Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24918 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 03/05/2019, dep. 07/10/2019), n.24918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21050-2018 proposto da:

SIR TILES SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVEZZANA 6,

presso lo studio dell’avvocato MATTEO ACCIARI, rappresentato e

difeso dall’avvocato BRUNO GUARALDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3460/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/05/2019 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’appello di Perugia, con decreto 19.12.2017 ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro. 3.208,00 in favore della SIR-TILES spa, a titolo di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89 per l’irragionevole durata di un causa in materia fallimentare ed ha condannato il Ministero al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro. 405,00 per compensi professionali oltre IVA e accessori di legge.

2 Per la cassazione di questo decreto la SIR-TILES spa ha proposto ricorso con due motivi a cui resiste con controricorso il Ministero.

Il consigliere relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo la parte ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., dell’art. 2233 c.c. nonchè del D.M. n. 55 del 2014, dolendosi della liquidazione delle spese del procedimento, operata in Euro. 405,00 e quindi in violazione di quanto previsto dallo scaglione relativo al valore della causa.

1.2 Col secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 92 c.p.c. censurandosi un passo della motivazione contenente un richiamo alla sussistenza di giusti motivi per una compensazione parziale.

2 Per evidenti ragioni di priorità logica occorre partire dall’esame del secondo motivo, che è fondato.

Come già affermato da questa Corte, nel procedimento d’equa riparazione disciplinato dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poichè, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il “petitum” della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (v. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 14976 del 16/07/2015 Rv. 636087; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 26235 del 19/12/2016 Rv. 641918).

Nel nostro caso, la Corte d’Appello ha ravvisato “giusti motivi” per compensare le spese, desumendoli “dalla differenza tra quanto richiesto e quanto domandato” (v. pag.4 decreto impugnato). Ha quindi dato peso al fatto che in ricorso la pretesa indennitaria era stata quantificata in Euro. 6.000,00 (sulla base di un moltiplicatore di Euro. 1.000,00 per ogni anno di durata irragionevole), mentre poi col decreto impugnato tale importo è stato quasi dimezzato, applicandosi un moltiplicatore inferiore (Euro. 500,00 per ogni anno di durata irragionevole).

L’errore di diritto della Corte d’Appello è duplice, perchè si è distaccata apertamente dal citato principio senza neppure avvedersi che la compensazione “per giusti motivi” non è più prevista nel nostro sistema processuale (v. L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11), mentre è consentita “per gravi ed eccezionali ragioni” da indicarsi esplicitamente in motivazione (v. art. 92 nel testo applicabile ratione temporis e tutt’oggi in vigore alla luce della sentenza n. 77/2018 della Corte Costituzionale.)

La cassazione del decreto è pertanto inevitabile, con logico assorbimento dell’altro motivo sull’entità della liquidazione delle spese.

Il giudice di rinvio, che si individua nel medesimo ufficio giudiziario in diversa composizione, rimedierà all’errore nella regolamentazione delle spese, attenendosi ai principi come sopra richiamati e considerando la natura contenziosa del procedimento; all’esito, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il primo motivo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2019

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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