Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24910 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24910 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricOrso 4598-2011 proponto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in

persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
868

contro

SORGENIA SPA in persona dell’Amministratore Delegato e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA GERMANICO 146, presso lo
studio dell’avvocato MOCCI ERNESTO, rappresentato e
difeso dagli avvocati FONTANA VALERIA GRAZIA BRUNA,

Data pubblicazione: 06/11/2013

,

, LEONE GREGORIO giusta delega a margine;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

189/2010

della COMM.TRIB.REG.

di MILANO, depositata il 14/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
11/03/2013

dal Consigliere Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAPUTI che ha
chiesto l’accoglimento e deposita nota spese;
udito per il controricorrente l’Avvocato LEONE che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I. La Società Sorgenia- già Energia s.p.a.- ha fornito gas metano all’Azienda ospedaliera
“G.Salvini” nel presidio di Garbagnate Milanese ed in quello di Limbiate applicandole un’imposta
di consumo per uso industriale.
2. L’U.T.F. di Milano, in seguito alla verifica delle forniture rilevava che, quanto alla struttura di

fruendo altresì indebitamente dell’agevolazione prevista dalla normativa per i consumi industriali
superiori a 1.2000.000 mc. in ragione della natura ospedaliera della struttura sanitaria, come tale
incompatibile con l’uso industriale. Quanto al presidio di Limbiate l’U.T.F. riconosceva l’aliquota
per usi industriali ma non quella relativa all’agevolazione sul consumo annuo, in quanto il periodo
2004-2005 detto consumo era stato inferiore a 1.200.000 mc.
3. L’Ufficio emetteva quindi avviso di pagamento per un importo di euro 1.002.352,55 che la
società impugnava innanzi alla CTP di Milano che respingeva il ricorso.
4. La CTR della Lombardia, con sentenza depositata il 23 settembre 2008 ha rigettato l’appello
proposto dalla società contribuente confermando la decisione di primo grado. Contro tale decisione
è stato proposto ricorso per Cassazione.
5. Nelle more, l’Ufficio doganale ha emesso atto di contestazione delle sanzioni per ritardato
pagamento dell’imposta dovuta nei confronti, in solido, della Sorgenia e dell’Azienda Ospedaliera
Salvini. Il ricorso proposto dalla Sorgenia veniva accolto dalla CTP di Milano.
6. Proponeva appello l’Agenzia delle Dogane e la CTR della Lombardia, con sentenza pubblicata il
14 ottobre 2010, respingeva l’impugnazione e condannava l’appellante al pagamento delle spese del
giudizio.
7. Osservava il giudice di appello che la giurisprudenza -di merito e di legittimità- aveva ritenuto
l’attività espletata dagli ospedali improntata a rigorosi criteri di economicità e che la differenza fra
casa di cure ed ospedali pubblici propugnata dall’Ufficio non era corretta, fornendo entrambe le
strutture analoghi servizi. Peraltro, la legittimità dell’applicazione dell’aliquota ridotta trovava
fondamento nella documentazione prodotta.
8.L’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha
resistito l’Agenzia delle Dogane con controricorso. La società contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

9. Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione degli artt.112, 342 e 346 c.p.c., nonché
degli artt. 53 e 56 d.lgs.n.546/1992, in relazione all’art.360 comma l n.3 c.p.c. Lamenta che la CTR
sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione, avendo esaminato il merito della violazione mentre

Garbagnate Milanese, la società fornitrice aveva erroneamente applicato l’accisa per uso industriale,

pendeva altro procedimento relativo all’avviso di accertamento e senza che le parti avessero
sollecitato il sindacato relativo alla debenza del tributo in quel procedimento nel procedimento
concernente la legittimità delle sanzioni irrogate. Peraltro, tale questione non era stata riproposta in
fase di gravame dalla società contribuente.
10. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di violazione degli artt.6 c.2
d.lgs.n.47211997,

