Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24919 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24919 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 1312-2008 proposto da:
FALLIMENTO CART ORAN SRL in persona del Curatore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUIGI
LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato MANCA BITTI
DANIELE, rappresentato e difeso dall’avvocato LAI
GIUSEPPE giusta delega a margine;
– ricorrente –

2013

contro

1437

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

sul ricorso 6835-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 06/11/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 93/2006 della COMM.TRIB.REG. di
CAGLIARI, depositata il 15/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che
si riporta agli scritti difensivi e chiede il rigetto
del ricorso principale e raccoglimento di quello
incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale condizionato.

FALLIMENTO CART ORAN SRL;

Svolgimento del processo

Con sentenza 15.11.2006 n. 93 la Commissione tributaria della regione
Sardegna ha rigettato l’appello proposto da CART ORAN s.r.l. e da Niccoli

legittimi gli avvisi di accertamento con i quali venivano recuperate le
somme indebitamente erogate a titolo di rimborsi IVA negli anni 1999,
2000 e 2001 per crediti d’imposta fittizi, in quanto fondati su fatture
ideologicamente false perché riferite ad operazioni oggettivamente
inesistenti.

I Giudici territoriali, ritenuto provato il fatto illecito, accertavano la
legittimità dell’esercizio del potere impositivo, ai sensi dell’art. 54co5 Dpr
n. 633/72 (accertamento cd. parziale), e rilevavano, da un lato, che il
condono automatico, definito ai sensi dell’art. 9co9 della legge n. 289/2002,
non impediva all’Ufficio di contestare la esistenza dei presupposti del
diritto al rimborso; dall’altro che la mancata contabilizzazione nelle
dichiarazioni annuali degli importi indicati nelle fatture contestate non
determinava alcuna “compensazione” tra beneficio illecitamente conseguito
e danno procurato dall’Erario, atteso che nella specie era mancata la
materiale restituzione della somma fraudolentemente percepita.

Avverso la sentenza di appello, non notificata, ha proposto tempestivo
ricorso il Fallimento di Cart Oran s.r.l. deducendo tre motivi.
Ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico
motivo, la Agenzia delle Entrate.

1
RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fall. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

Co
Stefano

vieri

Franco confermando la decisione di prime cure che aveva dichiarato

Motivi della decisione

0. Va disposta la riunione delle cause ex art. 335 c.p.c. essendo stati
proposti i ricorsi principale ed incidentale avverso la medesima sentenza.

1. Il primo motivo con il quale la società denuncia la violazione

relazione l’art. 360c1 n. 3 c.p.c. è infondato.
La ricorrente sostiene che la CTR ha fatto errata applicazione alla
fattispecie concreta dell’art. 9 comma 9 e 10, lett. a) della legge n.
289/2002 nella portata prescrittiva indicata dalla ordinanza interpretativa di
rigetto n. 340/2005 della Corte costituzionale: asserisce la parte ricorrente
che, a differenza della ipotesi sottoposta all’esame del Giudice delle Leggi,
in cui i rimborsi richiesti sulla base di fatture emesse per operazioni
inesistenti non erano ancora stati erogati dall’Ufficio, con la conseguenza
che la contestazione da parte della PA del credito di rimborso -in quanto non
comportante l’accertamento di un maggiore debito d’imposta- non poteva ritenersi

preclusa dalla disposizione della legge sul condono che impediva alla
Amministrazione finanziaria di procedere a “nuovi accertamenti tributari”
sulle dichiarazioni in ordine alle quali era stato perfezionato il condono,
invece, nella presente controversia, veniva invece in questione una distinta
fattispecie in quanto l’Ufficio aveva già provveduto al rimborso delle
somme, emettendo gli avvisi di accertamento impugnati successivamente
alla definizione del condono cd. tombale, con la conseguenza che l’azione
di recupero dell’indebito, in quanto veniva ad incidere su una situazione
debitoria divenuta intangibile con il condono, doveva ritenersi preclusa.

1.1 L’argomento difensivo è privo di pregio.

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RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fall. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

