Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24906 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. un., 25/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ADAMO Mario – Presidente Sez. –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12573/2010 proposto da:

CATERPILLAR S.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso

lo studio dell’avvocato DONNINI ROBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GRECO MASSIMO, per procura speciale, in atti;

– ricorrente –

contro

MAIA DUE S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE

10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FERRO LUZZI PAOLO, per delega in

calce al controricorso;

MAIA DUE S.P.A. IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona

del liquidatore giudiziale pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato POMPONIO

AMEDEO, che la rappresenta e difende, per delega in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

6632/2009 del TRIBUNALE di ROMA;

uditi gli avvocati Roberto DONNINI, Lucio GHIA, Amedeo POMPONIO,

Andrea PIVANTI per delega dell’avvocato Paolo Ferro Luzzi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, il quale chiede che venga rigettato il ricorso e

dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

La società MAIA Due s.p.a. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la s.a.r.l. Caterpillar, con sede in Ginevra, deducendo comportamenti da fatto illecito ex art. 2043 c.c., consistenti nell’abuso del preponente a norma della L. 18 giugno 1998, art. 9, in relazione al contratto di distribuzione (nell’Italia centromeridionale) di veicoli industriali prodotti dalla Caterpillar.

Assumeva l’attrice che il contratto, a tempo indeterminato, era stato oggetto di recesso ad opera di Caterpillar il 1.7.2008, dopo il semestre di preavviso, e che di seguito, la società Maia deliberava la messa in liquidazione e accedeva, nel dicembre dello stesso anno, alla procedura di concordato preventivo, ammesso dal Tribunale di Roma. Precisava l’attrice che le attività contrattuali originarie facevano capo alla società Maia successivamente trasformata in Maia Due e che comunque, per progressive vicende circolatorie e di subentro, le parti erano quelle succedute nelle posizioni contrattuali di un rapporto iniziato sin dagli anni 1950; che la Caterpillar, attraverso comportamenti solo in parte apparentemente consentiti dal contratto di concessione di vendita delle macchine, con obbligo di esclusiva, aveva abusato della posizione dominante ed aveva indebolito e determinato la crisi di essa attrice, segnatamente costringendo la Maia ad investire in settori poco profittevoli;

modificando i termini di pagamento previsti nel contratto; escludendo la Maia dal servizio fornito dalla Finanziaria Caterpillar;

avvalendosi della facoltà concessagli dal contratto per negare l’ingresso nella compagine azionaria di Maia 2, dell’ing. T.;

soprattutto recedendo dal contratto, come pure pattiziamente previsto, senza negoziare le condizioni in termini di parità.

L’attrice chiedeva di accertare che i comportamenti censurati e imputabili alla Caterpillar avevano determinato la crisi di Maia, essendo consistite nell’induzione ad assumere scelte di impresa condizionate dalla dipendenza economica di Maia L. n. 92 del 1998, ex art. 9, (abuso del preponente), con conseguente condanna al risarcimento per un danno per lo sbilancio tra attivo e passivo (Euro 67803312), oltre alla perdita dell’avviamento (Euro 17.803312,00).

La Caterpillar, confutando le ragioni della domanda attorea, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore del giudice della Svizzera, in virtù della clausola di cui all’art. 30 del Contratto tra le due parti, che riservava ai tribunali del cantone di Ginevra “ogni controversia derivante da o relativa al presente contratto”, assumendo che per effetto della predetta clausola di proroga ogni vertenza di tipo contrattuale tra le parti rientrava nella giurisdizione del giudice svizzero.

Avverso questa tesi la Maia sosteneva che la giurisdizione si appartenesse al giudice italiano, a norma dell’art. 5, n. 3, della convenzione di Lugano, applicabile nella fattispecie, poichè si versava in ipotesi di delitti, o quasi delitti, verificatisi in Italia.

E’ intervenuto nel giudizio il liquidatore del concordato preventivo della Maia Due s.p.a. in liquidazione.

La Caterpillar s.a.r.l. ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione ed ha presentato anche memoria.