nonché dell’art.8 c.1 d.lgs.n.546/1992 e

dell’art.10 c.3 della

non avesse pronunziato sulla presunta violazione delle norme di legge indicate nella censura, il
giudice di appello aveva errato a confermare la sentenza di primo grado, in quanto le cause di non
punibilità invocate dalla Sorgenia non sussistevano. Parimenti insussistente doveva ritenersi lo stato
di incertezza del quadro normativo, avendo la stessa Agenzia costantemente escluso dall’uso
industriale gli impieghi del gas metano presso strutture ospedaliere pubbliche, in quanto le stesse
non erano dirette alla realizzazione dello scopo di lucro.
11. Con il terzo motivo l’Agenzia ha dedotto, ancora una volta in via prudenziale in assenza di
esame specifico della questione da parte della CTR, la violazione dell’art.26 t.u.a. e dell’art.14
disp.prel.c.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Osserva che l’art.26 t.u.a. era stato
correttamente applicato dall’Ufficio, non potendosi ricondurre all’attività industriale quella svolta
dall’azienda ospedaliera.Peraltro, il riconoscimento dell’agevolazione era condizionato
all’iscrizione dell’utente nell’elenco dei soggetti esonerati o agevolati che la Società erogante deve
trasmettere all’Amministrazione finanziaria, corredato dalle conformi certificazioni della Camera di
Commercio, alla stregua dell’art.4 D.M. 12.7.1977, reso in attuazione dell’arti O d.l.n.15/1977. E
proprio l’assenza del possesso di tale ultima certificazione come anche del carattere industriale del
soggetto fruitore finale del gas metano, rendeva evidente che alla Società Sorgenia non spettava
alcun rimborso, non potendo l’attività svolta dall’Azienda ospedaliera essere assimilata a quella
industriale.
12. Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia ha prospettato insufficiente e carente motivazione su
punti decisivi della controversia. La CTR, rispetto alla questione relativa all’operatività
dell’esimente in ragione della presunta incertezza sull’interpretazione della normativa in materia,
aveva totalmente omesso ogni motivazione, parimenti offrendo una motivazione insufficiente in
ordine alla non debenza del tributo.
13. La Sorgenia, nel controricorso, ha dedotto l’infondatezza del primo motivo di ricorso, essendo
pendente il procedimento relativo all’avviso di accertamento emesso in relazione alla violazione
che costituiva la base della sanzione, né essendovi per il giudice del procedimento relativo alla
sanzione alcun obbligo di conformare il proprio operato a quello del giudice che aveva deciso, in

1.n.21212000.Secondo l’Agenzia, la quale dichiarava di avere proposto la censura ancorchè la CTR

modo non definitivo, il giudizio relativo all’esistenza del debito fiscale. Aggiungeva che la
questione relativa all’applicazione dell’art.26 t.u.a. era stata ritualmente e tempestivamente
riproposta nelle controdeduzioni depositate in grado di appello.
13.1 Quanto al secondo motivo di ricorso, la controricorrente eccepiva l’inammissibilità della
censura che involgeva profili non esaminati dal giudice di merito su questioni ritenute assorbite dal
giudice di merito. In ogni caso, evidenziava l’infondatezza della censura, posto che era evidente

con valore esimente rispetto alla sanzione irrogata.
13.2 Evidenziava, con riferimento al terzo motivo, la piena sussumibilità dell’attività svolta
dall’azienda ospedaliera beneficiaria della somministrazione nell’alveo dell’art.2195 l ‘ comma
cod. civ., non potendo rilevare lo scopo di lucro, né assumendo significato la mancanza della
dichiarazione attestante l’iscrizione degli utenti che beneficiavano dell’accisa ridotta alla stregua
dell’art.4 D.M. 12 luglio 1997, in quanto tale decreto ministeriale aveva perso efficacia per effetto
dell’entrata in vigore del t.u.a., il quale aveva espressamente abrogato il d.l.n.15/1977.
13.3 Sottolineava, infine, l’infondatezza del quarto motivo di ricorso, non risultando che la CTR,
una volta ritenuta fondata una delle doglianze proposte dalla società contribuente, dovesse
necessariamente prendere posizione su tutti gli altri motivi e fatti prospettati, ma non esaminati, dal
giudice di appello in quanto ritenuti assorbiti. In ogni caso, il provvedimento impugnato aveva
adeguatamente motivato le ragioni per le quali l’attività ospedaliera non poteva ricomprendersi nel
genus

dell’attività industriale.

