Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24917 del 06/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 06/11/2020), n.24917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3457-2017 proposto da:

SERVIZI AUSILIARI SICILIA, società consortile per azioni a totale

capitale pubblico, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli Avvocati

MASSIMILIANO MARINELLI, e CLAUDIO ALONGI;

– ricorrente –

contro

L.M.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato ANTONINO MARIA CREMONA;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, (ora Fallimento della (OMISSIS)

spa), in persona del legale rapp.te pt.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 755/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/07/2016 R.G.N. 1334/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Agrigento, con la pronuncia n. 290 del 2014, ha dichiarato che tra L.M.V. e la Servizi Ausiliari Sicilia – società consortile per azioni (denominata da ora S.A.S.) – era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza dalla data della pronuncia (6.2.2014) e ha condannato la società a riammettere il lavoratore in servizio e a pagargli, a titolo di indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32 una somma commisurata a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. In particolare, sono stati ritenuti illegittimi i contratti di somministrazione di lavoro stipulati tra il L.M. con la società di somministrazione Temporary spa, costituito il rapporto con l’utilizzatrice (OMISSIS) spa e, in forza della cessione di azienda intervenuta tra detta società e la S.A.S., attuato il passaggio del lavoratore alle dipendenze di quest’ultima ex art. 2112 c.c..

2. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 755 del 2016, ha riformato la suddetta pronuncia unicamente in ordine alla decorrenza del rapporto di lavoro, che ha individuato nel 29.5.2009 (data di inizio del rapporto di lavoro), confermandola nel resto.

3. Per quello che interessa in questa sede i giudici di seconde cure hanno ritenuto che: a) la S.A.S. era subentrata nell’attività economica già svolta da (OMISSIS) in favore delle strutture sanitarie regionali, adoperando la quasi totalità della forza di lavoro in precedenza addetta alla attività medesima e dipendente dalla (OMISSIS) stessa in forza di un trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c.; b) secondo lo statuto societario vigente ratione temporis la S.A.S., quale società a capitale totalmente pubblico operante in regime di house providing, non era assoggettata a forme di controllo analogo a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici; c) non erano applicabili nè i divieti di assunzione previsti dalla L.R. n. 25 del 2008, in quanto la (OMISSIS) e la S.A.S. erano società per azioni, sebbene a partecipazione interamente pubblica, nè quelli della L.R. n. 11 del 2010 entrata in vigore successivamente alla instaurazione del rapporto di lavoro, nè infine quello del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis convertito nella L. n. 133 del 2008, introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 9 convertito nella L. n. 102 del 2009; d) la causale del contratto non era specifica; e) vertendosi in una ipotesi di conversione del rapporto, correttamente era stato applicato la L. n. 183 del 2010, art. 32; f) la decorrenza della conversione andava retrodatata al momento della data di inizio del rapporto e non dalla data della pronuncia di primo grado.

4. Avverso la decisione di appello ha proposto ricorso per cassazione la Servizi Ausiliari Sicilia – società consortile per azioni a totale capitale pubblico – affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso L.M.V., illustrato con memoria.

5. La (OMISSIS) spa in liquidazione (ora Fallimento (OMISSIS) spa) non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 conv. nella L. n. 133 del 2008, in combinato disposto con la L. n. 183 del 2010, art. 32 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la Corte di appello escluso l’applicazione delle citate disposizioni alla fattispecie in esame in quanto, sull’assunto secondo cui la sentenza che accerta l’insussistenza dei requisiti che consentono l’utilizzo legittimo dei contratti di somministrazione abbia natura dichiarativa e non costitutiva, ha affermato il principio che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato sarebbe iniziato prima dell’entrata in vigore delle norme sopra richiamate.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 2112 c.c. e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di appello, in primo luogo, violato l’art. 2112 c.c., ritenendo che il semplice passaggio di personale, da un soggetto ad un altro, che è subentrato nell’attività economica da questo svolta, costituisce di per se trasferimento di azienda, non considerando necessario l’accertamento del tipo di attività svolta, delle concrete modalità di essa nonchè dell’omessa verifica dell’effettivo passaggio o meno di beni o strumenti materiali; in secondo luogo, per avere violato l’art. 2697 c.c. ponendo a carico di S.a.s. l’onere di provare che, in presenza di fatti di per sè non sufficienti a dimostrare l’esistenza della fattispecie di cui all’art. 2112 c.c., non vi fosse un trasferimento di azienda.