Resistono con rispettivi controricorsi Maia Due s.p.a. in liquidazione in concordato preventivo (che ha anche presentato memoria), nonchè Maia Due s.p.a. in liquidazione, che ha presentato anche memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. L’assunto della Caterpillar in merito alla giurisdizione del giudice svizzero si fonda su due linee logiche concorrenti. Anzitutto la ricorrente assume tale giurisdizione sulla base del disposto dell’art. 30, lett. b), del contratto di distribuzione intervenuto tra le parti, il quale afferma la giurisdizione del tribunale del cantone di Ginevra, in relazione ad “ogni controversia derivante da o relativa al presente contratto”, per cui il contratto opererebbe come “fatto”, al verificarsi del quale qualsivoglia rapporto è attirato nella giurisdizione pattiziamente concordata.

1.2. In ogni caso, poichè nella fattispecie opera la Convenzione di Lugano del 16.9.1968, in ragione della quale (art. 5, n. 3) in materia di delitti o quasi delitti il convenuto, per quanto di diverso domicilio, può essere convenuto davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, nella fattispecie non si verserebbe in tale ipotesi, ma in un’azione rientrante nell’alveo contrattuale, per il quale è vincolante la proroga di giurisdizione suddetta.

2.1. Ritiene questa Corte che nella fattispecie difetti la giurisdizione del giudice italiano.

Va, anzitutto, affermato che nella fattispecie, tenuto conto che la società convenuta ha la sede legale in Ginevra opera la Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988.

La Convenzione prevede quale criterio di collegamento generale per individuare il giudice competente a risolvere una controversia quello del domicilio del convenuto (art. 2 della Convenzione). Solo quale facoltà aggiuntiva all’operatività di tale principio generale, la disciplina in esame prevede casi tassativi in cui il convenuto può essere citato in uno Stato diverso da quello del suo domicilio: si tratta dei c.d. fori speciali o facoltativi, disciplinati dagli artt. da 5 a 15 della Convenzione.

2.2. L’art. 5, comma 3 consente che, “in materia di delitti o quasi – delitti”, il convenuto possa essere citato davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto. La disciplina prevede altresì dei fori esclusivi, che prevalgono sulla regola generale e sui fori facoltativi. Tra i fori esclusivi, vi è quello previsto dall’art. 17 della Convenzione: quando le parti abbiano attribuito la competenza a conoscere di una controversia al giudice di uno Stato membro, la competenza spetta in via esclusiva a tale giudice (c.d.

accordo di proroga della giurisdizione).

Tale accordo prevale sia sul foro generale di cui all’art. 2 della Convenzione, che sui fori facoltativi di cui agli artt. 5 e 6 della Convenzione (sul principio della prevalenza della clausola di proroga della giurisdizione sui fori speciali di cui agli artt. 5 e 6 della convenzione di Bruxelles del 1968, CGCE 14 dicembre 1976, C- 25/76, Segoura; 14 dicembre 1976,C – 24/76, Estasis Salotti; 20 febbraio 1997, 106/95, C – Les Graviere).

2.3. Va, poi, disattesa l’eccezione della Maia Due s.p.a. in liquidazione in Concordato preventivo in merito alla pretesa inapplicabilità alla fattispecie della Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 “in forza dell’art. 1, comma 2, n. 2, della convenzione stessa, che espressamente lo esclude per “i fallimenti, i concordati ed altre procedure affini”. La CGCE ha infatti chiaramente statuito che “perchè le decisioni che si riferiscono al fallimento siano escluse dal campo di applicazione della convenzione (nella specie di Bruxelles del 1968) occorre che esse derivino direttamente dal fallimento e si inseriscano strettamente nell’ambito del procedimento fallimentare” (Corte di Giustizia, 22 febbraio 1979, C – 133/78, Gourdain).

Si deve quindi trattare di azioni che trovano il loro fondamento normativo nella disciplina fallimentare e sono esperibili soltanto a seguito dell’apertura di una procedura concorsuale incentrata sullo stato di insolvenza, come ad esempio, l’azione revocatoria fallimentare.

Nella fattispecie l’azione proposta da Maia non deriva affatto dal concordato preventivo.

