Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24919 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. II, 15/09/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 15/09/2021), n.24919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14246/2016 R.G. proposto da:

T.G., e T.C., Avv. S.S.,

rappresentate e difese dall’Avv. Rosario Triolo, e domiciliate in

Roma, piazza Cavour n. 1, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrenti –

contro

M.F. e M.A., nella qualità di eredi di

M.G., nonché TA.FR.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 615/2015

depositata il 22 aprile 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 febbraio

2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– M.G., con atto di citazione notificato in data 20 giugno 1996, evocava, dinanzi al Tribunale di Sciacca, T.G. e C. chiedendo la declaratoria di nullità parziale del contratto di permuta stipulato fra le parti il giorno 15.12.1986 per violazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, come introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, sul presupposto che con l’atto di rogito era stato escluso il trasferimento in proprio favore, con violazione di norma imperativa, della comproprietà pro quota dello spazio destinato e asservito a parcheggio dell’immobile condominiale che ospitava le due unità abitative ottenute in permuta, con conseguente pronuncia di integrazione ex lege del contratto di affermazione del diritto reale d’uso su detto spazio asservito a parcheggio;

– instaurato il contraddittorio, esteso a TA.Fr., nella qualità di proprietario del piano terraneo adibito ad autorimessa, che come le convenute, chiedeva il rigetto delle domande attrici, il giudice adito, con sentenza n. 77 del 2008, accoglieva la domanda attorea e per l’effetto dichiarava la nullità della clausola del contratto stipulato inter partes il 15.12.1986 dal notaio G. M., nella parte in cui prevedeva che il parcheggio contemplato nel progetto al piano terra dell’edificio doveva rimanere di esclusiva proprietà delle convenute, disponendo il trasferimento del diritto reale d’uso in favore dell’attore su una porzione dell’area destinata a parcheggio pari a mq. 17,15, con obbligazione dello stesso a corrispondere alle convenute l’ulteriore prezzo di Euro 14.117,86;

– sul gravame interposto dalle T. e sull’appello incidentale di M.F. e A., nella qualità di eredi di M.G., la Corte di appello di Palermo, nella contumacia del Ta., in parziale accoglimento dell’impugnazione incidentale, respinta quella principale, riformava in parte la sentenza impugnata riconoscendo ai M. un danno da mancato utilizzo dello spazio parcheggio pari ad Euro 13.285,45, confermata per il resto la sentenza impugnata. A sostegno della decisione la Corte d’appello, accertato che il contratto di compravendita immobiliare concluso fra le parti aveva violato norma imperativa ed inderogabile, con conseguente nullità parziale dell’accordo con integrazione ope legis del contratto, rilevava l’ininfluenza della cessione al Ta. dell’intera proprietà del piano terraneo destinato ad autorimessa, gravando comunque sull’alienante l’obbligo della custodia del bene. Riconosceva, pertanto, il risarcimento del danno per mancato uso del parcheggio determinato dall’alienazione del bene nei confronti di terzi;

– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Palermo ricorrono le T. sulla base di quattro motivi;

– i M. ed il TA. sono rimasti intimati.

Atteso che:

– con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 132 cpv. c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 1419 e 13734 c.c., artt. 1418,1325 e 1346 c.c., L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, come introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di Palermo riconosciuto il diritto reale d’uso su di una porzione dell’area condominiale destinata a parcheggio nonostante la sua inidoneità, come accertato dal c.t.u., a far conseguire all’attore siffatto diritto in misura corrispondente ai parametri vano-volumetrici previsti dalla legge urbanistica. Ad avviso delle ricorrenti sarebbe residuato in favore dell’acquirente il solo rimedio risarcitorio derivante dal mancato trasferimento in suo favore del diritto d’uso secondo le proporzioni di legge, mentre il giudice distrettuale avrebbe disatteso il motivo di appello, limitandosi a ribadire l’obbligo del venditore previsto dall’art. 1476 c.c., n. 1.

