anche indiziaria, che il contribuente “sapesse o dovesse sapere” con
l’uso della appropriata diligenza della evasione d’imposta o della frode perpetrata da
altri soggetti ).

In tal caso si riversa sul contribuente l’onere di provare di

essersi trovato nella situazione di oggettiva inconoscibilità delle pregresse
14
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International sr.!.

Co est.
Stefano livieri

Amministrazione finanziaria che contesti la inesistenza -anche soggettiva-

operazioni fraudolente intercorse tra il cedente ed i precedenti fornitori,
oppure, nonostante l’impiego della dovuta diligenza richiesta dalle
specifiche modalità in cui si è svolta l’operazione contestata, di non essere
stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento
delle operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione (cfr. Corte cass.
V sez. n. 23074 del 14/12/2012; id. V sez. n. 6229 del 13/03/2013 secondo cui “in

diretta acquisizione della prestazione da soggetto diverso da quello che ha emesso
fattura e percepito l’IVA in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata
effettivamente resa dal fatturante, perché sfornito di dotazione personale e
strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituisce, di per sé, idoneo elemento
sintomatico dell’assenza di “buona fede” del contribuente, poiché l’immediatezza dei
rapporti (cedente o prestatore – fatturante – cessionario o committente) induce
ragionevolmente ad escluderne l’ignoranza incolpevole circa l’avvenuto versamento
dell’IVA a soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo del
pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in tal caso, sarà il contribuente a dover
provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della
prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il diritto alla
detrazione dell’IVA versata”).

2.6 Le coordinate indicate per l’accertamento della natura fittizia
(oggettivamente o soggettivamente) delle operazioni fatturate debbono
quindi essere seguite dal Giudice di merito in relazione al materiale
probatorio acquisito. Occorre rilevare, in proposito, che nel processo
tributario, gli elementi indiziari (privi delle caratteristiche di cui all’art.
2729 c.c.), concorrono a formare il convincimento del giudice, se confortati
da altri elementi di prova. Ove, invece, rivestano i caratteri di gravità,
precisione e concordanza di cui all’art. 2729 cod. civ., essi danno luogo a
presunzioni semplici (artt. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 54 del d.P.R.
26 ottobre 1972, n. 633), generalmente ammissibili nel contenzioso tributario,
15
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Cons t.
Stefano O

ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente risolventesi nella

nonostante il divieto di prova testimoniale (cfr. Corte cass. V sez. 20.4.2007 n.
9402 -con riferimento alla dichiarazione del terzo acquisita dalla Guardia di finanza

nel corso di un’ispezione il cui verbale era stato debitamente notificato al
contribuente-).

Le presunzioni semplici costituiscono, pertanto, una prova

completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in
via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento,

individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e,
infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli
ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o
dell’eccezione (cfr. Corte cass. III sez. 11.5.2007 n. 10847; id. III sez.
13.11.2009 n. 24028; id. H sez. 27.10.2010 n. 21961), atteso che, nel nostro

ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice,
non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune
di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati
probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente
apprezzamento del giudice. Da ciò consegue che il convincimento del
giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una sola presunzione,
eventualmente in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di
tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di
giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che fornisca del
convincimento così attinto una giustificazione adeguata e logicamente non
contraddittoria (cfr. Corte cass. I sez. 26.3.2003 n. 4472; id. III sez. 18.4.2007 n.
9245; id. III sez. 11.9.2007 n. 19088; id. I sez. 1.8.2007 n. 16993; id. V sez.
8.4.2009 n. 8484), con la ulteriore precisazione che non occorre che tra il

fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva
necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile
dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un
criterio di normalità, cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto
16
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

CoAfst.
Stefano ivieri

nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di

noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con
riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui
sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (cfr.
Corte cass. I sez. 1.8.2007 n. 16993; id. V sez. 8.4.2009 n. 8484; id. II sez.
31.10.2011 n. 22656).