14. Il primo motivo di ricorso è infondato.
14.1 La società contribuente ha dedotto nel controricorso —pagg.9 e 10- di avere riproposto, in seno
alle proprie controdeduzioni del 22.3.2010, in grado di appello le questioni, sollevate in primo
grado, in ordine alla sussunzione dell’attività svolta in ambito ospedaliero nel paradigma
dell’art.2195 cod.civ. Ed è noto che la parte vincitrice in un grado di giudizio non ha l’onere di
proporre appello incidentale rispetto alle questioni rimaste assorbite, potendosi limitare a
prospettarle in qualunque forma nel successivo grado di giudizio. Ciò che ha fatto la Sorgenia.
14.2 Risulta ancora che la CTR, investita del giudizio relativo alla irrogazione delle sanzioni alla
società fornitrice di gas metano che in sede di applicazione dell’accisa per le forniture effettuate
aveva indebitamente applicato l’aliquota prevista per gli usi industriali del beneficiario, ha ritenuto
di valutare l’insussistenza della violazione sostanziale contestata separatamente alla società
Sorgenia attraverso un avviso di accertamento che la stessa società aveva autonomamente
impugnato e sul quale non si era formato alcun giudicato.
14.3 Sul punto non può ritenersi, ad onta di quanto postulato dall’Agenzia, che il giudice chiamato

i

l’esistenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali idonei a giustificare l’incertezza normativa

a verificare la legittimità della sanzione applicata debba orientare la sua decisione in ordine alla
sussistenza del presupposto adeguandosi alla soluzione espressa dal giudice chiamato a pronunziarsi
sulla legittimità dell’avviso di accertamento allorchè tale giudizio non si sia concluso con il
passaggio in giudicato della sentenza.
14.4 Ed infatti, nel momento in cui il sistema normativo ammette la possibilità per
l’amministrazione di procedere separatamente all’accertamento della pretesa fiscale ed alla

giudice chiamato a verificare la sussistenza della violazione che ha giustificato l’irrogazione della
sanzione non può ritenersi vincolato alle statuizioni resa dal giudice che verifica l’atto di
accertamento fino a quando non si sia formato alcun giudicato sullo stesso.
14.5 Tanto giustifica la autonoma prospettazione, da parte del contribuente, dell’assenza dei
presupposti che giustificavano l’irrogazione della sanzione da parte del contribuente.
14.6 In questa prospettiva, l’operato del giudice di appello che ha esaminato tale questione,
prospettata dall’appellata innanzi a sé, non ha commesso alcun errore giuridico.
14.7 Ed è chiaro che la CTR, ritenendo insussistente la violazione contestata alla società, ha poi
omesso di statuire sulle eccezioni che la contribuente aveva posto in ordine alla sussistenza del
presupposto della sanzione con riferimento all’asserito stato di incertezza del quadro normativo, sul
presupposto che l’esclusione della violazione ritenuta incidentalmente elideva il presupposto stesso
della sanzione applicata dall’Ufficio.
15. Passando all’esame della terza censura, che appare opportuno esaminare con priorità in
relazione al suo oggetto, concernente l’esistenza della violazione posta a base della sanzione- alla
quale è invece dedicato il terzo motivo- reputa la Corte che la stessa è infondata.
15.1 Per fare chiarezza sulla questione occorre premettere l’individuazione precisa del quadro
normativo di riferimento.
15.2 Va ricordato che l’art. 10.1 D.L. 7 febbraio 1977, n. 15, conv. in L. 7 aprile 1977, n. 102, aveva
stabilito che «Il gas metano usato come combustibile per impieghi diversi da quelli delle imprese
industriali ed artigiane è assoggettato ad imposta di consumo nella misura di lire 30 al metro cubo».