Il non corretto apprezzamento del contenuto del motivo di appello avrebbe, inoltre, condotto il giudice del gravame ad omettere la valutazione delle risultanze degli elaborati peritali che rendono ampiamente conto della inidoneità della porzione dell’area di parcheggio rimasta nella titolarità delle germane T., di mq. 15, a soddisfare il rispetto dello standard urbanistico della superficie da riservare al servizio delle unità abitative in proprietà agli attori, pari a circa mq. 17,15; per altro verso testimoniando che porzione dell’area destinata a parcheggio alienata dalle ricorrenti al Ta., della superficie di mq. 50, è praticabile limitatamente ad una porzione di mq. 21, risultando la retrostante parte, di circa mq. 29, inaccessibile, con la conseguenza che avendo la superficie accessibile una estensione di mq. 36, non sarebbe proporzionata alla cubatura totale dell’edificio e certamente non sarebbe idonea a consentire il paritetico esercizio del diritto d’uso da parte dei proprietari delle diverse unità che compongono lo stabile condominiale.

Aggiungono le ricorrenti che non poteva essere introdotto nel regolamento negoziale, in via di eterointegrazione, una clausola nulla in ragione della impossibilità del suo oggetto.

Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1118 e 1102 c.c., nonché della L. n. 47 del 1985, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed insistono nella tesi difensiva secondo cui il regime dell’area in contestazione non consentirebbe un uso paritetico da parte di tutti i condomini, potendo alternativamente la parte chiedere il risarcimento per equivalente.

Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 345 c.p.c., art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere parte attrice richiesto in via subordinata per la prima volta la domanda risarcitoria per equivalente del danno derivante dalla impossibilità del riconoscimento del diritto reale d’uso a motivo della inidoneità strutturale dell’area destinata a parcheggio. Insistono, altresì, di non avere accettato il contraddittorio sul punto sin dalla prima formulazione di siffatta richiesta.

Aggiungono che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione laddove ha dato accoglimento all’appello incidentale avente ad oggetto la domanda risarcitoria, che peraltro aveva ad oggetto il risarcimento del danno per equivalente e non per il mancato utilizzo dello spazio.

I primi tre motivi – da trattare unitariamente per la loro evidente connessione argomentativa – sono fondati nei termini di seguito illustrati.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, la L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, il quale prescrive che nelle nuove costruzioni e nelle aree di pertinenza delle stesse devono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo pubblicistico di destinazione che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.

Allorché, pertanto, come è supposto nel caso in esame, in un fabbricato condominiale di nuova costruzione e nelle relative aree di pertinenza, il godimento dello spazio per parcheggio – nella misura stabilita dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, come, appunto, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 – non sia stato assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione “ope legis” del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l’epoca dell’edificazione (Cass. n. 28950 del 2011). L’integrazione del contenuto del contratto, ai sensi dell’art. 1419 c.c., comma 2, riguarda, dunque, esclusivamente la clausola che, riservando al venditore la proprietà esclusiva dell’area o di parte dell’area destinata a parcheggio, la sottragga alla sua destinazione, che è quella di assicurare ai condomini l’uso di essa. Per effetto di tale meccanismo, la clausola contrattuale viene automaticamente sostituita di diritto con la norma imperativa che sancisce il proporzionale trasferimento del diritto d’uso a favore dell’acquirente di unità immobiliari comprese nell’edificio (Cass. n. 5160 del 2006). Qualora il costruttore di un edificio, come accertato nel caso di specie, proceda alla vendita separata delle singole unità abitative rispetto alle relative aree accessorie, la violazione o l’elusione del vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio delle aree predette (imposto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18) determinano la nullità delle rispettive clausole contrattuali, contenute negli atti di vendita degli alloggi.

Lo standard urbanistico prescritto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi da utilizzare come parcheggio “a servizio delle singole unità immobiliari”, con la conseguenza che “il godimento di tale spazio, nell’ipotesi di fabbricato condominiale, deve essere assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento” (Cass. n. 973 del 1999). Il vincolo non opera, quindi, genericamente a favore del fabbricato condominiale o dei condomini indistintamente, ma delle singole unità immobiliari di cui l’edificio si compone. Tale vincolo, non potendo subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia.