Ne consegue che in presenza di plurimi fatti indizianti allegati dalla

vizio logico della motivazione, non può prescindere, nel giudizio di
selezione e prevalenza dei mezzi di prova, dal compiuto esame di tali
elementi indiziari, sia considerati singolarmente che nelle loro
interrelazioni (verificando eventuali nessi di compatibilità od esclusione
logica), potendo pervenire solo all’esito di tale esame ad esprimere un
motivato giudizio in ordine alla idoneità o meno degli stessi, in relazione ai
requisiti di precisione, rilevanza e convergenza, a soddisfare il meccanismo
logico di inferenza del fatto ignorato avendo raggiunto la consistenza di
prova presuntiva.

2.7 H Giudice di appello non si è attenuto agli indicati principi,
incorrendo nel vizio di legittimità denunciato, da un lato, avendo omesso di
verificare, ai fini della valutazione della prova presuntiva della inesistenza
“soggettiva” delle operazioni commerciali intercorse tra la società
ricorrente e Mobil Hi-Teach s.r.1., la consistenza probatoria dei numerosi
elementi indiziari offerti dalla Amministrazione finanziaria (1-breve periodo,
circa tre anni, di operatività della società; 2-assenza di strutture aziendali -magazzini,
automezzi, personale-; 3-impossibilità di effettuare qualsiasi riscontro in mancanza
di documentazione contabile -distrutta appositamente secondo quanto risultava dai
verbali di intercettazione telefonica acquisiti ai procedimenti penali instaurati nei
confronti del rapp.te legale della società-; 4-mancanza di documentazione
commerciale relativa all’approvvigionamento da parte di Mobil dei beni
successivamente ceduti ad Abaco; 5-fatturazione sottocosto per il 22,5% delle
17
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Cof est.
Stefano livieri

Amministrazione finanziaria, il Giudice di merito, per non incorrere in

operazioni con Abaco pari ad un ammontare complessivo di € 3.000.000,00);

dall’altro avendo ritenuto raggiunta la prova della “reale” effettuazione
delle operazioni di cessione : a) in base ad elementi obiettivamente
inconducenti (presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2003;
emissione di fatture anche nei confronti di altre ditte; effettività dei corrispettivi
pagati da Abaco), trattandosi di adempimenti meramente formali del tutto

carosello, ed anzi necessari ad occultare la interposizione soggettiva fittizia
nelle operazioni fatturate; b) alla stregua di inesatta applicazione dello
schema logico-presuntivo, in quanto: b1-il dato statistico concernente le
operazioni sotto fatturate, non può consentire alcuna deduzione probatoria
ove fondato sul mero dato numerico delle fatture emesse da Mobil (dato in
sé privo di significato concludente, bene potendo avere emesso la società in
prevalenza fatture per importi modestissimi) ed in difetto della conoscenza della

entità degli importi sottofatturati, valutati in proporzione al complessivo
volume di affari intrattenuto nell’anno in considerazione tra le due ditte; b2 l’elemento fattuale incontestato della mancanza di idonea organizzazione
di mezzi e personale per effettuare il materiale trasporto delle merci, non
può essere logicamente superato per mezzo di una mera astratta ipotesi (la
società Mobil poteva rivolgersi per tali prestazioni anche a terze ditte), in quanto a

fronte di un indizio serio, grave e concordante con tutti gli altri sopra
indicati, la prova contraria avrebbe dovuto essere fornita mediante
documentazione commerciale attestante i rapporti contrattuali o comunque
la esecuzione od il pagamento delle prestazioni dei servizi di trasporto
eseguiti da altre ditte per conto di Mobil, mentre alcuna documentazione in
proposito (ricevute o bolle di consegna relative ai beni trasportati per conto della
cedente) risulta sia stata esibita da Abaco International s.r.1..

18
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

es
Stefano

ieri

compatibili con lo schema della società fantasma o filtro e della frode

2.8 La sentenza di appello va, pertanto, cassata in parte qua, essendo
chiamato il Giudice del rinvio ad emendare i vizi logici riscontrati.

