Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24922 del 20/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.20/10/2017), n. 24922
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – rel. Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2712-2016 proposto da:
RISCOSSIONE SICILIA SPA, già SERIT SICILIA SPA, in persona del
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P.
DA PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI
STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante, in proprio e quale procuratore speciale della
SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA
D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO;
– controricorrente –
e contro
P.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2191/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, emessa il
3/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/09/2017 dal Presidente Relatore Dott. PIETRO
CURZIO.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Il sig. P., il 13.11.2011, ha proposto opposizione presso il Tribunale di Agrigento contro l’iscrizione ipotecaria notificata con atto n. (OMISSIS), fondata su diverse cartelle di pagamento emesse per il mancato pagamento di crediti previdenziali all’INPS.
2. Il Tribunale di Agrigento ha parzialmente accolto l’opposizione e ha dichiarato non dovute le somme portate dalla cartella esattoriale n. (OMISSIS), per il decorso del termine quinquennale di prescrizione tra il 21.03.2003, data di notifica della cartella, e il 01.08.2011, giorno di notifica dell’iscrizione ipotecaria.
3. Riscossione Sicilia S.p.a. ha impugnato la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte d’Appello di Palermo, sostenendo, con l’adesione di INPS, la tesi che il termine di prescrizione non è di cinque ma è di dieci anni, ai sensi dell’art. 2953 c.c..
Il sig. P. si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.
Il Collegio ha respinto l’appello, dichiarando inammissibile il ricorso con ordinanza ai sensi degli artt. 348-bis, 348-ter e 436-bis c.p.c., confermando il termine quinquennale applicato dal Tribunale.
4. Riscossione Sicilia S.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione,
sostenuto dall’INPS con controricorso.
Il sig. P. non ha svolto attività difensiva.
5. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Il ricorso, basato su di un unico motivo, è manifestamente infondato, alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016.
Con tale decisione, si è affermato: “la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30 conv., con modif. dalla L. n. 122 del 2010).
2. Dovendosi dare seguito a tale condivisibile orientamento, che ha riallineato le disarmonie della giurisprudenza (si vedano le sentenze 4338/2014; 11749/2015 e 5060/2016, di segno opposto rispetto alla citata sentenza delle SSUU 23397/2016), la soluzione adottata dalla Corte d’Appello di Palermo risulta corretta e conforme a diritto.
3. Il sig. P. non ha svolto attività difensiva, pertanto, non deve provvedersi sulle spese del giudizio nei suoi confronti. Quanto invece all’INPS, le relative spese vanno compensate, essendosi costituito a sostegno della posizione della ricorrente.
4. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
Rigetta il ricorso. Compensa le spese nei confronti dell’INPS. Nulla sulle spese dell’intimato.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017