Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24918 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.20/10/2017),  n. 24918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5788-2014 proposto da:

F.P., rappresentato e difeso dall’avv. PIETRO LUPO

domiciliato in Roma presso la Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

CONDONIINIO VIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1433/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 01/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

1 F.P., proprietario di due box auto all’interno dell’edificio condominale sito a (OMISSIS), convenne innanzi al locale tribunale il condominio per ottenere il risarcimento dei danni causati da infiltrazioni d’acqua dovute alla cattiva manutenzione di parti comuni dell’edificio, compresi quelli da lucro cessante.

Il convenuto contestò la domanda.

In corso di causa intervenne volontariamente P.V., (frattanto divenuta proprietaria dei box) associandosi alla domanda risarcitoria dell’attore e il Tribunale, in accoglimento della pretesa, condannò il Condominio al risarcimento del danno nella misura di Euro 9.000,00 in favore dell’attore e Euro 2.000,00 in favore dell’interventrice ordinando altresì al convenuto di eseguire le opere necessarie ad eliminare la causa delle infiltrazioni.

2 La Corte d’Appello di Palermo accolse parzialmente l’impugnazione del Condominio, riducendo l’importo del risarcimento fissato dal primo giudice in favore dell’attore (da Euro 9.000,00 a Euro 7.900,00) ed eliminando la condanna al pagamento di 2.000,00 Euro in favore dell’interventrice pure disposta dal Tribunale), con compensazione delle le spese del doppio grado.

Per quanto ancora interessa, la Corte di merito ritenne non raggiunta la prova del danno da lucro cessante, liquidato dal primo giudice senza specificazione dei parametri utilizzati e sulla scorta di deposizioni de relato. La compensazione delle spese venne motivata in considerazione della reciproca soccombenza.

3 Contro tale sentenza ricorre per cassazione il F. sulla base di due motivi.

Il Condominio non ha svolto difese in questa sede.

Il relatore ha proposto l’inammissibilità del primo motivo e il rigetto per manifesta infondatezza del secondo.

Il ricorrente ha depositato memoria.

4.1 Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 dolendosi del rigetto della pretesa risarcitoria sotto il profilo del lucro cessante (mancato utilizzo dei box a causa delle infiltrazioni d’acqua); critica la motivazione della sentenza rimproverando alla Corte di merito di non avere valutato l’intero quadro probatorio ed in particolare lo stato di degrado dei box che li rendeva inidonei alla cessione e locazione a terzi.

4.2 Col secondo motivo, sempre richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente deduce ancora un vizio di motivazione della sentenza sulla regolamentazione delle spese, dolendosi della compensazione integrale.

I due motivi, ben suscettibili di esame unitario per il comune riferimento al vizio motivazionale, sono inammissibili. Entrambi infatti investono la motivazione della sentenza, rispettivamente sulla prova del danno da lucro cessante (primo motivo) e sulla compensazione delle spese (secondo motivo), e quindi denunziano un vizio che oggi non è più possibile far valere in sede di legittimità, come chiaramente si evince dall’art. 360, n. 5 nella versione attualmente in vigore ed applicabile alla fattispecie in esame. Il legislatore, per una precisa scelta volta a ridurre il contenzioso in sede di legittimità, consente di far valere l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ipotesi oggi non ricorrente e neppure dedotta. E la stessa memoria del ricorrente è ancora una volta incentrata sul vizio di motivazione.

Il ricorso va pertanto respinto, ma senza addebito di spese (l’altra parte è rimasta intimata).

Considerato che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 per cui sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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