4. Con il terzo motivo la società si duole della violazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, comma 3 e della L.R. n. 11 del 2010, art. 20 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere i giudici di secondo grado ritenuto che, essendo l’assunzione di 897 lavoratori avvenuta per rispettare un diritto di precedenza imposto dal legislatore regionale, tale circostanza non avrebbe potuto essere assunta come elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 2112 c.c..

5. Con il quarto motivo si lamenta la falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 1 e 36 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè essendo la S.A.S. sottoposta ad un forte ed incisivo potere di direzione, controllo e coordinamento da parte degli enti pubblici consorziati, la Corte di merito non avrebbe potuto applicare l’art. 2112 c.c. ma la disciplina delle citate disposizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 in tema di disponibilità di costituire rapporti di lavoro con la P.A. in virtù di provvedimenti giudiziari.

6. Il ricorso non è fondato.

7. Vanno richiamate, al riguardo, le condivisibili argomentazioni che questa Corte ha già svolto in fattispecie sovrapponibili a quella in esame.

8. Il primo motivo non è fondato.

9. Invero, è un dato acquisito e pacifico che, nel caso in esame, si verte in ipotesi di genericità della causale dei contratti di somministrazione di lavoro stipulati dal lavoratore con la società di intermediazione. Orbene, la conversione del rapporto in capo a (OMISSIS) spa a far data dall’inizio del rapporto (29.5.2009), con tutte le conseguenze in tema di normativa applicabile circa i divieti di assunzione previsti dalle leggi regionali, come in seguito si vedrà, trova la sua assorbente ratio nella disposizione di cui al D.Lgs. n. n. 276 del 2003, art. 27 nella sua versione ratione temporis applicabile a seguito della modifica di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 247 e prima di quella di cui alla L. 24 dicembre 2009, n. 191, che testualmente prevede, in ipotesi di somministrazione irregolare, la costituzione di un rapporto di lavoro con l’utilizzatore con effetto dall’inizio della somministrazione (cfr. in termini, per quel che interessa in questa sede, Cass. 15.12.2016 n. 25918 e, in motivazione, Cass. 1.8.2014 n. 17540). E’, pertanto, in virtù di tale disposizione che deve essere individuata la decorrenza del costituito rapporto a tempo indeterminato e non per la L. n. 183 del 2010, art. 32 esaminato ai fini di valutare la sollevata eccezione di decadenza dall’impugnazione dei contratti disattesa in entrambi i gradi di merito e della determinazione dell’indennità risarcitoria e, comunque, ritenuto, in modo esatto, non rilevante ai fini del regime degli effetti della pronuncia che dichiara la conversione del contratto di somministrazione irregolare; è opportuno per completezza sottolineare che la norma applicabile al caso concreto, in tema di divieto di assunzioni, è quella di cui alla L.R. 29 dicembre 2008, n. 25, art. 1, comma 10 perchè la decorrenza della costituzione del rapporto a tempo indeterminato è anteriore all’1.7.2009, data dell’entrata in vigore del D.L. n. 79 del 2009, art. 19 (conv. nella L. n. 102 del 2009), che ha introdotto l’art. 18, comma 2 bis al D.L. n. 112 del 2008 (convertito a sua volta nella L. n. 133 del 2008): norma la cui applicazione non è stata censurata con il presente ricorso per cassazione.

10. Il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati per essere la gravata pronuncia conforme ai principi di diritto enunciati in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 24803/2015; Cass. n. 24804/2003; Cass. n. 6693/2015) in fattispecie analoghe in fatto a quella in esame e cui si intende dare seguito.