L’art. 4.4 DM 12 luglio 1977, reso in attuazione della disciplina ordinaria, stabiliva poi che «Fra i
consumi non soggetti a tassazione sono compresi quelli del gas metano usato come combustibile
nelle imprese agricole per impieghi produttivi analoghi a quelli delle imprese industriali ed
artigiane. ». In buona sostanza, in forza della disciplina testè ricordata si prevedeva
l’assoggettamento ad accisa solo del gas metano destinato ad impieghi civili, esentando quello
impiegato in attività industriali al fine di agevolare le attività produttive.
15.3 E’ stato l’art.6 comma 3 d.l.n.261/90, conv.con modificazioni nella 1.n.331/1990, a prevedere

sanzione da irrogare in ragione della violazione alla normativa fiscale ascrivibile al contribuente, il

l’assoggettamento ad accisa, sia pure in misura ridotta( lire 20 al metro cubo) del gas metano usato
come combustibile per gli usi delle imprese artigiane e agricole e per gli usi industriali.
15.4 Successivamente, l’art.21 d.lgs.n.504/1995 ha confermato che il gas metano rientra tra i
prodotti sottoposti ad accisa, pur se con aliquote differenziate in relazione all’uso.
15.5 In particolare, l’art. 26 del d.lgs.n.504/1995 cit., dopo l’abrogazione dell’art.10 del d.l.
n.15/1977, conv.nella 1.n.10211977 giusto l’art.68 comma 1 lett.p), nella versione ratione temporis

al maggio 2006 — v.pag.5 ricorso introduttivo che riporta il ricorso in appello dell’Agenzia delle
Dogane – dispone al primo comma che “E’ sottoposto ad accisa il gas metano (codice NC 2711 29
00) destinato all’autotrazione ed alla combustione per usi civili e per usi industriali”.
15.6. In particolare, nell’originaria formulazione l’art.26 t.u.a. prevedeva che “E’ sottoposto ad
accisa il gas metano (codice NC 2711 29 00)destinato all’autotrazione ed alla combustione per usi
civili e per usi industriali”.
15.7 Alla stregua del 4^ comma della medesima disposizione “L’accisa e’ dovuta, secondo le
modalita’ previste dal comma 8, dai soggetti che vendono direttamente il prodotto ai consumatori
o dai soggetti consumatori che si avvalgono delle reti di gasdotti per il vettoriamento di prodotto
proprio.”
15.8 La nota 1 all’art.26 cit., come modificata dall’art.12 comma 5 1.n.488/1999, prevedeva, inoltre,
che “Devono considerarsi compresi negli usi civili anche gli impieghi del gas metano e nei
locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e
dalle aziende dove viene svolta l’attivita’ produttiva, e nella produzione di acqua calda, di altri
vettori termici e/o di calore non utilizzati in impieghi produttivi dell’impresa ma per la cessione a
terzi per usi civili. Si considerano compresi negli usi industriali gli impieghi del gas metano nel
settore alberghiero, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente
ad attivita’ dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro, nel teleriscaldamento alimentato da
impianti di cogenerazione che hanno le caratteristiche tecniche indicate nell’art. 11, comma 2,
lettera b), della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche se riforniscono utenze civili, e gli impieghi in
tutte le attivita’ industriali produttive di beni e servizi

e nelle attivita’ artigianali ed agricole. Si

considerano altresi’ compresi negli usi industriali, anche quando non e’ previsto lo scopo di lucro,
gli impieghi del gas metano utilizzato negli impianti sportivi e nelle attivita’ ricettive svolte da
istituzioni finalizzate all’assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti.”

15.9 I rimaneggiamenti disposti dal legislatore hanno, di fatto, affiancato ai fini del trattamento
agevolativo alle attività industriali altre settori. Ciò, in ogni caso, non ha eliso il riferimento al
concetto di attività industriale.

applicabile per i fatti qui rilevanti- relativi a fatture di somministrazione emesse dall’Ottobre 2004

15.10 Ciò posto, reputa la Corte che la sentenza impugnata ha escluso che l’ente ospedaliero non
svolgesse attività industriale, essendo la sua attività improntata a drigorosi criteri imprenditoriali di
conseguimento di obiettivi economici, non potendosi individuare differenze significative fra le
attività svolte dai medesimi rispetto a quelli erogati dalle case di cura.
15.11 Orbene, per vagliare la correttezza di tale assunto è necessario anzitutto verificare se lo scopo
di lucro costituisca elemento indefettibile ai fini dell’art.26 t.u.a. e se sia proprio l’art.26 cit. a

