Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24914 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24914 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 21154-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
1232

contro

COPROZOO SOCIETA’ COOPERATIVA ARL IN LIQUIDAZIONE
COATTA AMMINISTRATIVA in persona del Commissario
Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato
SEVERINI FABIO, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 06/11/2013

unitamente all’avvocato TOGNON SERGIO giusta delega a
margine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 46/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 14/06/2007;

udienza del 08/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

In esito a verifica fiscale condotta nei confronti di COPROZOO società
cooperativa a r.1., veniva redatto dalla Guardia di Finanza il PVC in data

d’imposta 1998, la omessa fatturazione di operazioni imponibili attive
relative a cessione di bestiame, la omessa regolarizzazione mediante
autofatturazione, in violazione dell’art. 41co6 Dpr n. 633/72, di operazioni
imponibili passive relative a prestazioni di servizio ricevute in esecuzione
di contratti di soccida dissimulanti in realtà contratti di appalto, la
presentazione della dichiarazione IVA contenente dati inesatti in violazione
dell’art. 28 Dpr n. 633/72, la indebita detrazione di IVA relativa a varie
fatture emesse con riferimento alla cessione di prodotti ai quali era stato
attribuito un valore superiore a quello di mercato (soprafatturazione).
Entrambi i gradi del giudizio introdotto avanti le Commissione tributarie
dalla società avverso l’avviso di rettifica volto al recupero della imposta
evasa ed al provvedimento irrogativo di sanzioni pecuniarie, emessi
dall’Ufficio IVA di Ferrara, si risolvevano a favore della contribuente. In
particolare la Commissione tributaria della regione Emilia-Romagna con
sentenza 14.6.2007 n. 46 rigettava l’appello dell’Ufficio finanziario
rilevando:
– che la società aveva giustificato la differenza tra i capi di bestiame
rinvenuti nella azienda e quelli risultanti dalle fatture di vendita e
dalle giacenze di magazzino, allegando che parte dei capi non
rinvenuti erano stati consegnati ai soccidari e parte erano morti nel
periodo oggetto di verifica
– che l’Ufficio non aveva controdedotto in merito a tali giustificazioni
e non aveva fornito prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria
1
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Cons. est.
Stefano 0 ieri

13.12.1999 con il quale si contestava alla società, relativamente all’anno

- dai contratti di soccida -prodotti dalla società- risultavano tutti i dati
necessari per determinare il quantitativo di capi di bestiame
inizialmente conferiti dalla cooperativa soccidante, il ciclo
produttivo dell’allevamento e la entità dell’accrescimento del
bestiame da attribuire al soccidario; inoltre la previsione nei contratti
della corresponsione di “acconti” in denaro o natura a favore dei

alterava la natura del rapporto negoziale, essendo fatto salvo il
conguaglio finale, con la conseguenza che tali operazioni si
inscrivevano nella prestazione dovuta dal soccidante (di assegnazione
del bestiame o della relativa quota di valore al soccidario) ed erano dunque

esenti da IVA
– che non essendo i contratti di soccida simulati era infondato il rilievo
contenuto nell’avviso di rettifica relativo alla omessa
autofatturazione, con conseguente insussistenza anche delle
violazioni tributarie contestate con il provvedimento irrogativo, che
doveva, pertanto, essere annullato.

Avverso tale sentenza la Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per
cassazione deducendo sette motivi corredati di quesito di diritto.
Ha resistito la società contribuente con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la Agenzia deduce vizio di omessa ed
insufficiente motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. rilevando che i Giudici
territoriali avevano inesattamente valutato gli elementi indiziari emergenti
dal verbale 13.12.1999 redatto dalla Guardia di Finanza non avvedendosi
che nella rilevazione compiuta per accertare la differenza tra i capi di
2
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co . est.
Stefan Olivieri

soccidari (sul valore del previsto “accrescimento” del bestiame) non

bestiame rinvenuti nell’azienda e quelli risultanti dalle fatture di vendita e
dalle scritture contabili di carico e scarico (calcolo effettuato mediante
individuazione di un “valore medio” del singolo capo di bestiame, in quanto la
società, alla voce contabile “giacenze di magazzino” anziché riportare il dato
numerico degli animali, si era limitata ad indicarne soltanto il valore patrimoniale
complessivo) i verificatori avevano specificamente tenuto conto anche del

morti nel periodo di imposta (stralcio del PVC riportato a pag. 4 dell’atto di
appello)

2. Con il secondo motivo la sentenza della CTR viene impugnata per
violazione e falsa applicazione dell’art. 54 Dpr n. 633/72, dell’art. 2697 c.c.
e dell’art. 2722 (recte 2729) c.c., in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.
La Agenzia fiscale critica la sentenza di appello nella parte in cui ha
disconosciuto la efficacia della prova presuntiva dotata dei requisiti ex art.
2729 c.c. emersa dalle indagini svolte dai verificatori ed ha comunque
ritenuto sfornita di prova la pretesa della Amministrazione finanziaria in
quanto non sarebbe stato prodotto in giudizio il testo integrale del verbale
di verifica, senza tuttavia tenere conto che al calcolo della differenza
quantitativa tra i capi di bovini in giacenza e quelli ceduti -differenza che
aveva legittimato la presunzione legale di cessioni effettuate senza emissione di
fattura- l’Ufficio era pervenuto mediante individuazione del “valore medio”

del singolo capo di bestiame, determinato secondo le indicazioni fornite
dallo stesso rappresentante legale della società che rivestivano natura
confessoria.
3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto
strettamente connessi avendo ad oggetto statuizioni della sentenza afferenti
al medesimo rilievo fiscale formulato nell’avviso di rettifica opposto.

3
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Cons t.
Stefano JIivieri

dato relativo ai bovini ceduti direttamente ai soccidari nonchè ai bovini

3.1 I motivi sono infondati.

3.2 La CTR della Emilia Romagna, diversamente da quanto sembra
ipotizzare la ricorrente, non è affatto incorsa in un errore di apprezzamento
dei rilievi e dei calcoli del numero dei capi di bestiame effettuati
dall’Ufficio finanziario, ma ha invece ritenuto che la differenza quantitativa

all’esito dell’accertamento dell’Ufficio (fondato sul valore del bestiame indicato
alla voce “giacenze di magazzino” -scritture di carico e scarico- e sula rilevazione dei
dati riportati nelle fatture di vendita), non evidenziasse operazioni imponibili

sottratte ad IVA, in quanto trovava adeguata giustificazione nelle prove

documentali fornite dalla società cooperativa dalle quali emergeva che il
numero di capi bestiame, che non trovava riscontro nelle fatture emesse
dalla società, si riferiva ad operazioni non imponibili (per le quali non vi era
obbligo di fatturazione) in quanto tutte riconducibili alla esecuzione del

contratto di soccida (capi assegnati ai soccidari; capi deceduti nel corso del
contratto).

