Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24924 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 03/05/2019, dep. 07/10/2019), n.24924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22426-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SERGIO TREDICINE;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEILA CROCE 44,

presso lo studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5211/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO

CORRENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1) M.G., già perito assicurativo fiduciario della Nuova Tirrena Assicurazioni (oggi Groupama Assicurazioni), adiva il Giudice di Pace di Napoli per richiedere il pagamento di un corrispettivo ulteriore rispetto a quello corrispostogli per ogni singolo sinistro stradale dalla convenuta, deducendo di aver esercitato prestazioni che eccedevano i compiti di perito estimatore.

La Groupama Assicurazioni preliminarmente eccepiva l’improponibilità della domanda per abuso del processo, giacchè l’attore aveva proposto molteplici giudizi per ciascuna della attività svolte.

Il giudice adito respingeva l’eccezione di improponibilità e rigettava la domanda, poichè l’attore risultava soddisfatto in base ad un accordo allora vigente tra le parti.

2) Il sig. M. proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, lamentando che nessun accordo fosse allora vigente, atteso anche il disconoscimento effettuato in primo grado. L’appellata, con appello incidentale, ribadiva l’eccezione di improponibilità della domanda per abuso del processo. Con sentenza n. 5211/2018, pubblicata il 24.05.2018, il Tribunale di Napoli respingeva l’appello principale e accoglieva quello incidentale. Argomentava che si trattava di “un’attività continuativa, svolta nel corso di ben venticinque anni, sempre regolata e remunerata in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione. Ne discende che le pretese azionate dal M. scaturiscono tutte dalla medesima fonte, cioè dal rapporto di collaborazione professionale continuativa, regolato da un accordo quadro accettato quantomeno per facta concludentia”. Secondo il tribunale, inoltre, l’attore non aveva prospettato alcun interesse meritevole di tutela tale da giustificare la proposizione di separati procedimenti.

3) Il sig. M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e illustrato da memoria.

L’intimato ha resistito con controricorso.

La causa è stata avviata a trattazione con rito camerale davanti alla Sesta sezione civile, con proposta di rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

4) Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia l’erronea valutazione del Tribunale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in merito all’esistenza di un unitario rapporto obbligatorio e di una prestazione originariamente unica, nonchè della mancata applicazione dell’art. 1181 c.c., quale espressione dei principi del favor creditoris. Il sig. M. sostiene che l’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi sia da rinvenirsi nella necessità di ottenere un rapido soddisfacimento delle proprie pretese.

Può esaminarsi congiuntamente anche il quinto motivo, con il quale il ricorrente denuncia l’erronea interpretazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite nelle sentenze 23726/2007 e 4090/2017 con riferimento all’inesistenza di un rapporto unico.

I due motivi sono manifestamente infondati.

Secondo il costante e uniforme orientamento di questa Corte di legittimità “le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata” (principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 4090 del 16/02/2017 e poi richiamato in una serie di ordinanze emesse in una analoga vicenda di pretese avanzate da perito assicurativo: solo per citarne alcune, Sez. 2 -, n. 31012 del 28/12/2017; Sez. 2, n. 31013 del 2017; Sez. 2, n. 31014 del 2017; Sez. 2, n. 1356 del 2018; Sez. 2, n. 1355 del 2018; Sez. 2, n. 22449 del 2018).

Nel caso di specie, il Tribunale ha escluso la sussistenza di un tale interesse concreto poichè l’appellato non aveva allegato elementi nè a sostegno della propria tesi, nè tali da diversificare le prestazioni eseguite.

Peraltro in questa sede, il ricorrente si è limitato a contrapporre un’alternativa ricostruzione del fatto relativamente al concreto interesse al frazionamento, senza confrontarsi con la più recente giurisprudenza di questa Corte in fattispecie analoghe (Cass. 31012/2017; Cass. 158/2018).

5) Con il secondo mezzo il sig. M. denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. A suo avviso, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere genericamente contestata la copia della documentazione prodotta dalla convenuta-appellante. Sostiene di aver disconosciuto la documentazione regolarmente e prontamente.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Sez. 2 -, n. 27633 del 30/10/2018; Sez. 6 – 5, n. 29993 del 13/12/2017 Rv. 646981; Sez. 3, n. 10326 -2014 in motivazione; Sez. 3, n. 7775 del 03/04/2014 R; v. altresì Cass. n. 28096/09, nonchè Cass. n. 14416/13).

Il ricorrente nè in ricorso, nè in memoria, indica gli aspetti di differimento della copia dall’originale (v. pag. 21 del ricorso), mentre prive di rilievo sono le osservazioni a pag.2 che attengono solo al contenuto del documento e non smentiscono esplicitamente la presenza di una firma del M. anteriormente al mutamento di assetto societario di Nuova Tirrena spa, fusa in Groupama spa.

6) Con il terzo motivo il ricorrente denunzia l’errore del Tribunale nell’aver ritenuto valido il doc. del 18.9.2006 e osserva che quello del 18.10.2010 è postumo rispetto alla data in cui sono state effettuate le attività per cui si chiede il compenso e quindi è irrilevante. Lamenta inoltre l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., della L. n. 166 del 1992, e della L.n. 287 del 1990, artt. 2 e 3.

Evidenzia l’abuso della posizione dominante rilevando che non vi è mai stata una accettazione concordata e osserva che un eventuale accordo sarebbe stato nullo per violazione della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3.

7) Con il quarto mezzo il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 172 del 2017, art. 19 quaterdecies, in materia di equo compenso per prestazioni di avvocati, applicabile anche agli altri professionisti.

Questi due motivi attengono al merito del rapporto contrattuale e restano logicamente assorbiti dal rigetto delle censure sul ritenuto frazionamento del credito, che ha comportato l’accoglimento della eccezione di improponibilità, che rende comunque superflua ogni considerazione sul merito.

Si impone quindi il rigetto del ricorso, con addebito di spese al soccombente. Sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 600 per compenso, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).

Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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