fonte normativa e, secondariamente, se nel concetto di attività industriale sia compresa o meno la
nozione di scopo di lucro, per come ritenuto dal giudice di appello.
15.12 Procedendo con ordine, sembra di poter dire che l’art.26 cit. disciplina le attività per le quali
è prevista l’ accisa agevolata attraverso un composito rinvio ad attività difficilmente sussumibili
nell’unica categoria delle attività industriali codicisticamente intesa.
15.13 Ed infatti, all’interno dell’art.26 compaiono attività industriali in senso stretto alle quali,
tuttavia, si affiancano imprese sicuramente non industriali, quali quelle agricole o che esulano
radicalmente dal concetto stesso di attività di impresa, bastando all’uopo ricordare l’utilizzazione
del gas metano negli impianti sportivi e nelle attività svolte da istituzioni finalizzate all’assistenza
dei disabili, orfani, anziani ed indigenti.
15.14 Ciò, tuttavia, non fa certo venir meno la rilevanza della nozione di attività industriale che
pure l’art.26 cit. richiama.
15.15 A tali fini, sembra alla Corte che la nozione di attività industriale alla quale fa riferimento
l’art.26 non è direttamente regolata da tale disposizione- o dalla nota 1 allegata all’art.26 nella
versione ante riforma del 2007 piuttosto rinviandosi, in entrambi i casi, ad una disciplina di ordine
generale che è estranea al testo unico accisa, al cui interno, come si è detto, sono state affiancate
talune attività che, secondo il legislatore del testo unico, devono comunque essere assimilate
all’attività industriale, abbiano o meno lo scopo di lucro.
15.16 Tale convincimento sembra essere confermato dal tenore testuale delle disposizioni evocate,
nelle quali l’uso industriale del gas metano viene inequivocabilmente ricollegato agli impieghi in
tutte le attivita’ industriali produttive di beni e servizi

senza che il legislatore abbia esplicitato,

all’interno di tale disposizione, la nozione di attività industriale.
15.17 Né a diverso avviso può giungersi se si guarda all’esplicita irrilevanza del fine di lucro che il
legislatore del t.u.a. esprime con riguardo ad alcune specifiche attività che è il legislatore medesimo
ad includere nell’ambito degli usi industriali, senza che tale intervento possa ritenersi idoneo ad
incidere sulla nozione di attività industriali, mai espressamente disciplinata all’interno del t.u.a.
15.18 Tale affermazione consente, quindi, di ritenere che nel caso specifico non possa affermarsi

qualificare la nozione di attività industriale o se lo stesso operi un rinvio implicito ad una diversa

quanto pure ritenuto da questa Corte (Cass.27605/2005) in ordine all’autonomia fra nozione di
impresa civilisticamente intesa e concetto di impresa ai fini del diritto tributario, al pari
dell’orientamento elaborato proprio in ragione della particolare “fattura” dell’art.55 T.U.I.R.
15.19 In occasione del varo di tale ultima disposizione, infatti, è stato proprio il legislatore fiscale
ad introdurre una previsione che mira ad individuare le fattispecie economiche che possono
manifestare specifica capacità contributiva volgendosi, in tal modo, non a disciplinare dal punto di

