Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24914 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 25/11/2011), n.24914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INTEREUROPEA s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via Ugo Bartolomei n. 18, presso l’avv. Arzillo

Massimo, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 110/27/06, depositata il 25 ottobre 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

maggio 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Barbara Tidore per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone due ricorsi per cassazione, di contenuto sostanzialmente identico, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermato il diritto della Intereuropea s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, al rimborso delle ritenute alla fonte subite, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 su interessi attivi maturati nel 2000 su conti correnti e depositi bancari.

2. La società contribuente resiste con controricorsi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione al ricorso n. 32144/07 del ricorso n. 32160/07, in quanto proposti contro la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo dei ricorsi riuniti, è denunciata la nullità della sentenza impugnata per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo.

Il motivo è fondato.

Sulla questione oggetto del thema decidendum – consistente nello stabilire se i sostituti d’imposta indicati nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, comma 2, hanno l’obbligo di operare le ritenute d’acconto sugli interessi di conti correnti e di depositi bancali e postali anche quando l’impresa a favore della quale sono corrisposti sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa -, alla motivazione della decisione, univocamente e chiaramente orientata all’accoglimento della tesi dell’Ufficio appellante (afferma infatti il giudice che “l’impresa in liquidazione coatta amm.va non muta la sua natura giuridica per effetto della dichiarazione di apertura della procedura concorsuale e non cessa di essere soggetta all’imposta sul reddito d’impresa, neppure per i periodi d’imposta successivi all’inizio della liquidazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 pertanto i soggetti continuano ad essere obbligati ad effettuare le ritenute d’acconto anche sugli interessi”; e che “lo scomputo delle ritenute d’acconto sarà effettuato solo all’atto della dichiarazione dei redditi di chiusura anzichè all’atto delle singole dichiarazioni annuali che non sono richieste”) si contrappone il dispositivo, con il quale si “conferma la decisione di primo grado”, che aveva riconosciuto il diritto della società contribuente al rimborso delle ritenute d’acconto subite.

Ne consegue, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che, in una tale ipotesi di insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, non è consentito individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella sentenza, nè è data la possibilità del ricorso all’interpretazione complessiva della decisione – che presuppone una sostanziale coerenza delle diverse parti delle proposizioni della medesima – e neppure di utilizzare il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., ma si configura la nullità di tale provvedimento (art. 156 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4) per la sua inidoneità a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale (Cass. nn. 7671 del 1995, 4754 del 1999, 14966 del 2007, 29490 del 2008, 11299 del 2011; nel senso che il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo comporta, invece, un vizio di motivazione riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, cfr. Cass. n. 7173 del 1992).

3.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 125, del D.P.R. n. 42 del 1988, artt. 18 e 31 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 10 ripropone la questione di diritto, oggetto della controversia, già sopra enunciata.

3.2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso per nullità della sentenza impugnata pone preliminarmente il quesito se questa Corte sia tenuta a cassare con rinvio la sentenza stessa, affinchè il giudice di merito si pronunci sulla detta questione, oppure se, nel presupposto del difetto della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, possa, trattandosi di questione di puro diritto, statuire sulla medesima, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Il Collegio ritiene di dare risposta favorevole alla seconda alternativa, dando continuità ad un orientamento recentemente emerso nella giurisprudenza di questa Corte.

L’art. 111 Cost., comma 2, con lo statuire che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo, detta una regola per l’interpretazione delle singole norme di rito funzionalizzata alla celerità del giudizio, che impone di fare un uso il più lato possibile del potere di decisione nel merito, ai sensi dell’art 384 cod. proc. civ., tanto più alla luce della modifica apportata a quest’ultimo dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 12; il nuovo comma 2 dell’art. 384, sopprimendo il riferimento alle sole ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed estendendo quindi il potere di decisione nel merito ai casi di violazione di norme processuali, ha assegnato un compito nuovo alla Corte, titolare di una funzione non più solamente rescindente, ed ha fornito un rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo che assicura maggiormente il principio di economia processuale e di speditezza (evitando il ritorno della causa in fase di merito), il quale deve ritenersi prevalente sulla perdita, per le parti, di un grado di merito, posto che sulle questioni di puro diritto l’art. 111 Cost., comma 7, garantisce solamente la pronuncia della Cassazione (Cass. nn. 2313, 6951 e 19301 del 2010, 5139 del 2011).

Si è, quindi, in particolare, ritenuto che, qualora i giudici di merito non si siano pronunciati su una questione di mero diritto, ossia non richiedente nuovi accertamenti di fatto, perchè rimasta assorbita e la stessa venga riproposta con ricorso incidentale per cassazione, la Corte, una volta accolto il ricorso principale e cassata la sentenza impugnata, può decidere la questione, purchè su di essa si sia svolto il contraddittorio (Cass. n. 5139 del 2011, cit.).

Ad avviso del Collegio, i suddetti principi sono pienamente applicabili anche al caso di specie, nel quale la sentenza impugnata è stata cassata per nullità, ricorrendo anche in questo i requisiti dianzi indicati per poter procedere alla decisione della causa.

3.3. Ciò posto, il motivo è fondato.

E’ consolidato, infatti, l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte – dal quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi – secondo cui, in tema di imposte dirette, i sostituti d’imposta indicati nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, comma 2, hanno l’obbligo di operare le ritenute d’acconto sugli interessi di conti correnti e di depositi bancali e postali anche quando l’impresa a favore della quale sono corrisposti sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, non rilevando in contrario la circostanza che – per il combinato disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 125, del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, artt. 18 e 31, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 10 (e poi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 5) – l’accertamento di un effettivo debito d’imposta sul reddito d’impresa dell’ente possa essere compiuto soltanto nella fase di chiusura della liquidazione, ove risulti un “residuo attivo” imponibile. Ad un tal esito, infatti, dall’imposta che risulterà dovuta si scomputeranno gli acconti prelevati dai sostituti nel corso della procedura e versati all’Erario, mentre insorgerà, invece, il diritto dell’ente medesimo al rimborso totale o parziale di dette somme, nell’opposta ipotesi in cui, in base alle risultanze del conto di gestione e del bilancio finale, non siano dovute imposte sui redditi d’impresa o siano dovute imposte per un ammontare inferiore a quello delle ritenute d’acconto, senza che ciò si ponga in contrasto con il principio di capacità contributiva e il diritto di difesa (Cass. nn. 13154 del 1995, 7838 e 14127 del 2001, 12433 del 2004, 57 del 2005, 10974 e 14029 del 2007).

4. In conclusione, i ricorsi vanno accolti, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

5. Mentre sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è consolidata la citata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito, la controricorrente va condannata alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce al ricorso n. 32144/07 il ricorso n. 32160/07.

Accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1500,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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