11. In particolare, con le citate decisioni, si è affermato che tra la (OMISSIS) spa e la S.A.S. era avvenuto un trasferimento di azienda, avendo la seconda società adoperato la quasi totalità della forza lavoro in precedenza addetta alla medesima attività e dipendente dalla (OMISSIS) stessa e che non ostava la circostanza che il fenomeno traslativo avesse riguardato soltanto il personale perchè la giurisprudenza comunitaria aveva configurato come entità economica organizzata anche il “complesso organizzato di lavoratori subordinati specificamente adibiti all’espletamento di un compito comune”. Tali statuizioni hanno ricevuto un recente avallo sempre dalla giurisprudenza Euro-unitaria (da ultimo sent. 11.7.2018 nella causa C- 60/2017) che ha precisato che: a) una entità economica può essere in grado, in determinati settori, di operare senza elementi patrimoniali materiali o immateriali significativi, di modo che la conservazione dell’identità di una unità di questo tipo al termine dell’operazione di cui essa è oggetto non può, per ipotesi, dipendere dalla cessione di tali elementi; b) in determinati settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera, un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere ad un’entità economica che può conservare la sua identità anche dopo il suo trasferimento qualora il nuovo titolare non si limiti a proseguire l’attività stessa, ma riassuma anche una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dal predecessore in tali compiti; in siffatta ipotesi il nuovo imprenditore acquisisce infatti l’insieme organizzato di elementi che gli consentirà il proseguimento in forma stabile delle attività o di talune attività dell’impresa cedente (punto 34); c) tale ipotesi di subentro tra imprese rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/23 concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, stabilimenti o di parti di stabilimento.

12. Nei richiamati precedenti di legittimità, si è precisato inoltre, con riguardo alle altre doglianze di cui al motivo, che non si ravvisava, altresì, alcuna violazione dell’onere della prova perchè la Corte di merito, accertata la sussistenza di un trasferimento di una attività economica organizzata, come dedotto dalla lavoratrice, ha ritenuto in sostanza infondati gli elementi contrari prospettati dalle società; si è sottolineato, infine, che non sussisteva la dedotta violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3 (che dispone che “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento di azienda o di parte di azienda” ed aggiunge che tale norma non costituisce violazione della direttiva n. 2001/23) per due ragioni: a) in primo luogo perchè, anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, se vi è un passaggio di una attività economica organizzata tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa, può configurarsi un trasferimento di azienda dovendo, in tal caso, interpretarsi il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 non in contrasto con la citata direttiva; b) in secondo luogo perchè, nella fattispecie in esame (ove la convenzione quadro per l’affidamento dei servizi ausiliari della Regione Siciliana alla S.A.S è del 14.9.2012) comunque trovava applicazione la Legge Speciale Regionale n. 11 del 2010 (che all’art. 20 ha previsto espressamente il trasferimento del personale delle società dismesse nelle società risultanti alla fine del processo di riordino), cui correttamente è stato attribuito dalla Corte territoriale valore programmatico e non precettivo e che non può interpretarsi nel senso di avere imposto autoritariamente la successione, nei vari appalti, da una società ad un’altra.

13. Anche il quarto motivo non merita accoglimento perchè la Corte di merito, con accertamento di fatto congruamente motivato e conforme a diritto, analizzate le disposizioni dello statuto della S.A.S. (ed in specie quelle sui controlli risultati aderenti alle disposizioni che regolano le società per azioni di diritto comune) ha escluso che la stessa fosse assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici e che, in sostanza, costituisse una longa manus della p.a; per il resto la censura, benchè avanzata ex art. 360 c.p.c., n. 3, si risolve nella mera riproposizione di una diversa interpretazione e valutazione delle clausole dello statuto senza dedurre, peraltro, alcuna violazione dei canoni ermeneutici.

14. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

15. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo, con distrazione; nulla va disposto per quelle relative all’altra intimata.

16. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020

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