Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24926 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. II, 15/09/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 15/09/2021), n.24926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9903/2018 proposto da:

SICILY BY CAR s.p.a., in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante D.T., rappresentata e difesa dagli

Avvocati VALERIO SCIMEMI, e MARCELLA LOMBARDO, ed elettivamente

domiciliata presso il loro studio, in ROMA, P.zza del GESU’ 46;

– ricorrente –

contro

COMUNE di MILANO, in persona del Sindaco pro tempore

P.G., rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONELLO MANDARANO,

ANTONELLA FRANCESCHINI, e PAOLA MARIA CECCOLI, nonché dall’Avv.

Giuseppe Lepore, nello studio del quale ultimo è elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7810/2017 del TRIBUNALE di MILANO pubblicata

in data 11/07/2017; nonché della ordinanza della Corte di appello

di Milano n. 1029/2018, del 5/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

4/03/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 7810/2017, depositata in data 11.7.2017, il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione proposta da SICILY BY CAR s.p.a. volta a ottenere l’annullamento dell’ingiunzione con la quale il COMUNE DI MILANO le aveva intimato – in qualità di locataria – il pagamento della somma di Euro 542.878,00, in forza di ripetute violazioni del C.d.S. (oltre 2000 verbali di accertamento ritualmente notificati e non oggetto di opposizione). In particolare, il Tribunale motivava il rigetto delle domande dell’opponente (innanzitutto circa il difetto di legittimazione passiva ex art. 196 C.d.S., in quanto sublocataria delle autovetture) ritenendo assorbente e imprescindibile l’impossibilità di contestare nel merito una molteplicità di titoli esecutivi già formatisi e mai contestati in sede giudiziale. Infatti, la notifica del verbale e la mancata proposizione del ricorso, nonché il mancato pagamento in misura ridotta, avevano determinato la formazione di un titolo esecutivo, nei cui confronti potevano essere fatti valere solo fatti impeditivi, modificativi ed estintivi successivi alla formazione del titolo.

Avverso detta sentenza proponeva impugnazione la Sicily By Car s.p.a. chiedendone l’integrale riforma, riproponendo le questioni già disattese dal Giudice di prime cure e, in particolare, dolendosi: a) dell’inesistenza del titolo esecutivo, che non si sarebbe formato per difetto di legittimazione passiva (secondo l’appellante, la tempestiva comunicazione al Comune dei nominativi dei sublocatari, autori effettivi delle infrazioni, avrebbe determinato, ex art. 196 C.d.S., la liberazione di Sicily By Car, quale prima locataria); b) del mancato riconoscimento del fatto che la comunicazione dei nominativi dei soggetti effettivamente responsabili sarebbe equiparabile, negli effetti, all’opposizione richiesta dall’art. 203 C.d.S.; c) della nullità dell’ingiunzione di pagamento per violazione della L. n. 241 del 1990 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 (non risultando indicati nella stessa i fatti posti a base della pretesa azionata); d) del rigetto della domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. (di cui erroneamente il primo Giudice aveva ritenuto insussistenti i requisiti necessari).

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano chiedendo la conferma della sentenza impugnata, il rigetto di ogni domanda ex adverso formulata e la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 348-bis c.p.c. e segg..

Con ordinanza n. 1029/2018, depositata in data 5.3.2018, la Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile l’impugnazione condannando l’appellante alle spese processuali del grado. In particolare, la Corte territoriale assumeva che le domande dell’appellante fossero manifestamente infondate, dal momento che la soluzione accolta dal Giudice di primo grado risultava corretta, in relazione sia ai principi di diritto applicati, sia alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite al processo, stante l’impossibilità di contestare nel merito una molteplicità di titoli esecutivi ormai già divenuti definitivi.

