Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24928 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. II, 15/09/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 15/09/2021), n.24928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15712/2017 R.G. proposto da:

D.B.P., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma, alla via V. Bellini, n. 24, presso lo studio dell’avvocato

David Maria Santoro, che disgiuntamente e congiuntamente

all’avvocato Vittorio Violante, lo rappresenta e difende in virtù

di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

B.M., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Golametto, n. 4, presso lo studio dell’avvocato Giovanni

Bertoni, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale

su foglio allegato in calce al controricorso.

– controricorrente –

e

C.R.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2526/2017 della Corte d’Appello di Roma;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 4 marzo 2021 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto del 27.7.2004 D.B.P. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Roma B.M. e C.R..

Esponeva che in data 18.6.2003 B.M. aveva redatto e sottoscritto scrittura privata, con cui aveva dato atto di aver da egli attore ricevuto la somma di Euro 135.000,00 – merce’ due assegni bancari, l’uno da Euro 30.000,00, alla scadenza regolarmente posto incassato, l’altro da Euro 105.000,00 – per l’acquisto di un dipinto, “(OMISSIS)”, attribuibile al Ca.; che si era concordato che l’olio su tela sarebbe stato di comune accordo alienato e che il prezzo ricavato, detratto l’importo anticipato per l’acquisto e ad egli attore da rimborsare, sarebbe stato suddiviso in due eguali quote, di cui una da corrispondere al B. per la consulenza, la proposta, l’individuazione e la valorizzazione dell’opera.

Esponeva che successivamente all’acquisto del dipinto – operato per il tramite del C. – maturato il convincimento che l’opera fosse di mano di un pittore della scuola del Ca., era addivenuto alla stipula con B.M. di un nuovo accordo, come da scrittura in data 20.12.2003 da egli attore redatta e sottoscritta; che segnatamente B.M. aveva inteso acquistare il 50% della proprietà del quadro per il prezzo di Euro 425.000,00 ed aveva regolato il pagamento, per l’importo di Euro 320.000,00, mediante cessione di un dipinto, “(OMISSIS)”, attribuito al G. e, per l’importo di Euro 105.000,00, mediante restituzione dell’assegno bancario di pari ammontare da egli attore rilasciato in occasione della sottoscrizione della scrittura in data 18.6.2003.

Esponeva che di seguito, appreso del tutto fortuitamente che l’olio su tela, “(OMISSIS)”, era da attribuire al Ca. e non già ad un pittore della sua scuola, aveva rivendicato la comproprietà dell’opera per la quota di 1/2 e nondimeno B.M. aveva disconosciuto ogni suo diritto.

Chiedeva accertarsi e dichiararsi il diritto suo di comproprietà, per la quota di 1/2, del dipinto “(OMISSIS)”.

Chiedeva dichiararsi la nullità ovvero pronunciarsi l’annullamento della vendita della quota di 1/2 in data 20.12.2003 per vizio del consenso con ogni conseguente provvedimento.

2. Resisteva B.M..

3. Si costituiva C.R..

4. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 13613/2008 l’adito tribunale, tra l’altro, rigettava le domande tutte dell’attore.

5. Proponeva appello D.B.P..

Resisteva B.M..

Resisteva C.R.; esperiva appello incidentale.

6. Con sentenza n. 2526/2017 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame principale, rigettava il gravame incidentale e regolava le spese.

Evidenziava la corte che, a fronte delle domande reiterate in appello, unicamente in ipotesi di buon esito dell’ultimo motivo di gravame, recante censura del rigetto della domanda di annullamento, si sarebbe imposta la valutazione ed interpretazione dell’accordo in data 18.6.2003, onde riscontrare gli effetti reali atti a scaturirne.

Evidenziava in particolare che la domanda di accertamento della comproprietà del quadro era “variabile dipendente, sulla base delle allegazioni dell’appellante, della invalidità, per vizio del consenso, dell’Accordo del 20/12/2003” (così sentenza d’appello, pag. 4).

Evidenziava quindi che la domanda di annullamento per vizio del consenso della pattuizione in data 20.12.2003 risultava del tutto priva del necessario supporto probatorio.

Evidenziava infine – e per completezza – che, alla stregua delle stesse prospettazioni dell’appellante, non era chiaro se costui assumesse di essere proprietario esclusivo del quadro ovvero mero comproprietario.

Evidenziava segnatamente che l’appellante principale nelle conclusioni aveva chiesto l’accertamento del suo diritto di comproprietà per la quota di 1/2 e nella narrativa dell’atto si era reiteratamente assunto proprietario esclusivo del dipinto; che dunque una incertezza siffatta non poteva che risolversi in vera e propria indeterminatezza della domanda, atta a precluderne la delibazione.

7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso D.B.P.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

B.M. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

C.R. non ha svolto difese.

8. Il ricorrente ha depositato memoria. Del pari ha depositato memoria il controricorrente.

9. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4.

Premette che ha domandato e in primo grado e in secondo grado sia l’accertamento della sua perdurante proprietà del dipinto “(OMISSIS)” sia l’annullamento della cessione della residua quota di un 1/2 dello stesso dipinto attuato con la scrittura del 20.12.2003.