prospettiva che si è andata, conseguentemente, affermando l’idea della non coincidenza delle due
nozioni di impresa.
15.20 Chiarito, pertanto, che ai fini del presente giudizio è necessario rinviare al contenuto delle
disposizioni che, nel codice civile, tratteggiano il concetto di attività industriale, assume primario
rilievo l’art.2195 c.c., al cui interno vengono elencati gli imprenditori che devono essere iscritti nel
Registro delle Imprese comprendendo, per quel che qui importa, al n.1, l’attività industriale diretta
alla produzione di beni o servizi.
15.21 Orbene, occorre evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte è andata progressivamente
superando l’idea — già espressa da Cass. civ., 6 marzo 2000, n. 2514 e da Cass.S.L.n.15753/2009che ai fini della qualificazione dalla nozione di impresa e di attività industriale non potesse
prescindersi dalla ricorrenza del fine lucrativo, il quale riguarda soltanto il movente soggettivo che
induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività.
15.22 Questa emarginazione del concetto di lucro in una chiave soggettiva ha trovato, del resto,
conferma, in altre occasioni, ove la natura industriale dell’attività si è fatta direttamente- ed
esclusivamente- discendere dalla ricorrenza dei presupposti indicati dall’art.2195 cod. civ.- Cass.n.
3643 del 08/03/2012; Cass. n. 2670/1989 e Cass.n.2469/89 -.
15.23 A conferma della chiave di lettura rivolta a non ritenere indefettibile il requisito del carattere
lucrativo dell’attività, piuttosto guardando al carattere innovativo dell’attività si può ricordare che
questa Corte, proprio con riferimento all’art. 10 del d.l. 7 febbraio 1977 n. 15 (conv. in legge 7
aprile 1977 n. 102, in cui peraltro compariva, come detto, espressamente la nozione di impresa
industriale)- al quale è subentrato il ricordato art.26 t.u.a.- ha ritenuto che al fine di identificare
quando l’impiego del gas era destinato ad uso industriale e quindi non assoggettato all’imposta
occorre fare riferimento alla nozione di attività industriale evincibile dall’art. 2195, comma 1, n. 1
del cod. civ., che è quella rivolta alla produzione di beni o servizi-v.Cass. n. 23516/2008-.
15.24 Del resto, analogo percorso è stato seguito da questa Corte con riguardo alla nozione di
imprenditore, ritenendosi che in presenza degli altri requisiti fissati dall’art. 2082 cod. civ., ha
carattere imprenditoriale l’attività economica, organizzata al fine della produzione o dello scambio

vista soggettivo le qualifiche di imprenditore e di chi svolge attività imprenditoriale. Ed è in questa

di beni o di servizi ed esercitata in via esclusiva o prevalente, che sia ricollegabile ad un dato
obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo
giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce
l’imprenditore ad esercitare la sua attività.
15.25 E’ stato quindi escluso il carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta
in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita

dell’attività svolta é sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di
bilancio-cfr.Cass.n.16612 /2008-.
15.26 Occorre, dunque, dare continuità all’indirizzo, ormai prevalente, secondo il quale il
perseguimento di un profitto inteso come perseguimento del c.d. lucro soggettivo non può essere
più ritenuto requisito indefettibile per l’esercizio dell’attività industriale ed imprenditoriale,
soprattutto dopo che anche a livello comunitario si è manifestata la tendenza a valorizzare gli
aspetti incentrati sulla produzione di beni o servizi-cfr.Corte Giust. 23 aprile 1991, causa C-41/90-.
15.27 Né può sottacersi che, a livello interno, il legislatore ha dato ampio spazio alla figura
dell’impresa sociale — c.d. no profit- disciplinata dal d.lgs.n.155/2006.
15.28 Occorre solo precisare che ai fini della qualificazione dell’industrialità dell’attività
imprenditoriale(art. 2195 c.c., comma 1) può rilevare, semmai, l’idoneità, almeno tendenziale, dei
ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. 97/2001).
15.29 Non resta, a questo punto che verificare come i principi superiormente espressi possano
applicarsi rispetto all’attività svolta da un’azienda ospedaliera.
15.30 Orbene, non può revocarsi in dubbio che le aziende ospedaliere erogano prestazioni in
regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo -art.8 ter d.lgs.n.d.lgs.n.229/99, cit.- e, più in
generale, di assistenza degli ammalati attraverso l’organizzazione di capitali e lavoro realizzata
mediante strutture normalmente dotate di una complessa ed articolata organizzazione tecnica di
capitale e di lavoro, alla quale si affianca ordinariamente l’attività di diagnostica, anch’essa
sicuramente classificabile all’interno delle attività industriali di produzione di servizi, la stessa
concludendosi attraverso i referti di laboratorio elaborati nell’ambito di tale attività.
15.31 La giurisprudenza di questa Corte ha, del resto, ripetutamente affermato che costituisce
produzione di servizi anche l’attività di analisi e di elaborazione di dati al fine di costituire una
nuova utilità (Cass.Sez. un. 10 gennaio 1992 n. 196,Cass. 6 maggio 1995 n. 4932, Cass.15 maggio
1993 n. 5545, Cass.9 maggio 1995 n. 5036; Cass.n. 3215 del 2001).
15.32 In definitiva, non può revocarsi in dubbio che l’attività posta in essere dalle aziende
ospedaliere- e dunque dall’Azienda ospedaliera Salvini, per quel che qui rileva- è a pieno titolo

