Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24907 del 04/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 04/10/2019), n.24907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16483-2018 proposto da:

C.L., D.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SOMALIA 35, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CARANCI,

rappresentati e difesi dall’avvocato FELICE LEONE;

– ricorrenti –

contro

S.R., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato DANIELE GIORDANO, GENNARO

LALLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1378/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2004, S.R. e M.R., nella qualità di genitori esercenti la podestà genitoriale sul minore S.L., convenivano in giudizio, D.P. e C.L., per essere risarciti di tutti i danni derivanti dalle lesioni personali subite dal figlio di 4 anni, in seguito al sinistro verificatosi in data 06/05/2003. La parte ricorrente esponeva che il minore S.L., mentre era tenuto per mano dalla madre, veniva investito dalla bicicletta condotta da D.A., di anni 7, figlio dei convenuti. A seguito dell’incidente, S.L. riportava lesioni personali (frattura gomito sinistro) dalle quali erano derivanti postumi permanenti.

Si costituivano i convenuti che chiedevano il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Marano, con sentenza n. 502 del 09/05/2012, accoglieva la domanda attorea e condannava i convenuti al pagamento del risarcimento dei danni subiti dal minore S.L., con refusione delle spese di lite in favore del procuratore degli attori.

Avverso tale sentenza i coniugi D. – C. proponevano rituale appello, chiedendone l’integrale riforma.

2. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 1378/2018 del 16/03/2018, rigettava l’appello e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del giudizio in favore degli appellanti, ritenendo sussistente la “culpa in educando” ex art. 2048, dei genitori di D.A..

3. Avverso tale pronuncia, D.P. e C.L., propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi. S.R. e M.R. resistono con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “Violazione dell’art. 2048 c.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), in riferimento alle conseguenze derivanti dall’assenza di prova certa in ordine alle modalità dell’evento, nonchè alla falsa applicazione dell’art. 2048 c.c., concernente la responsabilità genitoriale”.

La Corte non avrebbe interpretato correttamente l’art. 2048, il quale presuppone l’esistenza di un fatto illecito commesso dal figlio minore. Nel caso di specie, parte ricorrente ritiene che non si sia raggiunta la prova dell’illiceità dell’accaduto. Inoltre, si sostiene che la responsabilità genitoriale, prevista dall’art. 2048 c.c., fondata su una presunzione di culpa in educando o in vigilando, verrebbe superata quando l’illecito del figlio minore sia commesso nell’ambito della sua sfera di autonomia, la cui attività è sottratta al costante controllo dei genitori. Pertanto, essendo il sinistro avvenuto all’interno di un parco, in cui il bambino svolgeva solite attività di svago, risultava impossibile per il genitore vigilare il proprio figlio.

6.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente si duole della “Violazione e falsa applicazione degli artt. 352,357,115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., omessa e contraddittoria motivazione su di un punto controverso del giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”. La Corte avrebbe commesso un’ulteriore violazione dell’art. 2048, nella parte in cui ritiene che l’evento si sia verificato per unica e sola responsabilità del piccolo D.A.. Si sostiene che non si sarebbe raggiunta prova certa della causazione dell’evento dannoso, il cui onere è a carico degli attori. Il Giudicante non avrebbe soddisfatto le condizioni di cui all’art. 2697 c.c., nel ragionamento logico-giuridico articolato nella impugnata sentenza, nonchè di quelle di cui all’art. 116 c.p.c., in quanto lacunosa e contraddittoria.

7. Il ricorso è inammissibile. Entrambi i motivi sono inammissibili in quanto volti ad ottenere una nuova e diversa valutazione dei dati processuali e a contestare sul piano meramente fattuale – al di là della veste formale conferita alla censura – il contenuto della motivazione della sentenza di appello che appare, di converso, immune da vizi logico-giuridici. Sono anche fuori dai limiti posti da Cass. S.U. 8053-8054/2014, e si traducono in una critica generica alla sentenza d’appello, peraltro diretta ad ottenere una rivalutazione dei fatti, attività che oltrepassa i limiti del sindacato di legittimità.

La Corte di cassazione ha più volte affermato che il vizio di motivazione deducibile con il ricorso ex art. 360 c.p.c., n. 5, non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato al giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte, essendo riservati esclusivamente al Giudicante l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e la scelta fra le risultanze istruttorie ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, con l’unico limite di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento od a confutare ogni deduzione difensiva (Cass. 1554/2004; 129/2004; 16034/2002).

Al riguardo, si ricorda il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in se, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 22/09/2014, n. 19881).

Inoltre i motivi sarebbero comunque inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008; Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).

Invero, non è dato riscontrare vizi dell’iter argomentativo della sentenza di appello, avendo il giudice interpretato correttamente la giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità genitoriale ex art. 2048, applicandola al caso di specie. Infatti sulla base dell’istruttoria, il giudice del merito ha valutato come negligente la condotta di guida della bicicletta da parte del D. che ha determinato lo scontro con il minore S.L. ed ha ritenuto, sulla base dei principi di questa Corte, i genitori responsabili di non aver impartito al figlio un’educazione sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione nè di aver svolto una vigilanza adeguata in relazione all’età all’indole e al carattere del figlio.

La precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale non esclude nè attenua la responsabilità che l’art. 2048 c.c., pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tale precoce emancipazione, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, dovendo rispondere delle carenze educative a cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile (Cass. n. 3964/2014). Nè alcun rilievo ha la sentenza (Cass. n. 10516/2017) indicata nella memoria ex art. 378 c.p.c., depositata dai ricorrenti in quanto il giudice del merito ha accertato il nesso causale tra la condotta del D. e l’evento dannoso senza che ci sia stata alcuna interruzione dello stesso.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.300,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2019

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