Pertanto, coloro che abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall’originario costruttore – venditore, il quale, eludendo il vincolo, abbia riservato a sé la proprietà di detti spazi, ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d’uso direttamente nei confronti dei terzi ai quali l’originario costruttore abbia alienato le medesime aree destinate a parcheggio. E’ in ogni caso preliminare accertare se lo standard urbanistico prescritto dalla legge fu osservato, perché poi soltanto all’interno dell’area all’uopo asservita possono e devono trovare soddisfacimento le ragioni dei condomini, indipendentemente dall’ampiezza dei posti macchina effettivamente creati (Cass. n. 5755 del 2004).

Tuttavia, a differenza di quanto suppone la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, pone un vincolo pubblicistico di destinazione il cui contenuto è limitato all’imposizione che gli appositi spazi siano riservati a parcheggio nella nuove costruzioni in misura proporzionale alla cubatura totale del fabbricato, senza vietare al costruttore di riservare a sé la proprietà degli spazi di parcheggio, per poi cederli a terzi, totalmente o in parte, o ai proprietari degli appartamenti “pro quota” ovvero singolarmente, ed anche globalmente, in modo che costituiscano parte comune dell’edificio condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. (Cass. n. 5831 del 2017; Cass. n. 730 del 2008; Cass. n. 18255 del 2006). Solo, quindi, qualora nei titoli di acquisto non vi sia stata al riguardo alcuna riserva di proprietà da parte del costruttore o sia stato omesso qualunque riferimento, gli spazi destinati a parcheggio si intendono ceduti in comproprietà pro quota ai condomini, venendo così a fare parte delle cose comuni di cui all’art. 1117 c.c. (Cass. n. 11261 del 2003). Quello che preserva il vincolo di destinazione di carattere pubblicistico impresso dalle norme di cui si tratta, e’, allora, il diritto reale d’uso sui detti spazi a favore di tutti in condomini del fabbricato, diritto che non può essere compromesso ex se né dalla riserva di proprietà a favore del costruttore né dalla alienazione di detti spazi a terzi.

Come ancora di recente riaffermato da questa Corte (Cass. n. 8220 del 2016), per la concreta attuazione della costituzione del diritto reale di uso per parcheggio, è indispensabile che, ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall’art. 41-sexies citato, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come richiesto dalla legge, sia stato effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia. L’art. 41-sexies della Legge Urbanistica opera, infatti, come norma di relazione nei rapporti privatistici e come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la quale non può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di dette aree, costituendo l’osservanza della norma condizione di legittimità della licenza (o concessione) di costruzione, e alla quale esclusivamente spetta l’accertamento della conformità degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneità ad assicurare concretamente la prevista destinazione. Gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41-sexies, possono essere ubicati, peraltro, indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la “ratio” della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, tuttavia, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A..

Ne’, per il rispetto dell’obbligo di destinazione assunto dal proprietario-costruttore, salva l’ipotesi che esso sia stato trasfuso in una disciplina negoziale all’atto del trasferimento della singola unità immobiliare da lui realizzata, i singoli condomini hanno alcuna azione, fermo il diritto al risarcimento del danno qualora l’inosservanza dell’obbligo concreti una violazione delle norme urbanistiche. Perché si possa correttamente affermare la nullità ex art. 1418 c.c., dei contratti di compravendita immobiliare, nei quali al trasferimento della proprietà sulle singole porzioni dell’edificio non si sia accompagnato anche quello della proprietà o, quanto meno, del diritto reale d’uso sulle pertinenziali porzioni dello spazio riservato al parcheggio, occorre, dunque, accertare l’avvenuta riserva, al momento della realizzazione dell’edificio, all’interno della concessione edilizia, di una determinata ed identificata area da destinare a parcheggio, come richiesto dalla legge urbanistica, nonché il mancato successivo trasferimento del medesimo spazio destinato a parcheggio.