Avverso la sentenza n. 7810/2017 del Tribunale di Milano, la cui impugnazione era stata dichiarata inammissibile dalla Corte d’Appello con ordinanza n. 1029/2018, propone ricorso per cassazione la Sicily By Car s.p.a. sulla base di un motivo, illustrato da memoria. Resiste il Comune di Milano con controricorso, anch’esso accompagnato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione del R.D. n. 639 del 1910, art. 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 201,203,204-bis, 205 e 206; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 196, comma 1, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 84; inadeguata, erronea e ingiusta valutazione delle domande proposte dalla ricorrente; insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; motivo formulato ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Secondo la ricorrente la sentenza impugnata sarebbe illegittima, erronea e ingiusta (in primo luogo) nella parte in cui affermava che la Sicily By Car avesse l’obbligo di impugnare i verbali di accertamento, presupposti dell’ingiunzione di pagamento opposta, con la conseguenza che, nel promosso giudizio di opposizione R.D. n. 639 del 1910, ex art. 3, avverso l’ingiunzione di pagamento, non avrebbe potuto contestare il merito delle pretese azionate dal Comune di Milano nell’atto ingiuntivo. Nel giudizio di prime cure, la ricorrente aveva contestato l’inesistenza del titolo esecutivo per difetto di legittimazione passiva di essa opponente, in quanto, in seguito alla notifica dei processi verbali, la Sicily By Car assumeva di avere sempre tempestivamente provveduto alla comunicazione alle autorità competenti dei nominativi dei soggetti locatari noleggiatori dei veicoli interessati, resisi responsabili delle contestate infrazioni. La comunicazione inviata all’organo accertatore, ai sensi dell’art. 196 del C.d.S., aveva così evitato che il singolo verbale diventasse titolo esecutivo. Si osservava da parte ricorrente che lo stesso Tribunale aveva ritenuto che il giudizio di opposizione all’ingiunzione fosse un giudizio di accertamento negativo della pretesa creditoria manifestata nell’ingiunzione e il giudizio di opposizione non fosse circoscritto alla verifica della legittimità formale dell’ingiunzione, investendo il merito della pretesa creditoria. Sicché il Giudice di primo grado avrebbe dovuto accertare l’illegittimità dell’ingiunzione di pagamento opposta, per fatti estintivi e impeditivi dell’obbligazione sanzionatoria.

A giudizio della società ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe stata (sotto ulteriore profilo) illegittima, erronea e ingiusta, nella parte in cui aveva ritenuto precluso e non si era pronunciata sul motivo di opposizione relativo all’eccepita carenza di legittimazione della ricorrente medesima ai sensi dell’art. 196 C.d.S.. La Sicily By Car, quale compagnia di autonoleggio, non poteva ritenersi solidalmente responsabile di violazioni perpetrate con veicoli di cui non aveva la disponibilità materiale e il controllo durante la circolazione stradale, in quanto noleggiati ai propri clienti (infatti, applicando alla fattispecie il combinato disposto dell’art. 196 C.d.S., comma 1 e art. 84 C.d.S., nelle ipotesi di noleggio senza conducente, solidalmente obbligato con l’effettivo trasgressore al pagamento delle sanzioni amministrative per violazioni del C.d.S. è il soggetto locatario-noleggiatore, e non anche la società di noleggio proprietaria, posseditrice o locataria del veicolo). Secondo la ricorrente la comunicazione inviata all’organo accertatore, ai sensi dell’art. 196 C.d.S., aveva evitato che il singolo verbale di contestazione diventasse titolo esecutivo nei confronti della medesima, non sussistendo alcun onere di impugnare i singoli verbali. Veniva richiamata la pronuncia (Cass. n. 16717 del 2004) secondo la quale, in caso di noleggio senza conducente, ai fini dell’esonero da responsabilità della società di noleggio per le violazioni alle norme del C.d.S. di colui che ha noleggiato il veicolo, è necessaria la comunicazione agli organi accertatori delle generalità del locatario (presunto trasgressore). Si rileva altresì che l’interpretazione della disciplina in esame nel senso della responsabilità solidale del locatore si porrebbe in contrasto con il principio di legalità sotteso alla normativa delle sanzioni amministrative. Secondo la ricorrente al presente giudizio non può ritenersi applicabile la soluzione adottata da questa Corte (Cass. n. 18988 del 2015), allegata dal Comune di Milano nel corso del giudizio di primo grado, che sostiene la solidarietà passiva delle imprese esercenti servizi di noleggio di veicoli senza conducente solo in caso di mancata identificazione, da parte dell’organo accertatore, dei dati del locatario, la cui identità è nota solo al locatore. Nella fattispecie, invece, l’identificazione era stata sempre assicurata dalla ricorrente.

1.1. – Il motivo non è fondato.

1.2. – Come osserva correttamente il Tribunale, il R.D. n. 639 del 1910, delinea un procedimento speciale per la riscossione dei tributi (detto di ingiunzione fiscale) che si pone quale alternativa eccezionale al procedimento monitorio ordinario, nel giovarsi di un procedimento ingiuntivo che, a differenza del rito ordinario, costituisce una specifica modalità di esercizio del potere di imperio della pubblica amministrazione, legittimata ex lege ad intimare direttamente ai suoi debitori il pagamento dei tributi, senza l’intermediazione dell’organo giurisdizionale.