§ 3. Terzo motivo
Vizio di violazione dell’art. 21 Dpr n. 633/72 e dell’art. 2697 c.c., in

3.1 La Agenzia fiscale impugna la statuizione della CTR secondo cui
Abaco International s.r.l. non poteva ritenersi obbligata al versamento
dell’IVA, in conseguenza di operazioni di cessioni beni eseguite in regime
di plafond ex art. 8col lett. c) Dpr n. 633/1972 in base a lettere di intento
risultate false, emesse dalle ditte acquirenti GS Generai Service s.r.l. ed
Infofel di Feliciello Andrea. La parte ricorrente deduce che i Giudici di
merito hanno fornito una risposta inconferente rispetto alla questione
controversa, come definita nell’avviso di rettifica, atteso che nella specie
non era stata contestata la violazione del regime del plafond per falsità delle
dichiarazioni di intento, ma piuttosto la realizzazione di operazioni
soggettivamente inesistenti, in quanto concernenti ditte “fittizie”,
concernendo la ripresa fiscale la mancata fatturazione ed applicazione
dell’IVA nei confronti della ditta con la quale era stata “effettivamente”
posta in essere la operazione (vedi stralcio dell’avviso di accertamento a
pag. 64 ricorso). Aggiungeva la ricorrente che era altresì stata violata la
regola del riparto dell’onere probatorio avendo statuito la CTR che l’onere
della prova non poteva gravare nella specie sulla ditta cedente (Abaco), in
quanto nella specie non veniva in questione il diritto alla applicazione del
regime fiscale agevolativo che, in quanto spettante esclusivamente alle ditte
cessionarie, doveva eventualmente essere provato soltanto da quest’ultime
(Infofel; GS).
19
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Stefan

est.
ivieri

relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

Il motivo è inammissibile.

La Agenzia ricorrente sembra ipotizzare che la questione concernente la
falsità delle lettere di intento emesse dalle ditte Infofel e G.S. s.r.l. ai sensi
dell’art. 8 col lett. c) Dpr n. 633/72 non fosse ricompresa nell’oggetto del

Abaco International s.r.l. l’omesso pagamento, ai sensi dell’art. 21 comma
7 Dpr n. 633/1972, delle fatture dalla stessa emesse per operazioni
soggettivamente inesistenti.
Premesso che formulata in tal modo la censura, interpretata alla stregua
del quesito in calce alla esposizione del motivo, la stessa prospetta un vizio
di nullità processuale per violazione dell’art. 112 c.p.c. (o per eccedenza di
pronuncia della CTR che ha deciso su una questione non devoluta al suo
esame ed eventualmente anche per omessa pronuncia, laddove la CTR
avesse pretermesso di fornire la regola del caso concreto in relazione alla
questione che invece era stata devoluta al suo esame) che avrebbe dovuto
essere dedotta in relazione al diverso parametro del sindacato di legittimità
di cui all’art. 360co 1 n. 4 c.p.c., tanto premesso il motivo si palesa privo del
requisito di autosufficienza in quanto la allegazione difensiva appare
sfornita di qualsiasi riscontro, avendo omesso la Agenzia fiscale di
trascrivere integralmente il contenuto dell’avviso di accertamento onde
consentire di individuare quale fosse effettivamente la pretesa fatta valere
dall’Erario (lo stralcio a pag. 64 in nota del ricorso è del tutto insufficiente
a chiarire quali fossero gli esatti e completi termini della contestazione)
mentre del tutto generica è la proposizione riassuntiva secondo cui veniva
contestata alla ditta contribuente “la vendita senza applicazione di imposta
IVA a soggetti fittizi” (pag. 2 ricorso).

20
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International sr.!.

Stef

contendere in quanto con l’avviso di accertamento veniva contestato ad

L’assunto difensivo, peraltro, riceve smentita, sia dalla sentenza della
CTP (trascritta alle pag. 39-40 del ricorso) che evidenzia come fossero
assemblate nella medesima contestazione tre distinti rilievi (tra cui anche la
falsità delle dichiarazioni d’intento), sia dalla sentenza di appello
impugnata che nello “svolgimento del processo” riferisce che l’Ufficio
aveva contestato alla società “la cessione…di beni…con fatture emesse

sulla base di lettere di intento false, per non possedere dette società
requisiti richiesti per essere ritenute esportatori abituali, trattandosi di
soggetti ritenuti interposti e non i reali acquirenti delle merci” , sia anche
dalla società resistente che nel controricorso afferma che le contestazioni
concernenti i rapporti tra la cedente Abaco s.r.1., e le cessionarie Infofel e
GS s.r.l. riguardavano plurimi rilievi.