3.3 Occorre considerare, inoltre, che non deve ravvisarsi alcuna
contraddittorietà tra l’affermazione contenuta in sentenza, secondo cui la
mancata produzione in giudizio del PVC non consentiva al Giudice di
appello di verificare la fondatezza della allegazione in fatto dedotta con il
motivo di gravame secondo cui “la somma dei capi di bestiame venduti con
fattura, e documentato nelle fatture in atti, non corrisponde a quanto
rilevato dai verbalizzanti”, e la precedente affermazione, sempre contenuta
nella motivazione della sentenza, secondo cui la mancata produzione, anche
in grado di appello, da parte della Amministrazione finanziaria di copia
integrale del PVC, non impediva comunque “di avere una visione completa
delle modalità di verifica”.

4
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

CorfJ est.
Stefano livieri

tra il numero dei capi di bestiame rinvenuti in azienda e quello risultante

La CTR ha inteso, infatti, correttamente distinguere l’attività di
allegazione da quella di deduzione probatoria, con la conseguenza che la
mera allegazione in fatto —contenuta nell’atto di appello- che i verificatori
avevano tenuto conto nel calcolo della differenza quantitativa anche dei
bovini ceduti e di quelli morti (cfr. ricorso principale, pag. 8, in cui si dà atto che
nell’atto di appello l’Ufficio aveva evidenziato che i verbalizzanti avevano tenuto
fornita dalla parte, tenendo inoltre conto sia dei beni ceduti direttamente dalle stalle
che di quelli morti”), è stata ritenuta insufficiente, in quanto priva di riscontro

documentale (non avendo l’Ufficio prodotto in giudizio il PVC) ed in assenza di
altre verifiche istruttorie, a confutare la prova documentale contraria fornita in giudizio dalla società contribuente- diretta a giustificare la
divergenza tra la quantità del bestiame rilevato in giacenza e quella
risultante dalle operazioni di cessioni documentate nelle scritture contabili,
proprio in base alle operazioni -non imponibili- di cessione del bestiame ai
soccidari nonché alla perdita di animali per eventi naturali verificatasi nel
corso del rapporto contrattuale.
La censura di legittimità per vizio logico della sentenza impugnata, in
quanto dedotta con riferimento ad una mera “allegazione” (come tale
sfornita di efficacia probatoria), risulta in conseguenza “ictu oculi”
infondata, difettando nella specie la indicazione da parte della Agenzia
ricorrente della prova documentale decisiva, ritualmente acquisita al
giudizio di merito, che il Giudice territoriale avrebbe omesso di valutare od
inesattamente valutato.

3.4 Quanto alle censure dedotte con il secondo motivo, in relazione
all’art. 360co l n. 3) c.p.c., indipendentemente dal rilievo secondo cui
risulta logicamente ed oggettivamente incompatibile la contestuale
deduzione dell’ “error iuris” (che presuppone una corretta rilevazione e
ricostruzione della fattispecie concreta) e dell’ “error facti” (che consiste invece
5
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co s. est.
StefanU Olivieri

conto dei “bovini acquistati e venduti come indicato nella documentazione fiscale

nella errata rilevazione e ricostruzione della fattispecie concreta), e senza tenere

conto che il vizio di legittimità denunciato (violazione di norme di diritto) non
assurge ad autonoma considerazione (in quanto la prospettata violazione delle
norme sul riparto dell’onere probatorio e sulla prova presuntiva è intesa dalla stessa
ricorrente -come emerge dalla lettura del motivo- come mero automatico riflesso
dello stesso errore di fatto già denunciato con il primo motivo -esaminato dalla

concreta), ebbene, anche a prescindere da tali considerazioni, le indicate

censure appaiono tutte infondate. Dalla lettura della sentenza di appello
emerge chiaramente, infatti, che la decisione impugnata rinviene la propria
“ratio” nella comparazione effettuata dai Giudici di merito tra i diversi
elementi probatori acquisiti nel corso della istruttoria, avendo ritenuto la
CTR, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità:
a) che la prova documentale contraria fornita dalla società era adeguata a
superare la presunzione legale dell’art. 53co1 Dpr n. 633/72;
b) che di contro mancavano del tutto riscontri probatori alla tesi
sostenuta dall’Ufficio secondo cui la società non aveva fornito
giustificazioni in ordine alla rilevata differenza quantitativa del bestiame.

Non è dato ravvisare, pertanto, alcuna delle violazioni delle norme di
diritto indicate dalla Agenzia ricorrente (art. 2697 c.c.; artt. 2727 e 2729
c.c.), avendo la CTR, da un lato, fatto corretta applicazione delle regole
sull’onere probatorio secondo la sequenza progressiva dei fatti dimostrati
nel corso della fase istruttoria dalle parti (1-presunzione legale fornita dalla
Amministrazione finanziaria, mediante la rilevata difformità del numero dei capi di
bestiame; 2-prova contraria dedotta dalla società contribuente, concernente la
riconducibilità del dato numerico anomalo dei capi di bestiame ad operazioni non
imponibili; 3-difetto della controprova -che gravava sulla PA- diretta a destituire di
efficacia la prova contraria della società), dall’altro avendo operato un giudizio

di prevalenza della prova fornita dalla società, non inficiata da elementi
probatori contrari forniti dalla Amministrazione, non avendo questa
6
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co s est.
Stefan
ivieri

Corte- in cui sarebbe incorso il Giudice di merito nella ricostruzione della fattispecie

comprovato (mediante produzione in giudizio del PVC o dei verbali delle
operazioni di verifica) l’allegazione secondo cui i verbalizzanti avevano
tenuto conto nel computo del numero dei capi di bestiame anche delle
operazioni non imponibili e degli animali deceduti.

4. Con il terzo motivo si censura la sentenza della CTR per vizi logici

doversi intendere) all’esame degli elementi, individuati nel PVC, ritenuti

determinanti ai fini della qualificazione giuridica dei rapporti intercorsi tra
la società ed alcuni imprenditori agricoli, formalmente definiti dalle parti
come contratti di soccida (esenti da IVA) e che invece -secondo la tesi
sostenuta dall’Ufficio- dovevano essere qualificati come contratti di appalto
per l’allevamento e lo sfruttamento del bestiame (assoggettati ad IVA).
La Agenzia delle Entrate ritiene che la natura simulata del contratto di
soccida debba desumersi dai seguenti elementi :
a) l’art. 4 del contratto stabiliva che le parti procedessero all’inizio di
ciascun ciclo produttivo alla stima degli animali indicandone il
numero ed il peso: i verbalizzanti avevano invece rilevato che le
parti non avevano proceduto a tale stima, in quanto non erano stati
indicati con precisione i capi di bestiame da conferire
b) l’art. 3 del contratto prevedeva che la società cooperativa soccidante
determinasse il termine del ciclo produttivo: i verbalizzanti avevano
invece accertato che la dura dei cicli non era stata indicata
c) l’art. 4 del contratto non ricollegava alle operazioni di stima del
bestiame l’effetto traslativo della proprietà dei capi che rimaneva
pertanto in titolo alla società cooperativa soccidante: secondo
l’Ufficio finanziario si era avuta quindi una mera consegna di
bestiame al soccidario e non anche un “conferimento” che doveva
invece ritenersi ex art. 2170 c.c. requisito essenziale del contratto di

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RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Con est.
Stefano i livieri

della motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. in relazione (almeno così sembra

soccida, in quanto realizzava la comunanza di scopo, determinando
l’acquisto in comunione della proprietà del bestiame
d) la concessione ai soccidari di “acconti” -in contanti o mediante
assegnazione di capi di bestiame-

sulla futura ripartizione di utili,

anteriormente alla conclusione dei cicli, era da ritenersi
incompatibile con il tipo negoziale che prevedeva la distribuzione di

e) la società soccidante aveva ricevuto “da alcuni soccidari fatture
passive afferenti alle prestazioni di servizi riconducibili al lavoro
occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame”, e tale
circostanza era da ritenersi incompatibile con l’assenza di prestazioni
corrispettive che caratterizzava il contratto associativo volto
esclusivamente alla ripartizione degli utili.