dei beni o servizi prodotti-cfr.Cass.n.5766/1994-, fermo restando che, ai fini dell’industrialità

attività industriale alla stregua dell’art.2195 comma 1 n.1 c.c.-conf.Cass.sez.1., n. 5766 del
14/06/1994;Con.Stato 16 gennaio 1992, n.46-.
15.33 Nemmeno sembra potersi dubitare che le aziende ospedaliere hanno visto attribuirsi, per
effetto della riforma introdotta dal d.lgs. n. 229/1999, una piena autonomia imprenditoriale
attraverso l’equiparazione del loro regime giuridico a quelle delle aziende unità sanitarie locali.
15.34 Ed infatti, per effetto delle modifiche apportate all’art.4 d.lgs.n.502/1 992 dall’art.4

in tema di azienda sanitarie locali, ma si è anche introdotto, in sostituzione dell’autonomia
organizzativa, amministrativa, contabile, gestionale e tecnica prevista dal d.lgs.n.504/1992 il
concetto di autonomia patrimoniale.
15.35 In particolare, l’art.3 comma 1 bis del d.lgs.n.502/1992 ha previsto che “In funzione del
perseguimento dei loro fini istituzionali, le unita’ sanitarie locali si costituiscono in aziende
con personalita’ giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e
funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e
criteri stabiliti con la legge regionale di cui all’articolo 2, comma 2-sexies. L’atto aziendale
individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale,
soggette a rendicontazione analitica.
15.36 L’art.1 ter aggiunge, poi, che “Le aziende di cui ai commi 1 e 1-bis informano la propria
attivita’ a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al rispetto del vincolo di
bilancio, attraverso l’equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie.
Agiscono mediante atti di diritto privato. I contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore sia
inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in materia, sono appaltati o contrattati
direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto aziendale di cui al comma 1bis.”
15.37 Tale ultima disposizione è stata abrogata dall’art.256 d.lgs.n.163/2006 a far data dal 3 giugno
2006, senza con ciò possa incidere sulla ormai solida qualificazione di aziende pubbliche
riconosciuta a tali strutture sanitarie, le quali operano in campo sanitario fornendo prestazioni e
servizi sulla base delle scelte operative del direttore generale e del direttore sanitario. Questi ultimi
hanno la responsabilità dell’intera gestione delle aziende e sono soggetti a periodiche verifiche di
efficienza e di rispetto dei vincoli di bilancio.
15.38 Orbene, la sentenza impugnata si è pienamente conformata ai principi sopra esposti, non solo
valorizzando i connotati dell’imprenditorialità dell’attività svolta dall’azienda ospedaliera, ma
anche puntualmente evidenziando come l’attività medesima, nell’esercizio di prestazioni di beni e
servizi fosse improntata a criteri di economicità ed imprenditoralità non distinguendosi, su tale base,

d.lgs.n.22911999, non solo è stata prevista l’applicazione alle aziende ospedaliere delle disposizioni

da quella espletata dalle case di cura accreditate presso il ssn.
15.39 Quanto all’argomento, esposto dall’Agenzia all’interno del motivo n.3, secondo il quale la
società contribuente non avrebbe comunque avuto diritto a pretendere l’agevolazione per non avere
rispettato le prescrizioni contenute nell’art.4 D.M. 12 luglio 1977 che l’Agenzia aveva
espressamente richiamato nel proprio ricorso in appello-v.10 ricorso per Cassazione-, lo stesso non
non è convincente.
15.40 Giova ricordare che l’art.3 del D.M. 12.7.1977, reso in attuazione dell’art.10 d.ln.15/1977,