CkM% est.
Stefan
livieri

dell’art.9 della legge n. 289/2002 e dell’ari 54 comma 5 Dpr n. 633/2 , in

1.2 Rileva il Collegio che la Corte costituzionale ha, infatti, chiarito che
la disposizione dell”art. 9, comma 9, terzo periodo, della legge n. 289 del
2002 (secondo cui la definizione automatica delle imposte «non modifica l’importo
degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini delle
imposte sui redditi e relative addizionali, dell’imposta sul valore aggiunto, nonché
dell’imposta regionale sulle attività produttive») deve essere intesa “nel senso

rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non
impedisce all’erario di accogliere tali richieste, allorché la pretesa di
rimborso sia riscontrata fondata”, mentre l’art. 9, comma 10, lettera a),
della stessa legge (che impedisce alla PA ogni accertamento tributario nei
confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, nel caso di perfezionamento della
definizione automatica delle imposte ex lege n. 289/2002) deve essere intesa nel

senso che “preclude bensì l’accertamento dei debiti tributari dei
contribuenti che hanno ottenuto il condono,

ma non impedisce

l’accertamento dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di
rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti
tributari dei contribuenti e non sui loro crediti” (cfr. Corte cass. V sez.
12.1.2009 n. 375; id. n. 5586 del 2010; id. ord. n. 18942 del 2010 e n. 12337 del
2011)1. beve essere, in conseguenza, disattesa la equiparazione, prospettata

dalla società ricorrente tra provvedimento (emesso nelle forme dell’avviso di
accertamento) avente ad oggetto il recupero delle somme indebitamente

rimborsate (che ha come logico presupposto l’ accertamento della inesistenza del
credito d’imposta), che incontra soltanto il limite imposto da eventuali

decadenze o prescrizione del diritto alla restituzione dell’indebito, ed
avviso di “accertamento dei debiti tributari” concernente il medesimo
periodo di imposta oggetto del condono che, invece, incontra la preclusione
disposta dalla norma sul condono.

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RG n. 1312/2008+6835/2008
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Cons. st.
Stefano vieri

che il condono non influisce di per sé sull’ammontare delle somme chieste a

La diversa soluzione interpretativa dell’art. 9, comma 10, lettera a) della
legge n. 289/2002, prospettata dalla società ricorrente, che fa perno sulla
materiale erogazione dell’importo del credito d’imposta chiesto a rimborso
dal contribuente per ritenere preclusa la potestà di accertamento della
Amministrazione finanziaria volta al recupero dell’indebito, si porrebbe
peraltro in evidente contrasto con il principio costituzionale di

logicamente il diverso trattamento riservato alla PA, in relazione al
medesimo periodo d’imposta definito con il condono, in quanto legittimata
a contestare l’ammontare delle somme chieste indebitamente a rimborso e
non ancora liquidate ed invece impedita a recuperare le somme già erogate
pur se indebitamente rimborsate.

1.2.3 La tesi difensiva sostenuta dalla ricorrente viene, in ogni caso, ad
essere travolta dalla ritenuta incompatibilità della disposizione richiamata
(art. 9 legge n. 289/2002) con l’ordinamento comunitario “in quanto
comporta una rinuncia generale ed indiscriminata all’accertamento delle
operazioni imponibili in materia di IVA e, pertanto, integra un
inadempimento agli obblighi che sullo Stato italiano incombono «in forza
delle disposizioni dell’art. 2, n. 1, lettere a), c) e d), e degli artt. 193 – 273 della
direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema
d’imposta sul valore aggiunto, che hanno sostituito, dal 1° gennaio 2007, gli artt. 2 e
22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di
armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative alle imposte sulla cifra
d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme,
nonché dell’art. 10 CE» (sentenza 11 dicembre 2008, causa C-174/07;
analogamente, la sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06). Il rilevato contrasto

con l’ordinamento comunitario comporta l’obbligo del giudice e
dell’amministrazione finanziaria italiani di non applicare le norme
nazionali relative al suddetto condono (in tal senso, espressamente, le pronunce
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RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fall. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. t
Stefano ivieri

ragionevolezza (art. 3 Cost.) in quanto non consentirebbe di giustificare

della Cassazione civile, sezioni unite, dal n. 3673 al n. 3677 del 2010; sezione
semplice, n. 24586 e n. 24587 del 2010). Da ciò discende la

riespansione del

potere accertativo dell’amministrazione finanziaria ”

(cfr. Corte cost.

sentenza del 25.7.2011 n. 247; da ultimo cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 2915

del 07/02/2013)

Pertanto, il perfezionamento del condono ex art. 9 legge n. 289/2002

risulta ormai del tutto irrilevante ai fini invocati dalla parte ricorrente,
permanendo comunque integro, in conseguenza della incompatibilità
comunitaria della norma sul condono, il potere di accertamento in rettifica
dell’Ufficio sulle dichiarazioni concernenti i predetti anni d’imposta.