5. Con il quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2170, 2178 e 2181 c.c. in relazione all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c. in
quanto la CTR, ritenendo compatibile con la struttura del negozio di
soccida il “versamento di acconti”, non avrebbe considerato che, in difetto
di preventiva stima del bestiame conferito ed in difetto di
predeterminazione del ciclo di allevamento, tali acconti non erano
imputabili in conto utili ma dovevano qualificarsi come veri e propri
anticipi del corrispettivo pattuito per la esecuzione da parte dei “soccidari”
di prestazioni di custodia ed allevamento di animali inquadrabili nello
schema del contratto di appalto.

6. Il quarto motivo va esaminato congiuntamente al terzo in quanto
entrambi rivolti a contestare la valutazione e qualificazione giuridica degli
elementi circostanziali indicati dalla Agenzia fiscale a sostegno della tesi

8
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Con est.
Stefano blivieri

utili solo al termine del ciclo di attività di allevamento

della natura simulata del contratto di soccida e dell’assoggettamento ad
IVA delle prestazioni di appalto di servizi.

6.1 H terzo ed il quarto motivo sono infondati.

6.2 I primi due elementi circostanziali sopra indicati (cfr. indicati al
termine del ciclo produttivo),

diversamente da quanto ipotizzato dalla Agenzia

fiscale, sono stati puntualmente presi in considerazione dai Giudici
territoriali i quali, all’esito dell’esame del contenuto delle disposizioni
contrattuali e dei patti modificativi successivi “debitamente sottoscritti”,
nonché dell’esame degli “atti di liquidazione a favore dei soccidari”, hanno
ritenuto che fossero stati sufficientemente indicati “gli animali conferiti
dalla soccidante, i criteri per la determinazione del ciclo produttivo di
riferimento e dell’accrescimento da riconoscere al soccidario”.
In relazione a tale accertamento in fatto, compiuto dalla CTR alla
stregua dei documenti prodotti in giudizio, la Agenzia fiscale, denunciando
il vizio di illogicità motivazionale, ha omesso del tutto di indicare i mezzi
di prova -ritualmente acquisiti nei gradi di merito- pretermessi od
erroneamente valutati dai Giudici territoriali che avrebbero determinato
una diversa ricostruzione della fattispecie negoziale, ed in ogni caso ha
omesso del tutto di individuare, con riferimento alle relative disposizioni
contrattuali, l’errore logico in cui sarebbe incorsa la CTR nella rilevazione
ed interpretazione del contenuto dei documenti negoziali indicati
(“contratti”; “patti modificativi”; “atti di liquidazione”), limitandosi invece
a contrapporre semplicemente all’accertamento in fatto dei Giudici di
merito una propria soggettiva ricostruzione del rapporto negoziale, mutuata
dagli accertamenti svolti dai verbalizzanti, senza neppure specificare se il
PVC od i relativi allegati o comunque stralci di tali documenti fossero stati
acquisiti nel corso della fase istruttoria e sottoposti all’esame della CTR.
9
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co . est.
Stefan Olivieri

paragr. 4 sub lett. a), b), e concernenti la stima del bestiame e la fissazione del

Orbene è affermazione consolidata di questa Corte che il vizio di
motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. deve essere supportato dalla
indicazione specifica della prova omessa od inesattamente valutata dal
Giudice di merito, con l’ulteriore requisito della decisività -necessario alla
ammissibilità del ricorso- nel senso che, ove detta prova fosse stata
correttamente considerata, avrebbe determinato con certezza un esito del

14304):

l’ammissibilità del ricorso fondato sul vizio motivazionale,

presuppone, pertanto, che la parte ricorrente denunci in modo specifico le
ragioni di inesistenza della coerenza che deve sussistere tra il
convincimento del giudice e le fonti probatorie acquisite ritualmente al
giudizio (cfr. Corte eass. sez. lav. 22.7.2004 n. 13747). Orbene in difetto della
indicazione della rituale acquisizione al giudizio della prova documentale
in questione, non può quindi assolvere al requisito di decisività della prova
richiesto dall’art. 360co l n. 5 c.p.c. il mero riferimento -contenuto a pag. 19
ricorso- al “fg. 23 del PVC’ dal quale sarebbe data evincere la prova che
“non sono stati indicati con precisione i capi di bestiame da conferire” e
dunque che il rapporto costituito tra le parti non sarebbe riconducibile allo
schema della soccida.
Qualora poi la Agenzia avesse inteso, invece, denunciare l’errore
percettivo del Giudice di merito -il quale, travisando il contenuto dei
documenti negoziali depositati in giudizio, avrebbe falsamente rilevato la
indicazione del numero dei capi di bestiame, della durata dei cicli produttivi
e dei criteri di ripartizione degli utili derivanti dall’accrescimento-, allora il
motivo si paleserebbe egualmente inammissibile in quanto diretto a far
valere, non un vizio di legittimità, ma un errore di fatto revocatorio.

6.3 Quanto agli altri elementi circostanziali (cfr. paragr.4 sub lett. c), d) ed
e); paragr. 5) ritenuti dalla Agenzia fiscale sintomatici della simulazione
10
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co r4. est.
Stefano Olivieri

giudizio favorevole alla parte ricorrente (cfr. Corte eass. III sez. 7.7.2005 n.

:

negoziale (ovvero dimostrativi della esistenza di un contratto di appalto di servizi)
occorre considerare quanto segue:

– privo di pregio deve ritenersi l’argomento secondo cui la disposizione
dell’art. 4 dei contratti di soccida, non riconducendo alla “stima” del
bestiame effetti traslativi della proprietà, risulterebbe incompatibile con la

“conferimento” degli animali: premesso che il “conferimento” del bestiame
contraddistingue il contratto di soccida in tutti i suoi diversi sottotipi
negoziali (soccida “semplice”, ex art. 2171 c.c. in cui il bestiame è conferito dal
soccidante; soccida “parziaria” ex art. 2182 c.c. in cui il bestiame è conferito “da entrambi i
contraenti nelle proporzioni convenute”;

soccida “con conferimento di pascolo” ex art.