Il giudizio di opposizione all’ingiunzione emessa dalla P.A. ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, e’, dunque, un giudizio di accertamento negativo della pretesa manifestata con il provvedimento impugnato, nel quale (a differenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo) l’opponente assume la posizione dell’attore in senso formale e in senso sostanziale, sicché su di lui grava l’onere della prova, il quale si atteggia con differenti modalità a seconda del diverso valore probatorio dei documenti prodotti a sostegno dell’ordinanza-ingiunzione; ne consegue che l’Amministrazione opposta, che riveste la parte di convenuta, può, nelle forme e nei termini all’uopo previsti, proporre domanda riconvenzionale (Cass. n. 3341 del 2009); e l’ingiunzione è un atto idoneo ad introdurre un giudizio sulla debenza o meno della pretesa creditoria, di tal ché il giudizio di opposizione non è circoscritto alla verifica della legittimità formale dell’ingiunzione ma investe, a prescindere da una domanda espressa in tal senso, il merito della pretesa creditoria.

1.3. – Rileva correttamente il Tribunale che la esaminata ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910, ha conservato la residuale funzione di atto impositivo con efficacia accertativa della pretesa erariale, come tale idoneo ad introdurre un giudizio sulla debenza dell’imposta; sicché, nel giudizio di opposizione all’ingiunzione, l’amministrazione avanzava una domanda consistente nel vedere riconosciuto, in tutto o in parte, il diritto di recupero così azionato; con la conseguenza che la cognizione del giudice non può limitarsi alla verifica dei presupposti formali di validità dell’atto impositivo, ma deve estendersi al merito della pretesa erariale in esso espressa sulla cui fondatezza il giudice è comunque tenuto a statuire, anche a prescindere da una specifica richiesta in tal senso, sulla base degli elementi di prova addotti dall’ente creditore e contrastati dal soggetto ingiunto (Cass. n. 22792 del 2011).

1.4. – Orbene, la società ricorrente aveva proposto opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 196.

Dal canto suo, il Comune di Milano aveva eccepito l’inammissibilità della opposizione (proposta tardivamente per ragioni relative alla formazione del titolo esecutivo ormai intangibile) ribadendo la correttezza della motivazione della sentenza di primo grado, ed affermando che i verbali di contestazione, richiamati nell’ingiunzione, in assenza di pagamento della sanzione o di opposizione, avevano acquisito efficacia di titolo esecutivo. Pertanto, si deduce l’assoluta inammissibilità dell’opposizione che l’odierna ricorrente aveva proposto avverso l’ingiunzione, cercando di rimettersi in termini per proporre eccezioni afferenti i verbali di contestazione di violazioni al C.d.S., notificati dal Comune di Milano, non opposti, non pagati e divenuti titolo esecutivo. Si evidenzia che l’ingiunzione, quando preceduta da un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo e autonomo atto impositivo, in quanto il verbale di contestazione non impugnato costituisce titolo esecutivo (v. sentenza impugnata, pag. 2).

1.5. – Quanto al richiamo secondo il quale dell’art. 196 C.d.S., comma 1, seconda parte (Cass. n. 18988 del 2015; Cass. n. 1845 del 2018) deve interpretarsi nel senso che il locatore è un ulteriore soggetto obbligato solidalmente, oltre al proprierio, o ai soggetti equiparati, e al conducente (in senso alla Cass. n. 10833 del 2020), deve rilevarsi che la questione è assente al relativo di cui sopra.

2. – Il rigetto delle censure mosse alla sentenza impugnata sulla base della residua parte di motivo del ricorso, fa venir meno in capo alla società ricorrente (in considerazione di una evidente altra autonoma ratio decidendi) qualsiasi interesse alla pronuncia residua, circa la posizione del locatario nel rapporto inter partes.

Qualora, infatti, la decisione di merito si fondi (come nella specie) su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee, pur se in via consequenziale, a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse alla ratio decidendi pregiudiziale rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 9394 del 2019; Cass. n. 27056 del 2018; Cass. n. 11493 del 2018; ex plurimis, anche Cass. n. 2108 del 2012; Cass. n. 15399 del 2018).

3. – Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa altresì la dichiarazione ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società al pagamento in favore del Comune controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 10.300,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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