2. Le pronunce di incompatibilità della norma di cui all’art. 9 legge n.
289/2002 con l’ordinamento comunitario, rese dalla Corte di giustizia in
data 17 luglio 2008, causa C-132/06 ed in data 11 dicembre 2008, causa C174/07, determinano la infondatezza anche del secondo motivo di ricorso,
con il quale la società ricorrente ha reiterato le medesime censure formulate
nel primo motivo, con riferimento all’anno d’imposta 2000, per il quale
l’Ufficio con l’avviso di rettifica aveva anche rideterminato l’imposta
dovuta in lire 1.400.000.000.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza di appello per violazione
degli artt. 19, 30, 38 bis Dpr n. 633/72, dell’art. 8 Dpr n. 322/1998, in
relazione all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c., in quanto la CTR non avrebbe tenuto
conto che la fattura -relativa all’anno 1999- utilizzata per il rimborso di lire
600.000.000 non era stata inserita nel “quadro F” della dichiarazione
annuale IVA 1999, ed essendo stato portato tale importo in diminuzione nel
“quadro L” era stata liquidata una imposta di fatto comprensiva della
restituzione della somma rimborsata, posto che la fattura non era stata
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RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fai!. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons t.
StefanoftlAlivieri

effettuato dalla società contribuente per gli anni d’imposta dal 1999 al 2002

portata in detrazione ex art. 19 Dpr n. 633/72 e non era stata conteggiata in
detrazione nella dichiarazione annuale (art. 8co2 Dpr n. 322/1998).

3.1 11 motivo che riguarderebbe a quanto è dato comprendere la sola
fattura relativa al rimborso infrannuale chiesto nel 1999 si palesa
inammissibile in quanto la censura non fornisce alcuna precisa critica

impugnata secondo cui, altro è la materiale restituzione delle somme
indebitamente percepite, ed altro invece la indicazione in diminuzione, in
sede di “dichiarazione annuale” IVA, del credito d’imposta per l’importo
corrispondente a quello indebitamente percepito. La omessa riproduzione
del contenuto della dichiarazione fiscale, tanto più in presenza di esplicita
contestazione della resistente in ordine ai dati ivi indicati dalla contribuente
(cfr. controric. pag. 5), accompagnata da una carente esposizione
illustrativa della censura, impediscono a questa Corte di verificare in che
modo la corretta redazione della dichiarazione annuale IVA (nella quale
non viene riportato l’inesistente credito d’imposta indebitamente
rimborsato) possa per ciò stesso risolversi in una restituzione delle somme
indebitamente percepite, e dunque di verificare ((in limine ‘la stessa
congruità della critica mossa alla sentenza di appello, con conseguente
inammissibilità del motivo per difetto del requisito specificità ex art.
366co1 n. 4) c.p.c..

4. Al rigetto del ricorso principale segue la inammissibilità del ricorso
incidentale condizionato proposto dall’Agenzia delle Entrate con l’unico
motivo -con il quale ha censurato la sentenza di appello, per vizio di nullità
processuale ex art. 360co1 n. 4 c.p.c., avendo omesso la CTR di
pronunciare sulla inammissibilità dei motivi di gravame formulati nell’atto
di appello della società in quanto privi del requisito di specificità richiesto
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RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fall. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. st.
Stefano t1ivieri

idonea a confutare la “ratio decidendi” posta a fondamento della decisione

dall’art. 53 Dlgs n. 546/1992- dovendo darsi corso al principio enunciato
dalla Corte secondo cui “è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso
incidentale per Cassazione della parte vittoriosa in secondo grado per le
questioni, domande o eccezioni, rilevanti per la decisione, da essa
prospettate e non decise, neppure implicitamente, in quanto assorbite da
quelle accolte, essendo in tal caso invece necessaria la soccombenza

siano stati esaminati e respinti. Nè tali questioni, domande, eccezioni,
possono proporsi dalla parte vittoriosa con controricorso, non essendo
applicabile l’art. 346 cod. proc. civ. in Cassazione, mentre sono
riproponibili, in caso di accoglimento del ricorso principale, purché
espressamente riproposte nel giudizio di appello e non travolte dalle
questioni decise dalla sentenza di cassazione, nel giudizio di rinvio.” (cfr.
Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 3908 del 30/03/2000; id. Sez. 1, Sentenza n. 17199
de/ 14/11/2003; id. Sez. 2, Sentenza n. 13428 del 12/09/2003; id. Sez. 3, Sentenza n.
25821 del 10/12/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 12728 del 25/05/2010; id. Sez. 5,
Sentenza n. 27157 del 16/12/2011).

5. In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato, il ricorso
incidentale condizionato va dichiarato inammissibile, e la parte ricorrente
deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale
condizionato, condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del
presente giudizio liquidate in € 25.000,00 per compensi , oltre alle spese
prenotate a debito.

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RG n. 1312/2008+6835/2008
ric. Fai!. CART ORAN s.r.l. c/Ag.Entrate

Con est.
Stefano livieri

teorica, configurabile se, accolta la domanda sotto un profilo, gli altri

.ESENTE 1).REnisi7-,Azlow

Così deciso nella camera di consiglio 22.4.2013

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