2186 c.c. in cui il bestiame è conferito dal soccidario mentre il soccidante conferisce il
terreno per il pascolo),

rileva il Collegio che, diversamente da quanto affermato

dalla ricorrente, il conferimento non determina -tranne nel caso della soccida
parziaria e del contratto misto di soccida parziaria con conferimento di pascolo-

sempre e comunque la insorgenza di una comunione sul bestiame tra
soccidante e soccidario: come infatti si desume chiaramente dall’art.
2171co2 c.c., richiamato anche dall’art. 2186co3 c.c., nella “soccida

semplice” e nella “soccida con conferimento di pascolo”, la “stima” del
bestiame conferito “non ne trasferisce la proprietà”. Avuto riguardo,
pertanto, agli elementi normativi della fattispecie negoziale in esame, deve
escludersi una equivalenza tra la nozione di “conferimento del bestiame” e
quella di “trasferimento della proprietà” dei singoli capi conferiti,
venendosi a realizzare la “comunione di scopo” che costituisce elemento
tipico del contratto associativo, non attraverso l’acquisto della comune
proprietà degli animali, ma mediante l’effettivo svolgimento di un’attività
economica in comune (inquadrabile nell’esercizio di attività agricola ex art. 2135
c.c.) volta all’allevamento e sfruttamento degli animali, al fine di “ripartire

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RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Cc/ s. est.
Stefanb Olivieri

“comunione proprietaria del bestiame” che si realizzerebbe, invece, con il

:

l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti ed utili che ne derivano”
(artt. 2170co1, 2178 e 2181 c.c.)

– la attribuzione di “acconti sull’accrescimento”, salvo conguaglio al
termine del contratto o del ciclo di accrescimento, introduce nel contratto di
soccida un elemento previsionale che, diversamente da quanto sostenuto

negoziale: i Giudici di merito hanno, infatti, correttamente accertato la
compatibilità con lo schema negoziale della soccida degli anticipi in denaro
o natura, in quanto tale “modus operandi” non pregiudicava la successiva
applicazione del criterio di prelevamento e di ripartizione degli utili
stabilito dagli artt. 2178 e 2181 c.c.: la tesi della Agenzia ricorrente si
fonda, infatti, sul rilievo per cui, soltanto al termine del contratto (o del ciclo
di allevamento stabilito dalle parti), sarebbe possibile il raffronto tra la stima

iniziale e la stima finale del bestiame. Tale considerazione, in astratto
logicamente condivisibile, non appare tuttavia decisiva, in quanto la
esigenza di una verifica finale non comporta “ex se” un impedimento
economico o giuridico alla pattuizione di “anticipi”, laddove le parti
contraenti si riservino, comunque, in sede di conguaglio finale, di operare
la “definitiva” attribuzione delle quote di utili a ciascuna di esse spettanti
nonché di ripartire le quote delle spese da ciascuna sostenute.
Occorre considerare al riguardo -come questa Corte ha precisato- che
nella soccida, quale contratto a struttura associativa qualificato dalla
comunanza di scopo, la ripartizione dell’accrescimento del bestiame e degli
altri prodotti e utili, prevista dall’art. 2170 cod. civ., rappresenta solo il
normale bilanciamento economico dei rispettivi interessi, sicché le parti ”

possono, nella loro autonomia, stabilire un diverso regime senza alterare
la natura associativa del rapporto”

(cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 5613

del 08/06/1999 : nella specie le parti avevano concordato che l’accrescimento e i

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RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

C s. est.
Stefanb Olivieri

dalla Agenzia fiscale, non altera la funzione economico-sociale del tipo

prodotti stessi spettassero interamente al soccidario, restando invece di spettanza del
soccidante ogni pubblica contribuzione finalizzata all’allevamento del bestiame).

La infondatezza della pretesa assoluta inconciliabilità del sistema del
versamento di acconti -a valere sul conguaglio finale- con lo schema
negoziale tipico della soccida, emerge peraltro dallo stesso “quesito di
diritto”, formulato ex art. 366 bis c.p.c. in calce al quarto motivo (con il
il contratto di soccida), laddove la Agenzia ricorrente ha inteso riferire la

“incompatibilità” degli acconti corrisposti ai soccidari, non alla struttura
dello schema negoziale codicistico, quanto piuttosto alla peculiare
fattispecie concreta in cui -secondo la parte ricorrente- difetterebbe

“la

stima degli animali conferiti” e la “predeterminazione del ciclo di
allevamento”, elementi contrattuali che, al contrario, il Giudice di merito ha
ritenuto di poter rilevare dalle risultanze probatorie emerse dalla istruttoria,
con la conseguenza che la censura viene ad essere fondata su un
presupposto di fatto -e non su una questione di diritto- del tutto
indimostrato ed anzi smentito dall’accertamento in concreto compiuto dal
Giudice di merito

– quanto all’elemento indiziario concernente la ricezione da parte di
Co.pro.zoo. di “fatture passive afferenti prestazioni di servizi”

emesse “da

alcuni soccidari”, la censura si palesa inammissibile in quanto l’Agenzia
ricorrente omette del tutto di individuare le fatture emesse, e soprattutto di
specificare e descrivere “quali” servizi siano stati in concreto prestati dai
soccidari, limitandosi ad una apodittica (ed indimostrata) affermazione che
detti servizi erano “riconducibili al lavoro occorrente per la custodia e
l’allevamento del bestiame”, impedendo in tal modo a questa Corte di
verificare in limine la stessa congruità e decisività della censura prospettata,
non potendo escludersi che tra la predetta società cooperativa ed i soci
agricoltori siano intercorsi ulteriori rapporti, distinti dal rapporto di soccida.
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RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

C ns. est.
Stef o Olivieri

quale è stato dedotto il vizio di violazione delle norme codicistiche che disciplinano

7. Con il quinto motivo la Agenzia delle Entrate censura la sentenza di
appello per vizio di violazione e falsa applicazione della VI direttiva n.
77/388/CEE, dell’art. 37 bis Dpr n. 600/1973, dell’art. 39 Dpr n. 600/1973
dell’art. 1325co1 n. 2 c.c., nonché dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2722 c.c., in

La ricorrente introduce, per la prima volta nel giudizio di legittimità,
l’ulteriore questione -non contenuta tra le ragioni in diritto indicate a supporto
della pretesa tributaria nell’avviso di rettifica e che si pone peraltro in relazione di
manifesta esclusione alternativa con i precedenti motivi di ricorso- della “finalità

abusiva” del negozio giuridico di soccida, concluso dalla società
cooperativa con i soci, trattandosi di contratto che sarebbe stato stipulato
esclusivamente al fine di conseguire un risparmio (recte una esenzione)
d’imposta.

7.1 Il motivo -che non può ritenersi precluso dal divieto di “jus
novorum” , in quanto la violazione del diritto comunitario, che non sia stata
oggetto di accertamento nei precedenti gradi di merito è rilevabile ex
officio anche dal Giudice di legittimità- è inammissibile.