Indi, su tale scorta, deduce che, contrariamente all’assunto della corte d’appello, la domanda di accertamento della comproprietà del dipinto era del tutto autonoma ed indipendente dalla domanda di annullamento per vizio del consenso della stipulazione in data 20.12.2003, sicché pur in ipotesi di rigetto del motivo afferente alla domanda ex art. 1427 c.c., permaneva appieno il suo interesse all’accertamento della comproprietà.

Deduce quindi che la corte di merito ha, per un verso, con motivazione del tutto apparente, travisato, ha, per altro verso, con motivazione del tutto incoerente, reputato indeterminate le domande esperite.

10. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza impugnata per violazione dei criteri in tema di interpretazione della domanda; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su motivi di gravame.

Premette che con apposito motivo di appello, a censura del primo dictum, aveva reiterato in seconde cure la domanda volta a conseguire l’accertamento della comproprietà, per la quota di 1/2, del dipinto.

Deduce quindi che la corte distrettuale non ha correttamente inteso nella sua autonomia siffatta domanda e comunque non ha provveduto ad esaminarla, sicché ha al riguardo del tutto omesso di pronunciarsi.

11. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame, l’omessa valutazione di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la corte territoriale per nulla ha tenuto conto delle scritture private in data 18.6.2003 ed in data 20.12.2003; che se la Corte di Roma ne avesse tenuto conto, sarebbe giunta ad una diversa conclusione.

12. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 1476 c.c., n. 2 e art. 1478 c.c..

Deduce, qualora si ritenga che la corte capitolina ha implicitamente rigettato la domanda volta all’accertamento della comproprietà del quadro, che la medesima corte ha errato nell’interpretazione delle scritture in data 18.6.2003 ed in data 20.12.2003.

Deduce che la comune intenzione delle parti, quale risultante dalla scrittura del 18.6.2003, è nel senso dell’acquisto della proprietà integrale del dipinto da parte di egli ricorrente.

Deduce che tale esito ermeneutico risulta comprovato dal complessivo comportamento successivamente tenuto dalle parti.

13. I motivi di ricorso risultano significativamente connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; in ogni caso gli esperiti mezzi di impugnazione sono tutti destituiti di fondamento e da respingere.

14. Sovviene evidentemente l’insegnamento di questa Corte secondo cui il principio in virtù del quale l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume – così come nel caso di specie assume D.B.P. – che tale interpretazione abbia determinato una omissione di pronuncia, un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) od a quello del “tantum devolutum quantum appellatum” (art. 345 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un “error in procedendo”, che attribuisce alla Corte di cassazione il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali ed, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr. Cass. 10.10.2014, n. 21421; Cass. (ord.) 25.10.2017, n. 25259; Cass. sez. lav. 22.7.2009, n. 17109).

Tanto, ben vero, a prescindere dal difetto, in parte qua agitur, di “specificità” e di “autosufficienza” del ricorso, difetto correlato alla circostanza per cui il ricorrente si è limitato a riprodurre testualmente – a pagina 8 del ricorso – le conclusioni formulate nell’atto di appello e non già la relativa “narrativa”, “narrativa” che viepiù sarebbe stato necessario riportare, siccome la corte d’appello ha non solo ancorato il suo assunto al riscontro del petitum e della causa petendi delle domande reiterate in appello (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) ma pur alla incongruenza tra conclusioni e “narrativa” del gravame esperito dal D.B. (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) (cfr. Cass. (ord.) 29.9.2017, n. 22880, secondo cui l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso; cfr. Cass. 20.8.2015, n. 17049, secondo cui è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte; Cass. (ord.) 23.12.2020, n. 29495).

15. Ebbene, nel solco dell’insegnamento espresso dalle pronunce n. 21421/2014, n. 25259/2017 e n. 17109/2009 dapprima menzionate, non può che pervenirsi ai medesimi esiti cui è addivenuta la corte di merito, allorché ha prefigurato la valenza assorbente dell’ultimo mezzo di gravame, recte la valenza “dipendente” della domanda di accertamento della comproprietà.

In verità la circostanza che D.B.P. abbia al punto ii) delle conclusioni dell’atto di appello invocato l’annullamento della vendita effettuata il (OMISSIS) “del proprio ulteriore e restante 50% dell’opera in questione” (così atto d’appello, pag. 19), lascia intendere (o, quanto meno, non esclude che si intenda), segnatamente alla stregua dell’attributo “proprio” riferito al “restante 50%”, che in virtù della pregressa scrittura del 18.6.2003 B.M. aveva, a sua volta, acquistato il rimanente 50%, sicché correttamente la corte distrettuale ha connotato la domanda di accertamento della comproprietà dell’olio su tela “(OMISSIS)” come “variabile dipendente (…) della invalidità, per vizio del consenso, dell’Accordo del 20/12/2003” (così sentenza d’appello, pag. 4).

16. D’altronde le surriferite “indeterminatezze” si accreditano viepiù alla stregua del riscontro della “narrativa” dell’atto di appello.

