Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2491 del 27/01/2022
Cassazione civile sez. VI, 27/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 27/01/2022), n.2491
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24096-2020 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ANTONIO CRISTOFERO ALESSI;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli
avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, ANTONIETTA CORETTI, CARLA
D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;
– controricorrente –
contro
RISCOSSIONE SICILIA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 214/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 05/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI.
Fatto
RILEVATO
che:
1. con sentenza 5 marzo 2020, la Corte d’appello di Catania rigettava, nella contumacia di Riscossione Sicilia s.p.a., l’opposizione di M.G. all’avviso di addebito notificatogli dall’Inps il 4 luglio 2014 per contributi omessi dal 1995 al 1997 della Gestione Artigiani: così riformando la sentenza di primo grado, che invece l’aveva accolta, annullando l’avviso opposto;
2. a differenza del Tribunale, essa riteneva non prescritto il credito contributivo dell’Inps, per l’effetto interruttivo (art. 2943 c.c., comma 1), della notificazione a M.G. (il 22 dicembre 1999), in termine infraquinquennale, del decreto ingiuntivo, ancorché non esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., con effetti permanenti fino al suo passaggio in giudicato (art. 2945 c.c., comma 2);
3. con atto notificato il 5 settembre 2020, M.G. ricorreva per cassazione con unico motivo, cui resisteva l’Inps con controricorso; Riscossione Sicilia s.p.a., ritualmente intimata, non svolgeva difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. il ricorrente deduce falsa applicazione dell’art. 2953 c.c., in relazione all’art. 647 c.p.c., per la non equiparabilità del decreto ingiuntivo non esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., a quello con efficacia di giudicato, pure segnalando un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine all’acquisizione o meno di una tale efficacia formale e sostanziale del decreto ingiuntivo non opposto, per effetto della dichiarazione di esecutorietà ai sensi dell’art. 647 c.p.c., (unico motivo);
2. esso è inammissibile;
3. il motivo difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 23 gennaio 2019, n. 1845), per omessa confutazione della ratio decidendi della sentenza d’appello, di interruzione della prescrizione quinquennale per la notificazione della domanda contenuta in un ricorso per ingiunzione e del relativo decreto, con effetti permanenti fino alla formazione del giudicato sul decreto ingiuntivo, ancorché esecutivo fin dalla sua emissione (Cass. 14 luglio 2004, n. 13081; Cass. 11 maggio 2005, n. 9876; Cass. 3 settembre 2013, n. 20176; Cass. 20 giugno 2017, n. 15157); ebbene, con essa neppure si confronta la censura, riguardante il momento di formazione del giudicato sul decreto ingiuntivo in funzione della conversione del termine di prescrizione da quinquennale a decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.;
4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022