7.2 La ricorrente si è limitata ad una digressione sulla evoluzione
dell’istituto dell’abuso del diritto di elaborazione comunitaria (in relazione
ai tributi armonizzati, qual è l’IVA) e successivamente accolto anche
dall’ordinamento statale (in relazione alle imposte sui redditi: art. 37 bis
Dpr n. 600/1973), senza tuttavia fornire gli elementi circostanziali e le
ragioni di diritto secondo cui lo schema negoziale della soccida adottato
dai contraenti era volto esclusivamente al conseguimento di un risparmio
d’imposta e non, invece, giustificato dalle ragioni economiche sottese alla
causa tipica del contratto.
14
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

est.
Stefan Olivieri

relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

Palese è la confusione in cui cade la Agenzia ricorrente ove, per
supportare la tesi dell’abuso del diritto, ripropone il medesimo argomento
della simulazione negoziale posto a base dei precedenti motivi di ricorso,
allegando nuovamente tutti gli elementi ritenuti sintomatici della diversa
qualificazione giuridica del rapporto obbligatorio tra la società cooperativa
ed i singoli allevatori -rilievi già formulati nel verbale di verifica- che vengono

soccida previsto dal codice civile”.
La costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, esclude dalla nozione
di abuso del diritto in materia tributaria le ipotesi di condotte illecite
fraudolente od anche soltanto simulatorie, iscrivendo invece il fenomeno
nell’ambito delle sole condotte lecite (idest: non violative di prescrizioni
normative) e non occulte (essendo realmente diretta la volontà dei contraenti
“abusivi” alla produzione degli effetti giuridici previsti dalla legge),

che

consentono di perseguire legalmente il risultato finale previsto, attraverso
ad esempio l’uso indiretto del negozio od il collegamento negoziale od
anche eventuali deroghe negoziali allo schema tipico dei contratti o
commistioni tra discipline negoziali differenti (che collocano il rapporto nella
sfera dei negozi atipici o misti rimessi all’esercizio della autonomia privata) od

ancora il frazionamento in autonomi contratti di prestazioni unitariamente
riconducibili ad un medesimo schema negoziale tipico, ed inoltre
ravvisando il connotato della abusività della condotta nel risultato finale -da
valutarsi secondo un criterio oggettivo- elusivo della imposizione fiscale,

ottenuto all’esito dell’operazione negoziale, risultato che viene raggiunto
dalle parti evitando che la operazione economica venga ad integrare il fatto
giuridicamente rilevante che la norma impositiva assume a presupposto
d ‘ imposta.

7.3 Orbene gli indici sintomatici ai quali, secondo i criteri elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità, occorre attingere per la dimostrazione della
15
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co’4 est.
Stefano livieri

ora prospettati come “punti di anormalità rispetto al modello tipico della

abusività della condotta, non vanno ricercati nella causa (funzione
economico-sociale) o negli effetti giuridici del negozio o della complessa
operazione negoziale (diretti a disciplinare il regolamento di interessi
voluto dalle parti), ma debbono essere ricercati nel limite imposto dalla
convenienza economica della operazione, nel senso che, data la peculiare
situazione economico-patrimoniale ed il tipo di organizzazione aziendale o

economica da compiere, detto limite è rispettato se la modifica di tale
situazione -mediante l’attività negoziale posta in essere- appare rispondente
a logiche di mercato ed in ultima analisi ai principi di economicità della
gestione: ove tali requisiti di economicità (che possono essere individuati anche
in modifiche di tipo organizzativo od aziendale in quanto volte a realizzare
miglioramenti nella efficienza della attività od a rendere maggiormente competitiva
la impresa) non siano, invece, rinvenibili nella operazione realizzata, ma la

fattispecie negoziale posta in essere consenta, comunque, di realizzare,
mediante una diversa allocazione delle risorse economico-patrimoniali
preesistenti, un trattamento fiscale più favorevole, allora la duplice
combinazione di tali elementi (carente giustificazione economica della
operazione; realizzazione di un risparmio fiscale) consente di pervenire a
qualificare la operazione come “abuso di diritto” in quanto diretta
“esclusivamente” ad impedire la verificazione del presupposto d’imposta
(cfr. Corte cass. V sez. 4.10.2006 n. 21371; id. V sez. 21.4.2008 n. 10257; id. V
sez. 19.5.2010 n. 12249; id. V sez. 21.1.2011 n. 1372; id. V sez. 20.10.2011 n.
21782).

7.4 Tanto premesso gli elementi indicati dalla Agenzia fiscale a
dimostrazione dell’abuso di diritto, gravando su quest’ultima l’onere della
relativa prova (cfr. Corte cass. V sez. 17.10.2008 n. 25374 secondo cui
“I ‘individuazione dell ‘impiego abusivo di una forma giuridica incombe
sull ‘Amministrazione finanziaria, la quale non potrà limitarsi ad una mera e
16
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

st.
Stefano hvieri

societaria del soggetto, rilevate “ex ante” rispetto alla operazione

generica affermazione, ma dovrà individuare e precisare gli aspetti e le particolarità
che fanno ritenere l’operazione priva di reale contenuto economico diverso dal
risparmio d’imposta”; id. V sez. 21.1.2009 n. 1465; id. V sez. 22.9.2010 n. 20029;
id. V sez. 30.11.2012 n. 21390) hanno trovato smentita nell’accertamento in

fatto compiuto dalla CTR (stima degli animali; termine di conclusione del
contratto), ovvero appaiono inconferenti (erogazione di anticipi ai soccidari), o

con il rapporto di soccida), dovendo in conseguenza ritenersi infondato anche

tale motivo di ricorso.

8. Con il sesto motivo la Agenzia delle Entrate deduce la violazione e
falsa applicazione degli artt. 36 e 55 Dlgs n. 546/1992, degli artt. 112 e 277
c.p.c., richiamati dall’art. 1 Dlgs n. 546/92, in relazione all’art. 360co1 n. 4
c.p.c., avendo omesso i Giudici di appello di esaminare l’ulteriore motivo
di gravame con il quale veniva impugnata la statuizione della sentenza della
CTP che aveva ritenuto infondato, sull’asserita erronea considerazione
della natura sanzionatoria dell’art. 41 Dpr n. 633/72, il recupero dell’IVA
dovuta sulle operazioni imponibili passive concernenti le prestazioni
corrispettive ricevute dalla società cooperativa in esecuzione dei contratti di
appalto dissimulati dalla soccida.

8.1

La criptica esposizione del motivo richiede un preliminare

chiarimento.
La ricorrente non specifica quale fosse il contenuto delle prestazioni
non fatturate, rimanendo incerto se la contestazione sia rivolta alla
esecuzione di prestazioni ulteriori ed extracontratto rispetto al rapporto di
soccida (a pag. 7 ricorso si afferma che “dodici soccidari” avevano omesso di
emettere fatture, ma tale rilievo evidentemente non collima con il regime fiscale di
esenzione IVA delle prestazioni rese nell’ambito del contratto di soccida) ovvero
17
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Coi. ,ést.
Stefano ivieri

ancora risultano privi di riscontro probatorio (fatture per servizi incompatibili

se, invece, la contestazione di omessa fatturazione derivi quale necessitata
conseguenza della diversa qualificazione giuridica di “appalto servizi”
attribuita dalla Amministrazione finanziaria al rapporto di soccida asseritamente simulato- intercorso tra società cooperativa e soci (i “dodici
soccidari”, quindi, non sarebbero tali ma dovrebbero essere ritenuti piuttosto “sociappaltatori” ed in quanto tali erano tenuti ad emettere fattura per le prestazioni rese

In ogni caso, da quanto è dato comprendere, l’Ufficio finanziario
avrebbe inteso applicare alla società cooperativa la sanzione
originariamente prevista dall’art. 41 Dpr n. 633/1972 -nel testo anteriore
alla riforma del sistema dell’illecito tributario del 1997- per inadempimento
dell’obbligo di autofatturazione.
Al riguardo occorre premettere che l’art. 41 predetto (nel testo in vigore
, anteriore all’intervento abrogativo e sostitutivo operato dal d.lgs.
18 dicembre 1997, n. 471) era collocato nel titolo III “Sanzioni” del Dpr n.