Quivi si legge, sì, testualmente “si insiste nell’accoglimento della domanda di annullamento dell’atto di cessione del 20/12/2003 posto in essere tra le parti con conseguente attribuzione dell’intera proprietà del dipinto al D.B.” (così atto d’appello, pagg. 18 – 19).

E tuttavia vi si legge pure che, “alla data del 18/06/2003, il bene compravenduto non era ancora di proprietà del B. che, attraverso i fiduciari ( C.), se l’e’ procurata dalla precedente proprietaria R.d.C.M.A. (con cui il C. risulta aver trattato a nome del B.) di talché, all’atto dell’acquisto del B. da costei, il D.B., indipendentemente dalle modalità di regolamento del prezzo, è diventato proprietario del bene acquistato (art. 1477 c.c.)” (così atto d’appello, pag. 12).

Ebbene, innegabilmente, tal ultimo rilievo non è in linea con l’affermata “inequivoca collocazione al solo (OMISSIS) del sorgere della comproprietà sul quadro” (così ricorso, pag. 22).

17. Per altro verso questa Corte da tempo puntualizza che nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito – ed evidentemente il giudice della legittimità nell’evenienza, quale quella de qua, ascrivibile alle prefigurazioni di cui alle pronunce n. 21421/2014, n. 25259/2017 e n. 17109/2009 – non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto (cfr. Cass. sez. un. 21.2.2000, n. 27; Cass. sez. lav. 18.3.2014, n. 6226).

18. Su tale scorta, pur alla luce della situazione sostanziale dedotta in giudizio e quale riflessa dalle scritture del 18.6.2003 e del (OMISSIS), va reiterato l’esito ermeneutico cui, sul piano processuale, è pervenuta – nei termini della valenza “dipendente” della domanda di accertamento della comproprietà – la corte territoriale.

Il tenore letterale e logico della prima scrittura del 18.6.2003 lascia intendere chiaramente – e contrariamente a quanto prospetta il ricorrente precipuamente con il quarto motivo – che la comune intenzione delle parti era nel senso che il dipinto da acquistare, al netto dell’esborso di capitale operato dal ricorrente ed al ricorrente da rimborsare preventivamente con il quantum ricavando dalla programmata alienazione, divenisse di comune proprietà del D.B. e del B., propriamente che il diritto di B.M. alla metà del prezzo ricavando – al netto del rimborso – fosse null’altro che la proiezione della sua comproprietà del 50%, comproprietà acquisita “per la consulenza, la proposta e l’individuazione dell’opera, lo studio e la valorizzazione della stessa”.

Al riguardo appieno si condivide il rilievo del controricorrente secondo cui “già la sola circostanza della vendita da effettuarsi “di comune accordo” implicherebbe quanto meno una contitolarità del bene” (così controricorso, pag. 19; così memoria del controricorrente, pag. 10).

Il tenore letterale e logico della seconda scrittura del (OMISSIS) e segnatamente l’inciso finale “ogni precedente scritto intervenuto tra le parti si intende annullato” lasciano intendere chiaramente – e contrariamente a quanto prospetta il ricorrente precipuamente con il quarto motivo – che la comune intenzione delle parti fosse nel senso di definire e porre fine, con la scrittura, appunto, del (OMISSIS), ad ogni rapporto tra loro insorto merce’, al contempo, la retrocessione dell’assegno bancario di Euro 105.000,00 in precedenza emesso dal ricorrente e la cessione allo stesso D.B.P. del “(OMISSIS)” attribuito al G..

La scrittura del (OMISSIS) segna propriamente la fuoriuscita del ricorrente dall’operazione che in precedenza aveva concertato con il B..

19. Alla luce dei rilievi tutti in precedenza esposti, alla cui stregua va quindi reiterata la statuizione espressa dalla Corte di Roma in ordine alla “valenza dipendente” della domanda di accertamento della comproprietà de “(OMISSIS)”, non solo si svelano del tutto ingiustificati gli errores in iudicando, in particolare sub specie di “errata applicazione delle norme che disciplinano l’interpretazione dei contratti” (così ricorso, pag. 20), veicolati dal quarto mezzo, ma ancor prima risultano immeritevoli di seguito le ragioni di censura veicolate dai precedenti mezzi di impugnazione.

Più esattamente non si giustifica la denuncia (veicolata dal primo mezzo e ribadita dal ricorrente al paragrafo 2 della memoria) di travisamento del motivo d’appello e della domanda di accertamento della comproprietà del dipinto per cui è controversia, nel segno di una motivazione in parte qua – si assume – meramente “apparente”.

Più esattamente non si giustifica la denuncia (veicolata dal secondo mezzo e ribadita dal ricorrente al paragrafo 3 della memoria) di omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello e alla domanda di accertamento della comproprietà del dipinto per cui è controversia.

Resta propriamente assorbito nell’ineccepibilità dell’impugnata statuizione in ordine alla “valenza dipendente” della domanda di accertamento della comproprietà del dipinto per cui è contesa, il presunto omesso esame delle scritture in data 18.6.2003 e (OMISSIS) veicolato dal terzo mezzo di impugnazione.

20. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

C.R. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto nei suoi confronti assunta.

21. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente, D.B.P., a rimborsare al controricorrente, B.M., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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