Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24925 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. II, 15/09/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 15/09/2021), n.24925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27741/2016 proposto da:

D.A.R., O.F., I.G., I.I.,

rappresentati e difesi dall’avv. RIZIERO ANGELETTI;

– ricorrenti –

contro

API ANONIMA PETROLI ITALIANA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI CONDOTTI 91, presso lo studio FERDINANDO CARABBA TEITAMANTI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FULCIO

COMPOSTELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5795/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

lette le conclusioni del Procuratore generale in persona del Dott.

LUCIO CAPASSO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.A.R. e D.A.M. chiamavano in giudizio l’API – Anonima Petroli Italiana S.p.A. (API) e con la citazione a comparire dinanzi al Tribunale di Rieti deducevano di essere proprietari di un terreno sito nel Comune di (OMISSIS). Le attrici lamentavano che la convenuta aveva installato un impianto di carburante, occupando in parte il terreno di loro proprietà e incorrendo nella violazione delle distanze regolamentari e delle norme di sicurezza in materia. Chiedevano, pertanto, la condanna della convenuta al ripristino ovvero all’arretramento dell’impianto, oltre al risarcimento del danno.

Accolta la domanda da parte dell’adito Tribunale, la sentenza era impugnata dall’API dinanzi alla Corte d’appello di Roma, che la riformava in toto, accogliendo il gravame della soccombente. La Corte d’appello, qualificata l’iniziale domanda quale esercizio dell’azione di rivendicazione, riteneva che le attrici non avessero dato data la prova della proprietà della striscia oggetto della pretesa occupazione.

Per la cassazione della sentenza D.A.R. e gli eredi testamentari di D.A.M. ( O.F., I.G., I.I.) hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi, con i quali denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 948,950,2697 c.c.; degli artt. 112,115,116 e 167 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (primo motivo); omessa, perplessa e apparente motivazione su fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (secondo motivo); violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (terzo motivo). L’API ha resistito con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato. Con esso, al di là della pluralità dei motivi (pluralità che è solo apparente), si propone nella sostanza la seguente unica, complessa censura: l’API, costituendosi, non aveva contestato il titolo di proprietà degli attori; quindi, in applicazione del principio di Cass. 5289/1983, gli attori non erano soggetti all’onere probatorio previsto per l’azione di rivendicazione, ma si applicavano i principi in tema di azione di regolamento di confini. In altre parole, secondo i ricorrenti, l’azione da essi proposta, seppure in principio qualificabile come azione di rivendicazione, per effetto della linea difensiva della società convenuta poneva essenzialmente quel problema di confitto non fra titoli, ma fra fondi, tipico dell’azione di regolamento di confini. La Corte d’appello, quindi, avrebbe dovuto definire la lite in applicazione del diverso criterio probatorio previsto per tale azione.

Fatto e’, però, che la complessiva censura è formulata su un presupposto diverso da quello che risulta dalla sentenza impugnata. La Corte d’appello, nell’esaminare le difese opposte dalla convenuta, non ha affatto riconosciuto che ci fosse stata ammissione del diritto altrui. D’altronde, a tale interpretazione, in linea di principio incensurabile in questa sede (Cass. n. 25259/2017; n. 27490/2019), i ricorrenti oppongono nient’altro che la trascrizione di frasi isolate degli scritti difensivi altrui, che non rivelano alcun errore interpretativo da parte della Corte di merito e non possono, perciò, suffragare la pretesa all’applicazione di un criterio probatorio diverso da quello in base al quale è stata definita la lite. Infatti, quanto all’usucapione, questa era stata proposta dall’API solo come subordinata ragione di difesa, per “l’ipotesi non creduta in cui la porzione di terreno di cui alla domanda risultasse intestata alle attrici”. L’opposizione dell’usucapione, pertanto, non aveva determinato alcun riconoscimento, rimanendo il diritto contestato in toto (Cass. n. 1388/1979). Analogamente il richiamo dell’istituto dell’accessione invertita, ch’era stato operato dalla convenuta, già secondo la frammentaria trascrizione operata con il ricorso, in via di mera ipotesi (in subordine “troverebbe comunque applicazione nella fattispecie l’art. 938 c.c.”).

I ricorrenti, al fine di giustificare l’assunto, richiamano ancora il principio di non contestazione, invocandone l’applicabilità nel caso di specie in ragione di una supposta genericità della contestazione iniziale mossa dall’API. Si trascura che il “principio di non contestazione” suppone un’allegazione specifica dei fatti da parte dell’attore; se questi abbia genericamente allegato il fatto, il convenuto è esonerato dall’onere dal compiere una contestazione specifica (Cass. n. 26908/2020). Ciò posto, al fine di dare conto della infondatezza del richiamo di tale principio operato dai ricorrenti, è sufficiente rimarcare che neanche in questa sede essi indicano il “titolo”, al quale dovrebbe riferirsi, in ipotesi, la mancata contestazione, come puntualmente rilavato anche dal Procuratore generale con le proprie conclusioni scritti. In rapporto a quanto affermato dai ricorrenti con la memoria, si deve sottolineare che la regola secondo cui, nell’azione di regolamento di confini il giudice è svincolato dalla regola actore non probante reus absolvitur, non vuol dire che sia la parte convenuta a dover dimostrare la insussistenza della titolarità dominicale legittimante l’intrapresa actio finium regundorum, ma vuol dire che il giudice deve in ogni caso determinare il confine in base agli elementi ritenuti più attendibili (Cass. n. 14993/2012; n. 10062/2018).

Al riguardo la Corte d’appello ha rilevato che gli attuali ricorrenti non solo non avevano prodotto alcunché a dimostrazione del loro diritto sulla porzione in contestazione, ma, nella parte della sentenza in cui si tratta della identificazione catastale della porzione in contesa, si allude a una situazione non chiara sulla stessa titolarità del fondo confinante con “l’area in questione”.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con addebito delle spese del presente giudizio.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro, 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 1510, agli esborsi liquidati in Euro, 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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