633/1972 e puniva, tra l’altro, il cessionario di beni o committente di servizi
per l’illecito tributario consistente nella omessa regolarizzazione fiscale
della operazione mediante autofatturazione, con

“le pene pecuniarie

previste dai primi tre commi, oltre al pagamento della imposta” (comma
6) .
Dalla lettura dello stralcio della motivazione della decisione della CTP
impugnata (ricorso pag. 7), emerge che il Giudice di prime cure aveva
ritenuto di escludere la fondatezza della pretesa sanzionatoria estesa anche
all’ammontare della imposta, in quanto l’art. 6 comma 8 del Dlgs n. n.
471/1997 (entrato in vigore dall’1.4.1998), a differenza dell’art. 41 del Dpr n.
633/72 (abrogato dall’art. 16 del Dlgs n. 471/1997), si limitava a comminare
esclusivamente la sanzione pecuniaria, senza più prevedere anche l’obbligo
di versamento della relativa imposta, ed il Giudice di prime cure aveva
quindi ritenuto applicabile il principio del “favor rei” di cui agli artt. 2 e 3
Dlgs n. 472/1997.
18
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co est.
Stefano Iivieri

alla società-committente).

La Agenzia fiscale aveva impugnato tale statuizione, in grado di appello,
sostenendo che la estensione al cessionario/committente dell’obbligo di
pagamento della imposta era disposizione priva di carattere sanzionatorio
ed alla quale non poteva pertanto applicarsi il principio della norma
sanzionatoria più favorevole stabilito in materia di illeciti tributari dall’art.
3 comma 3 del Dlgs n. 472/1997.

parte della CTR che, statuendo sulla illegittimità della pretesa impositiva
fatta valere dalla PA con l’avviso di rettifica opposto ha ritenuto che
“conseguentemente l’atto di contestazione delle sanzioni diventa anch’esso
infondato non sussistendo a parere della Commissione le violazioni
sanzionate”.

8.2 Tanto premesso osserva il Collegio che la censura di nullità
processuale per violazione dell’obbligo di pronuncia su tutta la domanda, si
palesa manifestamente inammissibile in quanto il Giudice di merito, una
volta accertata la insussistenza della simulazione del contratto di soccida e
la infondatezza della pretesa tributaria, correttamente ha ritenuto superfluo
esaminare anche l’ulteriore motivo di gravame relativo alla asserita
inapplicabilità del principio del “favor rei”, in quanto la pretesa
sanzionatoria doveva, evidentemente, intendersi implicitamente disattesa
per essere venuto meno lo stesso presupposto impositivo cui si ricollegava
la violazione dell’obbligo di autofatturazione.
Sul punto il Giudice di merito -diversamente da quanto prospettato dalla
Agenzia ricorrente- ha reso implicita pronuncia, non essendo pertanto
configurabile il vizio processuale denunciato, dovendo ribadirsi il principio
affermato da questa Corte secondo cui “ad integrare gli estremi del vizio di
omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del
giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il
provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso
19
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Cott. est.
StefanoÌlivieri

Tale motivo di gravame non ha costituito oggetto di specifico esame da

concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la
reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in
proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una
statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di
domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con
l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (cfr. Corte cass. Sez. L,
Sez. 1, Sentenza n. 10636 del 09/05/2007; id. Sez. 2, Sentenza n. 20311 del
0411012011).

8.3 Qualora poi la critica formulata con il sesto motivo di ricorso
dovesse, invece, interpretarsi come riferita alla omessa pronuncia della
CTR sul motivo di gravame con il quale l’Ufficio finanziario riteneva di
affermare l’assoggettamento della società cooperativa, non alla sanzione
pecuniaria, ma all’autonoma obbligazione tributaria che insorgerebbe a
carico del cessionario/committente in caso di omessa auto-fatturazione,
secondo la peculiare interpretazione della disposizione del comma 6
dell’art. 41 Dpr n. 633/1972 proposta dall’Amministrazione finanziaria
(volta a distinguere, nell’ambito di tale disposizione, la comminatoria della sanzione

e l’obbligo di versamento della imposta), premesso che la omessa pronuncia sul
punto, da parte della CTR, non impedisce alla Corte di pronunciarsi sul
motivo di gravame attenendo a questione di mero diritto, osserva il
Collegio che il motivo si paleserebbe del tutto infondato.

8.4 Premesso che l’art. 41 del Dpr n. 633/72 è stato abrogato dall’art.
16 del Dlgs 18.12.1997 n. 471, a decorrere dall’1.4.1998, e che l’art. 6 del
medesimo Dlgs n. 471/1997, comma 8, lett. a) pur prevedendo -fin dalla sua
originaria formulazione-, analogamente al previgente art. 41 comma 6 lett. a)

del Dpr n. 633/1972, che in caso di omessa fatturazione il
cessionario/committente deve presentare un documento sostitutivo (con le
20
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

ns. est.
Stefai Olivieri

Sentenza n. 16788 del 21/07/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 5351 del 08/03/2007; id.

indicazioni richieste per la fattura) “previo pagamento della imposta” (cfr. art.
6co8 Dlgs n. 471/1997 : “Il cessionario o il committente che, nell’esercizio di
imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa
fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro
contraente, e’ punito, salva la responsabilita’ del cedente o del commissionario, con
sanzione amministrativa pari al quindici per cento del corrispettivo, con un minimo

le seguenti modalita’: a) se non ha ricevuto la fattura, entro quattro mesi dalla data
di effettuazione dell’operazione, presentando all’ufficio competente nei suoi
confronti, previo pagamento dell’imposta, entro il trentesimo giorno successivo, un
documento in duplice esemplare dal quale risultino le indicazioni prescritte

dall’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
relativo alla fatturazione delle operazioni; “), non riproduceva più nel caso di

inosservanza dell’obbligo di regolarizzazione (e cioè nel caso di mancata
emissione del documento sostitutivo, previo pagamento della imposta)

la

comminatoria del pagamento di una somma pari all’ammontare della
imposta oltre alle pene pecuniarie, limitando invece l’intervento repressivo
alla applicazione della sola sanzione pecuniaria,

ebbene tutto ciò

premesso, diversamente da quanto opinato dalla Agenzia ricorrente, la
disposizione dell’art. 41 Dpr n. 633/72, al pari di quella dell’art. 6 Dlgs n.
471/97, non introduce alcuna modifica alla struttura del rapporto tributario
ed al fatto generatore della obbligazione relativa all’IVA, come disciplinati
dalla sesta direttiva CEE e dal Dpr n. 633/72, ed in particolare non
individua affatto un nuovo soggetto passivo d’imposta (cfr. Corte cass. Sez.
5, Sentenza n. 10512 del 23/04/2008 secondo cui “tra il cedente ed il cessionario di
beni, qualora non sia stata emessa reeolare fattura,non sussiste alcuna solidarietà
nei confronti dell’erario per il pagamento dell’IVA dovuta sulla cessione”), ma si

limita soltanto a prevedere le condizioni di non punibilità del
cessionario/committente che abbia effettuato operazioni imponibili senza
ricevere la fattura o ricevendo una fattura irregolare (dal cedente/

21
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co . est.
ivieri
Stefan

di lire cinquecentomila, sempreche’ non provveda a regolarizzare l’operazione con

’commissionario), comminando una misura pecuniaria, con funzione
punitiva-repressiva, in caso di violazione dell’obbligo di regolarizzazione.
Come ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità l’art. 41 Dpr
n. 633/1972 era, infatti, da considerarsi “nonna sanzionatoria” che
prevedeva come misura repressiva una sanzione che cumulava “quoad

poenam” l’importo delle pene pecuniarie ed un ulteriore importo
Corte cass. V sez. 10.3.2005 n. 5268; id. SU 27.12.2010 n. 26126; id. V sez.
12.12.2011 n. 26513).