dichiarazione indirizzata all’Ufficio tecnico per le imposte di fabbricazione contenente, fra l’altro
“…e) la quantità di gas metano fornita per usi non soggetti ad imposta calcolata secondo i criteri
stabiliti nella precedente lettera d); f) la quantità di gas metano soggetta ad imposta risultante
dalla differenza tra il quantitativo complessivamente fornito di cui alla precedente lettera d) ed il
quantitativo indicato nella precedente lettera e); g) l’ammontare dell’imposta di consumo dovuta
mediante applicazione dell’aliquota d’imposta vigente sulla quantità di gas metano soggetta ad
imposta di cui alla precedente lettera .fi.” L’art.4 4^ comma dello stesso decreto aggiunge che
“…Per il quantitativo di gas metano fornito per usi non soggetti ad imposta, la ditta deve
trasmettere, in allegato alla prima dichiarazione, l’elenco degli utenti i cui consumi di gas metano
non sono stati assoggettati a tassazione con uniti i certificati rilasciati dalla camera di commercio,
industria, artigianato ed agricoltura comprovanti l’iscrizione di detti utenti fra le imprese
industriali ed artigiane. In mancanza di tale certifìcazione il gas metano consumato dalle predette
imprese viene assoggettato ad imposta.” I commi successivi dello stesso articolo fissano poi con
precisione l’epoca in cui le dichiarazioni devono essere inoltrata, pure prevedendo che la natura di
impieghi di gas non soggetti ad imposta deve essere accertata dall’ufficio tecnico delle imposte di
fabbricazione, competente per territorio, il quale provvede, a seguito di istanza da parte dei soggetti
interessati e su conforme parere del comitato provinciale di cui all’art. 5 della legge 31 dicembre
1962,n. 1852.
15.41 Ora, è noto che l’art.10 ult.cit. è stato abrogato per effetto dell’entrata in vigore del testo
unico accise n.504/1995 e che l’art.67 comma I dello stesso t.u.a ha lasciato in vigore la disciplina
regolamentare anteriore alle modifiche introdotte fino a quando non saranno emanate nuove
norme regolamentari “in quanto applicabili”.
15.42 Orbene, è vero che questa Corte ha avuto modo di affermare che ai fini dell’ammissione ad
un’agevolazione tributaria, il godimento del beneficio dev’essere richiesto e dimostrato dal soggetto
interessato e la verificazione dei presupposti per l’ammissione dev’essere operata dall’autorità
competente-cfr.Cass.n.23518/2008-.

prevedeva espressamente che la società fornitrice di materie soggetti ad accise redigesse una

15.43 Ma tale principio non importa affatto che il diritto alla restituzione delle somme
indebitamente percepite dall’amministrazione a titolo di accisa calcolata senza tenere conto dell’uso
industriale nei confronti dei fruitori, ove realmente accertato il diritto al beneficio, possa essere
eliso in ragione del mancato deposito della certificazione della camera di commercio attestante lo
svolgimento di attività industriale da parte della fruitrice del gas.
15.44 A ben vedere, infatti, la normativa secondaria cui si è fatto ora cenno, se assume decisivo ed
indiscusso rilievo quanto alla necessità che la società fornitrice, per fruire dell’agevolazione

dichiarazione, non può per converso introdurre requisiti ulteriori rispetto a quelli indicati dalla
normativa di riferimento- nel caso di specie, come si è visto, quelli relativi all’individuazione
dell’attività industriale per come disciplinata dalla nota all’art.26 T.U.A.
15.45 Sulla base delle superiori argomentazioni, il terzo motivo è infondato.
16. Parimenti infondato risulta il quarto motivo di ricorso.
16.1 E’ noto che la fondatezza della censura in ordine al vizio di insufficiente motivazione della
sentenza è necessario che qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze
logiche che possono essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel
ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad assumere l’insussistenza della prova,
senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali-Cass.

n. 3370 del

02/03/2012-.
16.2 E poiché detto vizio ricorre solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia-Cass. n.
6288 del 18/03/2011- la sentenza impugnata, che ha pur sinteticamente dato conto delle ragioni
idonee ad includere l’azienda ospedaliera fra i soggetti esercenti attività industriale per i quali
doveva riconoscersi l’applicazione dell’accisa a tasso agevolato non è incorsa in alcun errore in
diritto ed essendo corretta va soltanto integrata alla stregua delle considerazioni sopra esposte,
tenuto conto dell ‘ art.384 c.p.c.
17. Il rigetto dei motivi esaminati impone l’assorbimento del secondo motivo.
Il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della società
contribuente in euro 18.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per

prevista in tema di uso industriale del gas metano debba indirizzare all’ufficio tecnico apposita

legge.

Così deciso l’ 11 marzo 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

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