Infatti la domanda risarcitoria è stata proposta dalla società in bonis in epoca antecedente al concordato, e a prescindere, dalla ammissione di Maia Due al concordato presentivo. Inoltre non vi è alcuna vis actractiva della procedura concorsuale in merito alla presente causa, avente ad oggetto un’azione di responsabilità, estranea all’ambito concorsuale, con il quale non presenta neppure una connessione occasionale.

3.1.Occorre ora passare all’esame della clausola di proroga e quindi al limite contenuto nell’espressione “controversia derivante da o relativa al presente contratto”.

Questa Corte (Ord. n. 24869 del 09/12/2010), sia pure in tema di regolamento di competenza, ha statuito che la clausola con la quale le parti di un contratto demandino ad un foro convenzionale “tutte le controversie inerenti il contratto”, e non già le sole controversie “fondate sul” o “scaturenti dal” contratto, deve essere interpretata nel senso che attraverso essa le parti abbiano inteso derogare alla competenza ordinaria sia per le controversie in cui il contratto sia fonte della pretesa, sia per quelle in cui il contratto sia solo un fatto costitutivo della pretesa, congiunto ad altri. Ne consegue che ove una delle parti invochi contro l’altra tanto la responsabilità aquiliana quanto quella contrattuale, fondandole ambedue sui medesimi fatti materiali, resta devoluta alla competenza del foro convenzionale sia l’azione contrattuale, sia quella extracontrattuale.

3.2. L’assunto va condiviso.

Dire, infatti, “tutte le controversie derivanti dal contratto o relative al contratto” equivale ad assumere come oggetto di regolamentazione tutte le controversie che in qualsiasi modo abbiano a che fare con il contratto in senso statico e dinamico (cioè nel corso della sua esecuzione), questo essendo il senso dell’inerenza.

Di modo che il contratto non assume necessariamente la funzione di fatto costitutivo dell’azione, che, quindi, debba essere di fonte contrattuale, bensì quella di fatto statico o dinamico in riferimento al quale debba essere insorta la controversia.

3.3. Nella fattispecie la società attrice ha lamentato la violazione della L. 18 giugno 1998, n. 192, art. 9. Tale norma statuisce: “1. E’ vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.

2. L’abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.

3. Il patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni (gomma così sostituito dalla L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 11)”.

3.4. L’abuso di dipendenza economica di cui all’art. 9 della legge n. 192 del 1998 configura una fattispecie di applicazione generale, che può prescindere dall’esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura, la quale presuppone, in primo luogo, la situazione di dipendenza economica di un’impresa cliente nei confronti di una sua fornitrice, in secondo luogo, l’abuso che di tale situazione venga fatto, determinandosi un significativo squilibrio di diritti e di obblighi, considerato anzitutto il dato letterale della norma, ove si parla di imprese clienti o tornitrici, con uso del termine cliente che non è presente altrove nel testo della L. n. 192 del 1998.

Poichè l’abuso in questione si concretizza nell’eccessivo squilibrio di diritti e obblighi tra le parti nell’ambito di “rapporti commerciali”, esso presuppone che tali rapporti siano regolati da un contratto, tant’è che il comma terzo dell’art. 9 cit. statuisce la nullità del “patto che realizza l’abuso” di dipendenza economica.

3.6. Questa soluzione di inquadramento contrattuale della responsabilità da abuso di dipendenza economica si pone in armonia con altri istituti elaborati dalla dottrina.

Anzitutto, in tema di direzione e coordinamento di società, la dottrina maggioritaria ritiene che la responsabilità, prevista dall’art. 2497 c.c., a carico delle società e degli enti che esercitano tale attività di direzione e coordinamento di società nei confronti dei soci di queste ultime per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, è di natura contrattuale.

Inoltre e più in generale, questa Corte ha già ritenuto che l’abuso di un diritto, inteso come esercizio dello stesso senza rispettare la buona fede e la correttezza, ma generando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, esponga l’abusante all’inefficacia dell’atto ed al risarcimento del danno, ma rimanendo pur sempre la controversia nell’ambito della materia contrattuale,attenendo al momento funzionale del contratto, sia pure espletato in maniera illegittima(Cass. 18.9.2009, n. 20106).