Solo, infatti, la determinazione di uno preciso spazio, interno od esterno agli edifici, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione d’atti di compravendita delle singole porzioni immobiliari con espressa esclusione o mancata menzione del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d’uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, consentono di pervenire alla dichiarazione di nullità di quegli atti. Ove sia, diversamente, accertato che, pur previsto nella concessione edilizia, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi manufatti od opere d’altra natura da destinare a diversa utilizzazione, non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non può ravvisarsi la nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto quei diversi manufatti, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d’edificazione, ammettendosi unicamente una tutela risarcitoria (Cass. n. 13210 del 2017; Cass. n. 8220 del 2016; Cass. n. 10341 del 2009; Cass. n. 6329 del 2003). Secondo i principi generali di allocazione dell’onere istruttorio, spetta in ogni caso agli attori, i quali deducano la nullità degli atti di acquisto da parte di terzi di un’area di parcheggio vincolata al diritto d’uso ex art. 41-sexies Legge Urbanistica, di provare che i beni oggetto di tali alienazioni siano compresi nell’ambito ben delimitato da tale norma (ovvero nell’apposito spazio riservato per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, concretamente destinato a tal fine in sede di realizzazione del fabbricato), in quanto elemento costitutivo del loro asserito diritto, giacché ogni spazio ulteriore è completamente svincolato da detta disciplina e può, quindi, essere liberamente venduto, locato o costituire oggetto di altri negozi giuridici (Cass. n. 5831 del 2017; Cass. n. 7065 del 2016; Cass. n. 8220 del 2016; Cass. n. 1221 del 2006).

Nel presente giudizio il condomino M.G. (dante causa degli odierni intimati), in forza di atto di permuta stipulato in data 15 dicembre 1986, ha dedotto di aver acquistato dalle costruttrici/venditrici, le germane T., il suo diritto di proprietà esclusiva su porzione dello spazio adiacente e su locale sito nel piano sottostrada, inerenti al fabbricato di (OMISSIS), beni dei quali le stesse costruttrici si erano riservate la proprietà prima del sorgere del condominio, così sottraendoli alla presunzione di attribuzione ex art. 1117 c.c..

Ne deriva che, al fine di decidere la controversia in esame, la Corte di appello avrebbe dovuto accertare se le costruttrici avessero titolo per trasmettere in proprietà singola ed esclusiva a Tr.Fr. parte degli spazi in questione corrispondente ad area di mq. 50, per avere le germane T. conservato la proprietà di altra area di mq. 73,39 non fruibile – sulla base dei chiarimenti forniti dal consulente tecnico d’ufficio in data 07.12.2005 – e se tale alienazione avesse concretamente pregiudicato il diritto d’uso a parcheggio presidiato dal vincolo di destinazione pubblicistica.

A tal fine, la corretta applicazione delle norme indicate e la coerente esplicazione motivazionale imponeva di accertare: a) se nell’edificio condominiale e nelle sue pertinenze, esistevano, ed in quale entità, gli spazi di parcheggio, secondo il rapporto non numerico ma di volume-superficie imposto dall’art. 41-sexies, Legge Urbanistica; b) se gli spazi venduti a Tr.Fr. rientravano nella superficie di questi; c) quale fosse il regime proprietario degli spazi vincolati, ovvero se essi erano stati riservati in proprietà dalle costruttrici all’atto della formazione del condominio, oppure se si trattava di spazi condominiali, ai sensi dell’art. 1117 c.c.; d) se gli spazi venduti al condomino Tr. eccedessero la misura stabilita dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, in proporzione alle rispettive singole unità immobiliari di sua proprietà, in tal modo pregiudicando il diritto d’uso spettante agli altri titolari di unità immobiliari comprese nell’edificio;

– con il quarto ed ultimo motivo le ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 2697 c.c., art. 1223 c.c., artt. 1227 e 1218 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché dell’art. 132 cpv., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendo ravvisabile alcun profilo di responsabilità delle alienanti avendo il M. prestato il proprio consenso alla esclusione del trasferimento pro quota dell’area di parcheggio, circostanza che avrebbe dovuto condurre la corte a ritenere il fatto del creditore quale circostanza concorrente alla determinazione dell’inadempimento e quindi del danno.

La censura è manifestamente infondata, giacché alla luce delle considerazioni sopra svolte emerge evidente che essendovi un titolo contrattuale che attribuisce ad altri la proprietà dello spazio per parcheggio, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione “ope legis” del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, e ciò a prescindere dalla condizione psicologica delle stesse parti contrattuali.

In questi termini vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, rigettato il quarto.

L’accoglimento per quanto sopra del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai medesimi motivi, con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà al riesame delle controversie alla luce di quanto sopra affermato.

Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigettato il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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