Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24921 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 03/05/2019, dep. 07/10/2019), n.24921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32809-2018 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.M.G., B.B.V., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, presso lo studio

dell’avvocato RINALDO FAZI, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIUSEPPE ERAMO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/05/2019 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’Appello di Roma, con decreto 12.6.2018 ha respinto l’opposizione incidentale proposta dal Ministero della Giustizia contro il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione proposta da B.B.V. e B.M.G. per la irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi davanti al Tribunale di Cassino sez. distaccata di Sora. La conferma del decreto emesso in via monitoria è stata motivata in base al rilievo della infondatezza della tesi difensiva posta a base dell’opposizione del Ministero (natura sostanziale e non processuale del termine per la proposizione del ricorso di equa riparazione e conseguente inapplicabilità della sospensione durante il periodo feriale).

2 Per la cassazione di questo decreto il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso con tre motivi contrastati con controricorso dai B..

Il Consigliere relatore ha proposto l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo l’Amministrazione ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, criticando la Corte d’Appello per avere ritenuto di natura processuale e, quindi, soggetto alla sospensione feriale, il termine di decadenza semestrale previsto per proporre la domanda di ristoro del pregiudizio conseguente all’irragionevole durata di procedimento giurisdizionale, mentre il termine de quo ha natura sostanziale.

1.2 Con un secondo motivo si deduce ancora la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, rilevandosi che l’azione giudiziale non risulta più l’unico mezzo per l’esercizio del diritto – principio sulla cui base s’era formata la giurisprudenza di legittimità contraria alla tesi ministeriale – posto che risulta ammesso il ricorso alla mediazione prima della lite giudiziale ex D.Lgs. n. 28 del 2010, con conseguente interruzione del termine decadenziale.

1.3 Col terzo ed ultimo motivo, infine, il Ministero della Giustizia denunzia la medesima violazione di legge sotto altra prospettiva, evidenziando che con la riduzione del termine di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c. appaiono delinearsi situazioni de facto differenziate con conseguenti profili di incongruenza del sistema.

2 D comune riferimento al tema della applicabilità della sospensione feriale al termine semestrale della L. n. 89 del 2001, ex art. 4, rende opportuna una trattazione unitaria delle tre censure, che vanno dichiarate tutte inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi, come meglio si vedrà, non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa (sulla formula decisoria v. anche Sez. U -, Sentenza n. 7155 del 21/03/2017 Rv. 643549).

In numerosissime pronunzie di questa Corte si è affermato che, poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (v. tra le tante, Sez. 6 – 2, Sentenza n. 5423 del 18/03/2016 Rv. 639423; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 184 del 2017; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 2198 del 2017; Sez. 2 -, Ordinanza n. 14493 del 06/06/2018 Rv. 648844; Sez. 2, Ordinanza n. 5052 del 2018; Sez. 1, Sentenza n. 5895 del 11/03/2009 Rv. 607200; Sez. 1, Sentenza n. 2153 del 2010).

E, come chiarito anche dalle sezioni unite, “la natura processuale della decadenza che precede comporta che il periodo di sei mesi dalla definizione del processo durato per tempo irragionevole, oltre il quale l’azione è preclusa, deve computarsi tenendo conto della sospensione del periodo feriale di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1” (v. Sez. U, 22/07/2013, n. 17781). Tale principio – si badi bene – è stato enunciato proprio in occasione dell’esame della questione di particolare importanza “se il contenzioso civile nascente dalla violazione del termine ragionevole di durata del processo rientri o meno nel campo d’applicazione della mediazione finalizzata alla conciliazione”, essendo “indisponibile” il diritto al termine ragionevole di durata del processo.

Il Ministero della Giustizia oggi si limita a riproporre ancora una volta la tesi della natura sostanziale del termine e della inapplicabilità della sospensione feriale ma tutte le argomentazioni spese dal ricorrente non offrono elementi per mutare il consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza. Non rilevano decisivamente, infatti, ai fini di una diversa considerazione del termine di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, ovvero della conclusione della non riferibilità ad esso della sospensione ex L. n. 742 del 1969, nè l’operatività del termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., nella nuova formulazione applicabile ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009; nè la vigente struttura monitoria del procedimento di equa riparazione, come delineata dalla L. n. 134 del 2012; nè, infine, la soggezione della domanda di equa riparazione per durata irragionevole alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, e, quindi, la conseguente efficacia impeditiva, accordata all’istanza di mediazione, rispetto alla stessa decadenza L. 24 marzo 2001, n. 89, ex art. 4.

Tali sopravvenienze ordinamentali insomma non mutano la natura del termine decadenziale L. n. 89 del 2001, ex art. 4, rimanendo pur sempre da esso condizionata l’utile esperibilità della essenziale tutela giurisdizionale del diritto di equa riparazione da ritardo irragionevole del processo (così Sez. 2, Ordinanza n. 5052 del 2018 cit.)

L’inammissibilità del ricorso è pertanto inevitabile e comporta addebito di ulteriori spese alla parte soccombente.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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