3.5.Ebbene, nella specie, la società attrice, lamentando l’abuso di dipendenza economica e quindi alcuni squilibri tra i diritti e gli obblighi della loro relazione commerciale, e segnatamente il recesso considerato illegittimo, per quanto abbia proposto tale domanda come di responsabilità extracontrattuale, la stessa è fondata necessariamente sui diritti ed obblighi derivanti dal rapporto commerciale regolato da un patto e quindi la controversia non può considerarsi non relativa al contratto, donde la soggezione all’operare della clausola di proroga giurisdizionale.

Quindi l’espressione “tutte le controversie relative al contratto” si presenta – come s’è visto – idonea a comprendere sia la controversia in cui il contratto assuma la funzione di fonte della pretesa, sia la controversia in cui il contratto sia solo un fatto costitutivo della pretesa, congiunto ad altri.

4.1. Quanto detto, già di per sè operante ai fini dell’interpretazione della clausola in tema di foro convenzionale per la competenza interna, risulta rafforzato in ipotesi di clausola di proroga della competenza internazionale, ove regolata dalla convenzione di Bruxelles, dal reg. CE n. 44/2001, o dalla Convenzione di Lugano del 1988 (che sul punto presentano pressocchè identica disciplina).

La Maia Due s.p.a. assume che nella fattispecie non opererebbe la clausola di proroga di competenza, in quanto la domanda non atterrebbe ad una responsabilità contrattuale, ma ad ipotesi di responsabilità da illecito. La tesi non è condivisibile.

4.2.La Corte di Giustizia ha stabilito che rientra negli illeciti “qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla materia contrattuale” (cfr.

Corte di Giustizia, 23 marzo 1983, causa C 34/82, Peters; Corte di Giustizia, 19 febbraio 2002, causa C – 256/00, Besix). La CGCE ha pertanto attribuito carattere residuale alla materia degli illeciti, definendoli in negativo rispetto alla materia contrattuale e ciò al precipuo scopo di aggregare per quanto possibile dinanzi allo stessa giudice tutte le questioni derivanti da o relative ad un contratto ed evitare così il moltiplicarsi dei fori competenti relativamente al medesimo contratto (23 marzo 1983, causa C 34/82, Peters).

Quanto alla materia contrattuale essa è stata individuata dalla CGCE nella sussistenza di una relazione giuridicamente rilevante tra due parti e quindi in “un obbligo liberamente assunto da una parte nei confronti dell’altra” (CGCE 17.6.1992, C – 261/91 Handte).

4.3. La linea di demarcazione tra controversia contrattuale e quella relativa a delitti o quasi delitti è costituita dalla circostanza che nella prima vi deve essere prospettata una censura attinente alla mancata o imperfetta esecuzione di un “programma di comportamento” dovuto dal convenuto, e non la semplice ed autonoma lesione di un bene della vita tutelato in quanto tale dal diritto oggettivo.

Rientrano, pertanto, nelle controversie di natura contrattuale non solo quelle riguardanti il mancato adempimento di un obbligo di prestazione di fonte negoziale (controversie pacificamente contrattuali), ma in genere le controversie in cui l’attore, allegando l’esistenza di una regola di condotta legata ad una relazione liberamente assunta tra lui e l’altra parte ne lamenti la violazione da parte di quest’ultima. In altri termini va qualificata come controversia in materia contrattuale quella tra due soggetti, che non si pongono l’un l’altro come due consociati non relazionati reciprocamente, ma come soggetti che hanno già instaurato un rapporto di natura commerciale, dal quale ognuno attende che l’altro non ne abusi ma tenga un comportamento determinato.

4.4. Ciò comporta che la domanda proposta dalla Maia s.p.a. in liquidazione non attiene alla responsabilità aquiliana della convenuta Caterpillar, ma, fondandosi su una pretesa di abuso di dipendenza economica e cioè di “eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi” negli esistenti rapporti commerciali regolati da un contratto, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, rientra nella materia contrattuale.

Pertanto opera la clausola (n. 30 del contratto) della proroga della giurisdizione in favore del Tribunale del Cantone di Ginevra a norma dell’art. 17 della Convenzione di Lugano.

Va quindi dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Condanna le intimate in solido al pagamento delle spese di questo regolamento sostenute dalla ricorrente e liquidate in complessivi Euro 2200,00 di cui Euro 200,00, per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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