8.5 Ne segue che in alcun caso potrebbe essere preteso dal
cessionario/committente, per omessa auto-fatturazione, il pagamento della
imposta evasa dal cedente/commissionario in quanto:
– ove si facesse questione, con la censura in esame, dell’applicazione
della sanzione pecuniaria nella originaria forma prevista dall’art. 41 comma
6 Dpr n. 633/72, in relazione a fatti anteriori alla intervenuta abrogazione
della norma, la statuizione della CTP impugnata con il motivo di gravame
pretermesso dai Giudici di appello, dovrebbe ritenersi esente da vizi, in
quanto conforme al principio enunciato da questa Corte secondo cui la
sanzione irrogata non poteva comprendere anche il maggiore importo
corrispondente alla imposta, in applicazione del principio del “favor rei”,
avuto riguardo al migliore trattamento sanzionatorio riservato per il
medesimo illecito al contribuente dalla legge successiva (cfr. Corte cass. V
sez. 10.3.2005 n. 5268; id. V sez. 13.6.2005 n. 12678; id. V sez. 18.6.2008 n.
16490; id. V sez. 2.7.2009 n. 15538; id. SU 27.12.2010 n. 26126)

– ove, invece, il motivo di gravame pretermesso dalla CTR dovesse
riferirsi ad un ipotetico “autonomo” obbligo del cessionario/committente al
pagamento della imposta
cedente/commissionario),

(relativa alla operazione non fatturata dal

il motivo dovrebbe allora rigettarsi in quanto

manifestamente infondato nel merito: a) non essendo dato desumere dal
22
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co s. est.
Stefan Olivieri

corrispondente alla imposta od alla maggiore imposta non fatturata (cfr.

senso della disposizione dell’art. 41 comma 6 Dpr n. 633/72, secondo il
significato fatto palese dalle parole del testo ed avuto riguardo anche alla
inequivoca collocazione sistematica della norma nel Titolo III del decreto
presidenziale concernente la disciplina delle “Sanzioni”, che la norma abbia
inteso prevedere un presupposto impositivo (omessa auto-fatturazione)
(cessione di beni e prestazioni di servizi

effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di attività economica)

che

giustifica razionalmente l’imposta sugli affari (IVA) in quanto conforme al
principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., ulteriore presupposto che
non trova, peraltro, alcun fondamento nelle norme di diritto comunitario,
risultando in conseguenza manifestamente infondata la pretesa tributaria
volta a far valere una inesistente ipotesi di “coobbligazione solidale” nel
debito IVA della società cooperativa “committente”, in quanto rivolta nei
confronti di soggetto diverso dal cedente o commissionario (nella specie gli
asseriti appaltatori del servizio di allevamento) cui soltanto spetta la qualifica di

soggetto passivo d’imposta ai fini IVA; b) fondandosi la tesi interpretativa
della Amministrazione finanziaria su un presupposto fattuale (obbligo di
auto-fatturazione della Coprozoo per mancata emissione delle fatture da parte dei
soci-soccidari per le prestazioni rese alla società cooperativa, in quanto riferibili ad
un rapporto di appalto di servizi dissimulato dai contratti di soccida)

che ha

ricevuto ampia smentita nella decisione di merito da ritenersi, come visto,
esente dai vizi di legittimità denunciati con i motivi di ricorso per
cassazione già esaminati e ritenuti inammissibili o infondati dal Collegio.

9. Con il settimo motivo la Agenzia ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione degli artt. 36 e 55 Dlgs n. 546/1992, degli artt. 112 e 277
c.p.c., richiamati dall’art. 1 Dlgs n. 546/92 in relazione all’art. 360co 1 n. 4)
c.p.c., avendo omesso i Giudici di appello di esaminare il motivo di
gravame con il quale si censurava la sentenza di prime cure nella parte in
23
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

ConA. est.
livieri
Stefan

ulteriore e diverso rispetto a quello

cui aveva escluso la “soprafatturazione” dei prodotti ceduti alla cooperativa
dai soci sul presupposto che la maggiore remunerazione offerta ai soci
rientrava nello scopo mutualistico in quanto consentiva ai soci di ridurre i
costi di vendita che altrimenti avrebbero dovuto sostenere (per
intermediazione), nonché in base alla considerazione che il prezzo indicato
in fattura era stato effettivamente corrisposto ai soci con assolvimento della

9.1 Sostiene la Agenzia ricorrente che i prodotti conferiti dai soci
(mais ceroso, paglia e fieno), rilevati dal libro degli inventari, erano stato
remunerati, come confermato dalla stessa società cooperativa, a prezzi
maggiori di quelli correnti di mercato (mais ceroso: lire 32.067 rispetto a
lire 7.581,53) e che i maggiori importi corrisposti, definiti dalla società
come “ristorni”, erano “coincidenti con il risultato positivo conseguito
dalla cooperativa nell’anno cui ci si riferisce, ripartito tra i soci in
proporzione alle quantità di materie prime rispettivamente conferite”, con
la conseguenza che l’importo indicato in fattura non rispecchiava in alcun
modo il valore del prodotto, venendo a tradursi nella distribuzione tra i soci
del “vantaggio mutualistico” conseguito al termine di ogni esercizio.

9.2 La CTR ha omesso del tutto di esaminare il motivo di gravame in
questione, attinente ad un capo autonomo della sentenza di prime cure e ad
uno specifico rilievo fiscale (recupero indebita detrazione IVA) mosso con
l’avviso di rettifica, incorrendo pertanto nel vizio di nullità processuale
censurato.
Tuttavia il vizio processuale riscontrato non determina il rinvio della
causa al Giudice di merito, non essendo impedito alla Corte -in conformità
al principio di economica processuale di ragionevole durata dei processi ex
art. 111 Cost.- di procedere direttamente all’esame del merito della

24
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Con . est.
Stefano livieri

relativa imposta.

domanda o della eccezione pretermessa nel caso in cui, come nella specie,
non occorra procedere ad ulteriori accertamenti in fatto.

