Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24907 del 20/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 20/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.20/10/2017),  n. 24907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 347-2012 proposto da:

F.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell’avvocato FABIO FABBRINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGNESE

GUALTIERI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA IV

NOVEMBRE 144 presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, LUCIA

PUGLISI, che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6699/2010 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 02/11/2010, R.G.N. 18/06.

Fatto

RILEVATO

Che la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 6699/2010 pubblicata il 2 novembre 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città e dopo aver rinnovato la consulenza contabile espletata in primo grado, ha condannato l’Inail a corrispondere a F.R. la somma di Euro 16.574,48 oltre accessori di legge – in luogo di Euro 18.915,30 – a titolo di differenze sulla rendita dallo stesso maturata a seguito di infortunio sul lavoro dal 21 aprile 1990 al 31 marzo 2003;

che la sentenza è stata corretta ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c. perchè l’intestazione recava quale autorità giudiziaria procedente il Tribunale di Napoli in luogo della Corte d’appello di Napoli;

che il ricorso di F.R. ha domandato la cassazione della sentenza con un motivo relativo sia alla violazione degli artt. 115,416 e 2697 c.c., art. 11 Cost., artt. 345 e 112 c.p.c., che alla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, posto che l’Inail non aveva tempestivamente ed adeguatamente contestato i conteggi elaborati dalla parte in primo grado;

che ha resistito l’I.n.a.i.l con controricorso; che il P.G. non ha depositato conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO

Che il ricorso è inammissibile in quanto proposto oltre il termine previsto dall’art. 327 c.p.c. posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 2 novembre 2010 ed il ricorso per cassazione è stato avviato per la notifica 12 dicembre 2011, ben oltre il termine annuale previsto dall’articolo citato nella stesura precedente all’attuale essendo il giudizio di primo grado (introdotto il 1.7.2003) non ancora pendente alla data del 4 luglio 2009, ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 46 comma 17;

che, peraltro, non può farsi applicazione ai fini dell’individuazione di una diversa data di decorrenza dell’art. 288 c.p.c., u.c., poichè la correzione ha avuto ad oggetto la sola indicazione dell’ufficio giudiziario di appartenenza del collegio decidente (“Corte d’appello” anzichè “Tribunale”);

che, questa Corte di cassazione (da ultimo vd. Sentenza n. 22185 del 20/10/2014; 19668/ 2009) ha avuto modo di precisare che l’art. 288 c.p.c., comma 4, nel prevedere che le sentenze assoggettate al procedimento di correzione possono essere impugnate, per le parti corrette, nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, si riferisce alla sola ipotesi ìn cui l’errore corretto sia tale da determinare un qualche obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione e non già quando l’errore stesso, consistendo in una discordanza chiaramente percepibile tra il giudizio e la sua espressione, possa essere agevolmente eliminato in sede di interpretazione del testo della sentenza, poichè, in tale ultima ipotesi, un’eventuale correzione dell’errore non sarebbe idonea a riaprire i termini dell’impugnazione.

che pertanto il ricorso è inammissibile e le spese vanno poste a carico del ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore del contro ricorrente, in complessivi Euro 2000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017

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