Difetta quindi lo stesso presupposto, meramente declamato dalla
Agenzia ricorrente, secondo cui la questione concernente la falsità delle
dichiarazione di intento dovesse ritenersi estranea al giudizio venendo
conseguentemente meno anche la censura concernente la violazione
dell’art. 2697 c.c., in quanto l’affermazione contenuta in sentenza secondo
cui non gravava sulla ditta cedente l’onere della prova liberatoria dalla
responsabilità per il mancato versamento IVA in conseguenza delle false
lettere di intento è del tutto conforme alla interpretazione che questa Corte
ha fornito della disciplina normativa che regola le cessioni alla esportazione
nel caso di specie.

§ 4. Quarto motivo

Vizio di omessa motivazione, in relazione all’art. 360co1 n. 5 c.p.c.

21
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

Còi. est.
Stefano livieri

senza applicazione della imposta ex art. 8 comma c, del Dpr n. 633/1972,

4.1 La Agenzia fiscale censura la sentenza di appello per aver
apoditticamente affermato la insussistenza di elementi probatori a sostegno
della natura “soggettivamente” fittizia delle operazioni concluse tra Abaco
International s.r.l. e le società GS ed Infofel, avendo omesso i Giudici
territoriali di considerare i numerosi e concordanti indizi, forniti
dall’Ufficio, in ordine alla inconsistenza aziendale delle due ditte che

4.2 H motivo è fondato.

4.3 I Giudici territoriali hanno inteso assolvere al proprio obbligo
motivazionale esaurendo l’accertamento nella stringata affermazione
secondo cui “quanto alla assunta inoperatività delle società acquirenti, GS
e Infofel, rappresentati come soggetti interposti fittizi, va osservato che
risulta la effettuazione di reali acquisti da parte di dette imprese, restando
sostanzialmente improvato l’assunto dell’Ufficio”.
Tale motivazione che rasenta quasi il vizio di nullità ex art. 36co2 n. 4)
Dlgs n. 546/1992, risulta inficiata del vizio già riscontrato in relazione
secondo motivo di ricorso avendo pretermesso i Giudici di merito, da un
lato, di fornire idoneo supporto argomentativo al giudizio probatorio, atteso
che la reale esecuzione delle operazioni di cessione dei beni (consegna dei
beni, versamento dei corrispettivi, regolarità formale dei documenti
contabili) non è ex se significativa ai fini della esclusione della
interposizione fittizia, mentre difetta del tutto indicazione degli altri
elementi probatori da cui la CTR avrebbe tratto il proprio convincimento;
dall’altro lato, i Giudici di merito hanno omesso di esaminare i molteplici
indizi forniti dalla Amministrazione finanziaria a sostegno della
inconsistenza operativa delle due ditte acquirenti in quanto prive di
organizzazione aziendale, di mezzi e di personale; la sede legale della GS
22
RG n. 18687/2010
ric. Ag.Entrate c/Abaco International s.r.l.

est.
C
Stefano livieri

avrebbero condotto ad una differente decisione di merito.

era risultata inesistente ed irreperibile il rappresentante legale; non erano
state reperite scritture contabili della GS che negli anni 2003 e 2004 non
aveva presentato dichiarazioni fiscali; Infofel non aveva mai presentato
dichiarazioni dei redditi e non era emersa alcuna documentazione relativa
agli ordini di acquisito e alla ricezione della consegna dei beni acquistati.

considerazioni già svolte nei precedenti paragrafi 2.4, 2.5 e 2.6 della
presente motivazione in materia di fatturazione per operazioni
soggettivamente inesistenti.

§ 5. In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve
essere cassata in relazione al primo, secondo e quarto motivo, con rinvio
della causa ad altra sezione della Commissione tributaria della regione
Veneto che provvederà ad emendare i vizi logici riscontrati, nonché a
liquidare anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione al primo,
secondo e quarto motivo, dichiara inammissibile il terzo, e rinvia la causa
ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Veneto per
nuovo esame e liquidazione delle spese del presente giudizio.
DEPOSITATO IN CANCELLER&A
IL

Così deciso nella camera di consiglio 6.5.2013

– 6 NOV, 2013

4.4 La censura risulta dunque fondata, alla stregua delle medesime

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