9.3 Tanto premesso il motivo si palesa inammissibile, per difetto di
specificità, ed è comunque infondato.

equivalenza tra “soprafatturazione” (dei beni ceduti alla cooperativa dai
soci-produttori agricoli) ed indebita detrazione IVA effettuata dalla società
cooperativa cessionaria.
A quanto è dato comprendere dal ricorso il carattere indebito della
detrazione sarebbe determinato dalla mancanza di corrispondenza tra
ammontare del corrispettivo fatturato (sul quale è liquidato l’importo
dell’IVA) e valore di mercato del bene ceduto.
L’Agenzia tuttavia, anche nel laconico quesito di diritto formulato in
calce al motivo, non chiarisce se la sopravvalutazione delle materie prime
sia o meno rifluita anche nella determinazione del prezzo al quale la società
cooperativa ha ceduto tali prodotti sul mercato.
In difetto di tale chiarimento non è dato verificare se nel caso di specie
sia venuto meno lo scopo mutualistico, e più specificamente se la maggior
valutazione dei beni che la cooperativa ha acquistato dai soci sottenda
anziché l’attribuzione di un regolare “ristorno” (inteso come distribuzione del
vantaggio mutualistico ottenuto dalla cooperativa mediante gli scambi intrattenuti
con i terzi sul mercato) un guadagno per i soci ben superiore al predetto

vantaggio mutualistico, tale da configurare un abnorme profitto che il
produttore agricolo (socio) non avrebbe potuto, neppure in ipotesi,
realizzare attraverso l’esercizio in forma organizzata di un’attività
commerciale conformata allo scopo di lucro.

25
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

Co s. est.
Stefani Olivieri

9.4 L’assunto teorico della Agenzia fiscale si compendia nella

9.5 Lo scopo mutualistico, infatti, è diretto, nelle cooperative di
produzione, a ridurre i costi di vendita cui andrebbero incontro i singoli
produttori, ma non per questo legittima anche una gestione dell’attività
societaria, qual è anche quella svolta dalle cooperative, in contrasto con i
principi di efficienza e conservazione della impresa ai quali evidentemente
non si possono sottrarre gli organi societari (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza

dell’attività da parte della società cooperativa, non può pertanto prescindere
dal principio di economicità della gestione.
Tuttavia nel caso di specie tale antieconomicità nella gestione di impresa
non è stata neppure allegata dalla Agenzia fiscale: non risulta infatti
accertato dai verbalizzanti che la società cooperativa abbia agito in perdita
nel corso dell’esercizio, ovvero che siano emerse anomalie nella situazione
economico-finanziaria della cooperativa o ancora condotte incongruenti
nella offerta dei prodotti sul mercato a prezzi inferiori a quelli praticati -al
netto dei ristorni- ai soci (ovvero che la quota di ammontare concernente il
ristorno, attribuita ai singoli soci, ecceda l’ammontare complessivo dei
ricavi conseguiti dalla cooperativa dall’attività di vendita dei prodotti).
Ne segue che difettano del tutto gli elementi indiziari minimi per poter
disconoscere, nella specie, al maggior prezzo praticato ai soci, la natura di
“ristorno” legittimamente erogato dalla cooperativa.
Occorre rilevare in proposito che il “ristorno” non si identifica negli utili
di gestione, in quanto “pur avendo con essi in comune la caratteristica
della aleatorietà (in quanto la società può distribuirli solo se la gestione
mutualistica dell’impresa si chiuda con un’eccedenza dei ricavi rispetto ai
costi)”, come precisato da Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 9513 in data
8/9/1999, “gli utili costituiscono remunerazione del capitale e sono perciò
distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, i “ristorni”
costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio
mutualistico (risparmio di spesa o maggiore retribuzione) derivante dai
26
RG n. 21154/2008
ric.Ag.Entrate c/ Coprozoo soc. coop. a r.l.

CoiF4 est.
Stefano kMivieri

n. 9513 del 08/09/1999; id. Sez. 1, Sentenza n. 16558 del 14/07/2010): l’esercizio

rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa, traducendosi in un
rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati
dalla cooperativa (nel caso delle cooperativa di consumo), ovvero in
integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le
prestazioni del socio (nel caso di cooperative di produzione o di lavoro)”.
Il “ristorno” (che ha ricevuto espressa disciplina nell’art. 2545 sexies c.c.,
deve ritenersi,

pertanto, compatibile con lo scopo mutualistico, in quanto il vincolo
cooperativo è assunto dal socio proprio in vista della realizzazione di un
vantaggio patrimoniale che non è riducibile -come nelle società di capitalialla quota di capitale investito ma corrisponde, invece, alla soddisfazione di
“un comune preesistente bisogno economico (il bisogno del lavoro, il
bisogno del bene casa, il bisogno di generi di consumo, di credito, ecc.) e
di soddisfarlo conseguendo un risparmio di spesa, per i beni o servizi
acquistati o realizzati dalla propria società (cooperative di consumo), o
una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti
(cooperative di produzione e di lavoro)” (Corte cass. n. 9513/1999 cit.).

9.6 Del tutto inconferente, in proposito, è il richiamo operato dalla
Agenzia ricorrente al precedente di questa Corte V sez. 20.6.2005 n. 13280
che, in relazione alla agevolazione fiscale concessa dall’art. 10 del Dpr n.
601/1973 (esenzione da IRPEG e ILOR dei redditi conseguiti dalle cooperative
agricole e loro consorzi, mediante l’allevamento degli animali con mangimi ottenuti
per almeno un quarto dai terreni appartenenti ai soci nonché mediante la
manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione dei
prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci), ha

statuito che “la conformità degli statuti ai principi legislativi in tema di
mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni ed
esenzioni tributaria. Tale presunzione è relativa, non assoluta, e non
impedisce all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, per ogni
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introdotto con la riforma societaria dal Dlgs 17.1.2003 n. 6)

singolo periodo di imposta, le agevolazioni suddette, sempreché fondi il
suo accertamento su dati concreti, atti a dimostrare che la veste
“mutualistica” funge da copertura ad una normale attività
imprenditoriale…”.
Indipendentemente dalla oggettiva diversità delle questioni esaminate,
rileva il Collegio che il precedente giurisprudenziale invocato dalla

dall’Ufficio finanziario con l’atto impositivo, ove volta a disconoscere il
carattere mutualistico dell’attività in concreto svolta dalla società
cooperativa, debba necessariamente fondarsi su elementi probatori idonei
ad inficiare la presunzione di corrispondenza tra forma societaria e scopo
mutualistico perseguito: e proprio tale carenza probatoria è riscontrabile nel
caso di specie atteso che, se il maggior prezzo corrisposto ai soci dalla
società cooperativa appare certamente rispondente allo scopo di
distribuzione del vantaggio mutualistico, non sono stati, invece, allegati
dalla Agenzia fiscale elementi circostanziali volti a dimostrare che i dati
indicati in fattura non corrispondessero alla operazione realmente realizzata
tra le parti o che il vantaggio attribuito al socio non corrispondesse ai ricavi
effettivamente conseguiti dalla società cooperativa mediante la rivendita sul
mercato dei prodotti acquistati dai soci.

10. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la Agenzia fiscale
soccombente condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio che
si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte :

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ricorrente puntualizza in modo chiaro come la contestazione mossa

nthl1/47TF DA. REGIs-ne A7JONM
AI SENSI DIT
N. 131 TA. ALI..;. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

– rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle
spese del presente giudizio che liquida in € 1.500,00 per compensi
professionali, oltre gli accessori di legge.

Così deciso nella camera di consiglio 8.4.2013

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